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"ANCHE SE È NOTTE, L'ALBA È VICINA". INTERVISTA A JOSÉ MARÍA VIGIL

Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 18/02/2006

D: Che bilancio puoi tracciare di questo Forum?

R: Ritengo che il bilancio sia nettamente positivo. Ciò non vuol dire che non vi siano aspetti da rivedere. Ma il risultato che emerge è che il Forum Sociale Mondiale gode di buona salute, ha svolto un ruolo che è molto importante e, a quanto sembra, può continuare a svolgerlo in un futuro immediato. Dopo, si vedrà in quale direzione camminare. La novità principale è venuta dalla modalità del Forum policentrico, che ancora non era stata sperimentata. A mio giudizio, è stata una buona innovazione: gli spostamenti da un Continente all'altro sono ancora assolutamente minoritari per i movimenti sociali e concentrare un Forum Mondiale solo in un punto significa di fatto impedire la partecipazione degli altri Continenti.

D: La questione del rapporto tra movimenti e governi, tra la lotta per la trasformazione del mondo e la lotta per conquista del potere ha assunto un'importanza crescente nel dibattito latinoamericano, tra le delusioni provocate dai governi di sinistra, primo tra tutti quello brasiliano, e le speranze suscitate dalla rivoluzione bolivariana in Venezuela e dalla "rivoluzione del voto" in Bolivia. Come valuti tale questione?

R: Dopo il ciclo delle rivoluzioni armate, è risultato chiaro che il cammino verso l'altro mondo possibile non sarebbe potuto transitare se non per la strada delle democrazie elettorali di cui oggi disponiamo: per quanto queste siano molto elettorali e troppo poco democratiche, rappresentano comunque in linea di principio una via che, se esiste una coscienza popolare, permetterebbe di arrivare dove vogliono i popoli. Il caso del Brasile è eloquente per tutta l'Ame-rica Latina. Qui si trovano due diversi aspetti: le pratiche corrotte del Partito dei lavoratori e la persona di Lula. Le pratiche del Pt hanno messo in evidenza che la via democratica alla rivoluzione non può scendere a patti con la corruzione abituale della democrazia: se si impiegano gli stessi metodi utilizzati dalla destra, non vale la pena che la sinistra acceda al potere. Rispetto invece al caso Lula, penso che emerga sempre più chiaramente che il problema non è quello della necessità di una prudenza tattica, quello di una strategia nella conduzione delle riforme: semplicemente, Lula non era la persona adatta a realizzare politicamente l'utopia popolare che di fatto gli era stata affidata. Questo è sempre possibile che accada e non dovrebbe deludere mortalmente nessuno.

Il tema dell'azione politica senza la conquista del potere è un tema ricorrente, soprattutto nei tempi in cui è più difficile l'accesso al potere. Ritengo che si possano ovviamente fare molte cose senza accedere al governo, attraverso la partecipazione cittadina, e che non si debba aver fretta di arrivare al potere come se questo fosse il principale strumento politico. Ma, d'altra parte, bisogna essere onesti e non cadere nell'equivoco della volpe e dell'uva, che la volpe considerava acerba solo perché non riusciva a raggiungerla.

D: Si sono fatti passi avanti rispetto all'esigenza, più volte espressa in passato, di procedere dalle sole elaborazioni teoriche ad azioni concrete condivise?

R: Il dibattito è in corso. E credo che la soluzione corretta sia quella che dà ragione ad entrambe le parti. Il Forum è riuscito bene in ciò che ha inteso fare finora: essere, cioè, solo uno spazio di incontro, di dialogo, di creazione di reti, senza voler coinvolgere tutti in proposte operative concrete. Questo ha funzionato, e deve continuare nelle prossime edizioni del Forum. I movimenti popolari latinoamericani avevano bisogno di questo spazio e di questo tempo (in questi cinque anni, almeno) per risalire il corso di quella "depressione esogena, reattiva, non grave" collettiva, come affermavo nel mio libro "Anche se è notte. L'ora spirituale dell'America Latina negli anni ‘90". In esso scrivevo di ritenere probabile che sarebbe passata presto, quella depressione profonda. Due anni fa mi azzardai a scrivere: "Anche se è notte, spunta già l'alba". Credo che il sole continui ad alzarsi all'orizzonte. Forse si sta avvicinando l'ora di prepararsi per un certo coordinamento dell'azione collettiva.

Nell'accogliere questa nuova "ora", penso che sarebbe importante situarla nelle coordinate della mondializzazione: che succede con l'Africa e con l'Asia? Oggi non possiamo più procedere senza una visione di insieme, mondializzata: siamo in un'altra epoca.

D: Rispetto ai Forum a cui hai partecipato, come valuti la presenza a Caracas dei temi relativi alle religioni e alla spiritualità? Quale presenza ha avuto la Teologia della Liberazione?

R: C'è stata una significativa presenza dei temi per così dire religiosi, anche se credo che sia stata legata praticamente solo al cristianesimo (nel senso che la presenza di altre grandi religioni è stata molto scarsa). La Teologia della Liberazione ha avuto cittadinanza piena, riconosciuta, accolta con calore. Diverse attività hanno tematizzato la prospettiva del superamento della "religione" proprio attraverso la spiritualità. È stata evidenziata anche la necessità di creare una rete di gruppi e comunità cristiane di segno progressista.

Non sono stati all'altezza della Teologia della Liberazione i teologi e le teologhe latinomericani che, dopo 5 edizioni del Forum, non hanno saputo ancora organizzarsi per articolare una presenza unita e forte in grado di pronunciare una parola di fronte a un Forum di questo genere. Il Congresso mondiale di Teologia della Liberazione del gennaio 2005, che ha avuto luogo nei giorni immediatamente precedenti al Forum Mondiale di Porto Alegre, non ha espresso una parola che potesse essere ascoltata da quel Forum, né ha saputo articolarla e pronunciarla per la società. È probabile che il secondo Forum Mondiale di Teologia della Liberazione, così com'è, neppure si proponga questo obiettivo di farsi realmente presente nel Forum con una parola forte e il fatto che sarà in Africa renderà il compito ancora più difficile. Credo sia necessaria un'iniziativa nuova, a partire da un luogo diverso. Bisogna già pensarci.

D: C'è chi temeva una strumentalizzazione del Forum da parte del governo: era un timore fondato?

R: Da una parte era il timore di una tentazione inevitabile. E dall'altra era un timore irrilevante. Senza un migliore strumento di osservazione, io, nella mia condizione di semplice partecipante, posso dire solo che la presenza del governo venezuelano mi è sembrata maggiore di quanto sarebbe stato desiderabile. Ma da qui credo che non si possa dedurre che il Forum sia stato strumentalizzato: c'erano oltre 70mila persone e 2000 organizzazioni… Non è possibile manipolare una collettività matura che sa quel che vuole, per quante bandiere siano sventolate in strada o per quanti slogan vengano gridati.

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