Nessun articolo nel carrello

CATTOLICI AUSTRALIANI SI APPELLANO AL VATICANO: IL NOSTRO CARDINALE NEGA IL PRIMATO DELLA COSCIENZA

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 18/03/2006

DOC-1712. SYDNEY-ADISTA. Il card. George Pell, arcivescovo di Sydney in Australia, notoriamente conservatore su molti temi di morale cattolica, esprime posizioni estranee al magistero cattolico: lo afferma un gruppo di cattolici australiani, tra i quali il teologo e storico Paul Collins (privato del sacerdozio nel 2001 dal Vaticano, pare su pressioni dello stesso Pell, per le sue posizioni progressiste) e la nota teologa sr. Veronica Brady, in una lettera al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. William Levada. La lettera, inviata il 12 novembre 2005, non ha mai ricevuto risposta e i firmatari si sono decisi ora a renderla pubblica.

La contestazione muove dalle ripetute affermazioni di Pell sul tema del primato della coscienza nel processo decisionale del credente: un primato che, secondo l'arcivescovo, non farebbe parte del magistero cattolico, e che anzi, in contrapposizione alla verità, sarebbe il veicolo di un pericoloso relativismo morale. Al punto che l'anno scorso Pell è arrivato ad affermare, in un articolo sul periodico conservatore americano First Things (maggio 2005), che il primato della coscienza sottolineato dal Concilio Vaticano II non ha fatto che generare "sospetto per la religione e disprezzo per le norme morali, rifiuto di accettare dottrine scomode a livello individuale, indifferenza religiosa e indisciplina sessuale".

I firmatari della lettera fanno riferimento esplicito al Catechismo della Chiesa cattolica, che pone il primato della coscienza come norma ultima dell'azione morale dell'individuo.

Il card. Pell non si è spostato di un millimetro: "Non vi è mai stato un insegnamento cattolico sul primato della coscienza", ha detto al Sydney Morning Herald. "È stato uno dei grandi temi della Riforma e la parola di Dio resta sempre al primo posto a prescindere da quanto sia scomoda".

Oltre a Paul Collins e a sr. Veronica Brady, che insegna alla University of Western Australia, tra i ventiquattro firmatari sono presenti il filosofo cattolico di Melbourne Max Charlesworth, il giudice Chris Geraghty e il pioniere dell'aiuto statale alla scuola cattolica p. Frank Martin.

Di seguito pubblichiamo integralmente il testo della lettera al card. Levada, in una nostra traduzione dall'inglese.

Caro Arcivescovo Levada,

siamo un gruppo di cattolici australiani. Scriviamo per chiedere aiuto alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel chiarire una difficoltà che è insorta nella Chiesa locale. Riguarda la corretta interpretazione del magistero della Chiesa sul primato della coscienza.

Diverse affermazioni degli ultimi anni da parte del cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, sono difficili da conciliare con l'insegnamento della Chiesa su questa materia. Le opinioni del cardinal Pell sulla coscienza hanno ottenuto grande diffusione sui media per parecchi anni, e, considerando l'importanza del suo ruolo nella Chiesa, molti australiani considerano le sue posizioni come normative e rappresentative della dottrina cattolica. La nostra preoccupazione è che il suo approccio a questo tema sia, nella migliore delle ipotesi, non conforme alla tradizione cattolica, anche se diffuso come affermazione propria della fede cattolica.

Per esempio, il 12 maggio 1988, in una conferenza a La Trobe University, ha detto: "La dottrina del primato della coscienza deve essere tranquillamente tralasciata almeno nelle nostre scuole, o globalmente riformulata, perché troppi giovani cattolici hanno concluso che i valori sono invenzioni personali e che possiamo dipingere le nostre immagini morali nel modo in cui vogliamo". Ha fatto affermazioni analoghe in un articolo scritto in The Weekend Australian (11-12 settembre 1993). Lo ha ripetuto a più riprese. Nella sua conferenza di Acton (4 agosto 1999) ha affermato: "Gli insegnanti cattolici devono smettere di parlare del primato della coscienza. Non è mai stata una dottrina cattolica... Un linguaggio di questo genere non porta a identificare ciò che contribuisce allo sviluppo umano". Nel suo discorso di saluto al Forum dei vescovi Catalyst for renewal (30 maggio 2003) ha stabilito una dicotomia tra coscienza e verità, affermando: "È fuorviante sostenere che la nostra coscienza è libera… Credo che la nociva dottrina del primato della coscienza sia stata usata per indebolire la Chiesa". In tempi recenti, il 20 settembre 2005, in una lunga conferenza sul "cardinal Newman e la coscienza", è tornato sullo stesso tema: "Per alcuni anni ho parlato e scritto sulla cosiddetta ‘dottrina del primato della coscienza', affermando che essa è incompatibile con il magistero tradizionale cattolico. Non desta sorpresa che questo abbia ogni volta provocato numerose critiche ostili da parte del pubblico e molte lettere di amici e conoscenti che tentavano di convincermi che ero in errore".

Il nostro problema riguardo a questa posizione pubblica è che egli pone costantemente la coscienza personale e la verità insegnata dalla Chiesa in reciproca contrapposizione, e così facendo distorce il ruolo di entrambe nella tradizione cattolica. Ridicolizzando ogni riferimento al primato della coscienza come rifiuto dell'insegnamento della Chiesa, egli instaura una falsa dicotomia e questo provoca un rifiuto del ruolo legittimo della coscienza informata. Nelle sue dichiarazioni pubbliche, egli dà rilievo all'insegnamento della Chiesa, ma non riconosce che questo non esaurisce completamente il processo. La verità deve essere assimilata all'interno della vita individuale. Egli adotta la posizione per cui ogni dubbio o interrogativo di coscienza significa rifiutare il magistero; sembra adottare una nozione di verità totalmente statica e omette qualsiasi riferimento alla tradizione della Chiesa come processo di avvicinamento alla verità.

Riteniamo che l'autentica tradizione cattolica affermi che la coscienza detiene il primato nel processo di scelta morale. Certamente accettiamo il fatto che i cattolici sono vincolati all'insegnamento biblico e della Chiesa come elemento centrale e integrante nel discernimento morale, ma crediamo che sia in definitiva la coscienza la norma ultima dell'azione morale di ogni persona.

La nostra preoccupazione di fondo è che la sua spiegazione della dottrina cattolica è imprecisa, fuorviante e non conforme alla tradizione cattolica.

Data la sua posizione all'interno della Chiesa australiana e la sua affermazione di non avere alcuna intenzione di cambiare la sua posizione pubblica, è difficile per noi sapere che cosa fare se non appellarci alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Domandiamo semplicemente alla Congregazione di chiedere al cardinal Pell di limitare i suoi commenti pubblici all'eccellente formulazione sulla coscienza contenuta nel Catechismo della Chiesa cattolica. Vi è chiaramente affermato che "l'uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà per prendere personalmente le decisioni morali… soprattutto in campo religioso" (n. 1782). Il Catechismo certamente sottolinea l'importanza della formazione di una giusta coscienza, ma insiste sul fatto che "l'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza". Lo stesso paragrafo (1790) continua ammettendo che la coscienza morale può "essere nell'ignoranza" e dare "giudizi erronei". Ciononostante, i cattolici devono seguire la propria coscienza. Il Catechismo cita con approvazione il detto del cardinale Newman che "la coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo" (1778).

Il cardinal Pell ha assunto una posizione ben nota su questo tema. Non vorremmo esprimere pubblicamente la nostra preoccupazione se la Congregazione avesse intenzione di intraprendere un'azione adeguata. Perciò, apprezzeremmo una tempestiva indicazione di una risposta, in modo da stabilire quale possa essere la maniera migliore per noi di dissipare l'idea che le opinioni del cardinal Pell rappresentino la vera tradizione e l'insegnamento cattolico. Grazie per la sua attenzione.

Distinti saluti

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.