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SALVARE LA DEMOCRAZIA E RICOSTRUIRE IL PAESE: L'APPELLO DELLE ACLI DI CREMONA

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 01/04/2006

33306. CREMONA-ADISTA. "Le prossime elezioni non sono solo un normale ricambio politico ma mettono in gioco l'assetto complessivo di tutti i poteri (dalle banche ai media, alla magistratura, al rapporto tra rendita e profitto, tra finanza e produzione)". È a partire da questa constatazione della delicatezza e della cruciale importanza della prossima tornata elettorale che le Acli provinciali di Cremona, presiedute da Giovan Battista Brunati, hanno promosso un appello "per salvare la democrazia e per ricostruire il Paese".

Nel documento si esprimono una serie di giudizi durissimi sull'operato del governo Berlusconi: "le numerose leggi ad personam di questi anni dimostrano che la politica ha servito interessi e privilegi personali cercando di assoggettare perfino le istituzioni. Che ha premiato, tramite i condoni, chi si è sottratto al dovere di pagare le tasse; che non ha controllato il formarsi di nuovi assi proprietari di capitali e finanze permettendo la concentrazioni di ingenti ricchezze e potere". La totale mancanza di senso delle istituzioni che ha caratterizzato il comportamento - e la cultura politica - della maggioranza di centrodestra si evince anche da una "controriforma" della Costituzione che minaccia "l'identità e l'unità nazionale" e realizza "un vero e proprio premierato assoluto" indebolendo le strutture di garanzia. Per questo motivo, si legge sempre nel documento, la controriforma "va bloccata senza compromessi col referendum popolare che le Acli hanno promosso insieme al comitato nazionale ‘Salviamo la Costituzione'".

Altrettanto severe sono le critiche che le Acli di Cremona, muovono alla politica economica del governo attraverso la constatazione del "venir meno del lavoro come diritto e sicurezza di vita per i singoli e le famiglie sostituito dai nuovi lavori precari, flessibili, mal retribuiti, senza garanzie e diritti"; dell'"arretramento dello Stato sociale che priva di tutele specialmente le fasce deboli o quanti sono nell'area della marginalità"; e della "crescita della disuguaglianza di reddito tra famiglie ricche e povere, che spinge il ceto medio verso la povertà". Alla luce di queste analisi il documento delinea alcuni "spunti per una politica diversa", incentrati – sul piano delle politiche economiche e sociali – soprattutto su due ordini di provvedimenti: da un lato quelli atti a difendere i "diritti contrattuali nella giungla dei nuovi lavori e salvare la democrazia sindacale", oltre che finalizzati ad istituire "forme di garanzia che assicurino sostegno e continuità di reddito sociale diretto e indiretto (soldi, casa, servizi) a fronte della crescente discontinuità lavorativa"; dall'altro quelli ispirati ad un principio di ridistribuzione della ricchezza attraverso "un prelievo fiscale progressivo, la tassazione di rendite, patrimoni, transazioni finanziarie", tutte misure in grado di "sprigionare risorse per le politiche di accesso al lavoro, alla casa, al reddito, agli anziani non autosufficienti, alle aree di esclusione sociale".

Nettissimi, infine, anche i passaggi del testo riguardanti le politiche dell'immigrazione – "la legge Bossi-Fini ha leso i diritti e la dignità delle persone. Ne chiediamo pertanto la totale revisione se non l'abolizione stessa" – e la politica estera: "Vogliamo un Paese che non faccia più guerre, che rispetti l'art. 11 della Costituzione e promuova le vie politiche della prevenzione dei conflitti, delle relazioni tra i popoli e la costruzione della giustizia globale dentro gli organismi internazionali. La guerra in Iraq non ha sconfitto il terrorismo e ci ha reso più insicuri di prima. Chiediamo che la politica prosciughi il brodo di coltura del terrorismo tra cui: il commercio delle armi, i sodalizi finanziari, la miseria delle masse che genera l'odio e l'ideologia dello scontro di civiltà". (e.c.)

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