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FUORIROTTA 1969

Tratto da: Adista Documenti n° 6 del 20/01/2007

L'onda d'urto della libertà appena assaporata si infrange sempre più sugli scogli di una realtà che, vischiosamente o violentemente, cerca di riassorbire e omologare ogni 'eresia' del pensiero e della lotta sociale. È il 1969, quando l'autunno è caldo e l'inverno è rosso di sangue. È l'anno di Piazza Fontana, la strage del 12 dicembre a Milano: 16 persone uccise e 90 ferite. Contemporaneamente altre bombe pronte ad esplodere, altre invece esplose. Bombe in Piazza della Scala, sempre a Milano, e a Roma, dove un ordigno provoca 16 feriti. È la strategia della tensione: il morbo fascio-occulto della nostra democrazia, e di cui - dispersi tra settori 'deviati' dello Stato, Cia e 'strutturali' depistaggi - ancora non trovano un nome i veri mandanti.

È la risposta del sistema all'autunno che ha visto protagonista la classe operaia: mesi di lotte, occupazioni, scioperi e manifestazioni per ottenere il riconoscimento dei propri diritti.

Nell'agone politico-culturale continuano a provocare eventi i fermenti dell'anticapitalismo rivissuto attraverso la nuova congerie libertaria ed antiautoritaria: un caso per tutti, la radiazione dal Pci del gruppo del Manifesto. E la realtà ecclesiale condivide - volente o nolente - la storia comune, continuando il suo travaglio postconciliare all'interno del più generale travaglio sociale. In Europa c'è il caso dei vescovi olandesi che chiedono al papa di rivedere la posizione cattolica sul celibato ecclesiastico. In Italia, l'Azione Cattolica guidata da Vittorio Bachelet risponde al mutamento storico varando un nuovo Statuto che, ispirato dalla "scelta religiosa", segna il definitivo e ufficiale abbandono da parte della più grande associazione laicale cattolica dell'idea di cristianità, esteriore ed imposta a colpi di 'comitati civici' e simili. Anche le Acli di Labor portano a compimento il loro attraversamento del guado storico-sociale e con il Congresso di giugno sanciscono la fine del collateralismo con la Dc e l'attestazione del movimento aclista su posizioni e analisi sociali anticapitalistiche.

Nel frattempo, vivissima resta la partecipazione critica e la manifestazione del dissenso rispetto al potere, sacro o profano che sia. Si riuniscono comitati di studenti e operai, coordinamenti di baraccati, assemblee di degenti degli ospedali psichiatrici, comitati dei terremotati del Belice: un'intensa mobilitazione sociale che vede insieme associazioni, gruppi spontanei, circoli, redazioni di bollettini e riviste espressione dell'impegno di base. Continuano le manifestazioni in chiesa e per la Chiesa: cristiani di base occupano la basilica di San Pietro leggendo il Vangelo e distribuendo volantini dell'Isolotto; cento laici e due suore occupano il Duomo di Milano sempre leggendo il Vangelo e pregando; nove sacerdoti piemontesi pubblicano una dichiarazione sulla crisi del prete e chiedono la fine del celibato; l'11 febbraio viene 'celebrato' in diverse parti del Paese con proteste anti-concordatarie spesso di fronte o dentro le chiese.

Ma insieme al risveglio, lo spirito critico e la partecipazione, ecco arrivare subito la repressione. Un esempio 'civile-clericale' e uno 'clericale-clericale'. Quello civile rimanda al processo Fabbrini, condannato a 2 mesi in appello per aver contestato al parroco durante la messa la definizione del popolo ebraico come "popolo deicida".

L'esempio clericale riguarda l'allontanamento da Roma del teologo salesiano Giulio Girardi, punito dai superiori a causa del suo pensiero teologale e della sua analisi sociale 'contaminata' dal marxismo che costituiscono, di per sé, la richiesta alla Chiesa di una inversione di rotta verso la radicalità evangelica. Molte le attestazioni di solidarietà, in Italia e all'estero. Tra queste, anche quella del card. Franz Köenig. (m. r. r.)

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