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UN GRAZIE AL MINISTRO DELLA FAMIGLIA

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 24/02/2007

Cara Rosy,

(...) già nei tempi in cui nei primi anni '80 abbiamo lavorato insieme nel Consiglio nazionale dell'Azione Cattolica, c'erano nella Chiesa i segni dell'involuzione che avrebbe poi fatto percorrere alla sua "gerarchia" un cammino di progressivo allontanamento da quella ispirata riscoperta del nucleo essenziale del messaggio evangelico e da quella sapiente apertura al mondo contemporaneo che avevano insieme dato anima e volto al Vaticano II.

Questo percorso all'indietro si è negli ultimi tempi accelerato ed oggi, per contrastare un progetto di legge che prevede alcuni diritti in favore delle coppie di fatto, assistiamo ad una Chiesa che malinconicamente torna al "non possumus" collocandosi molto lontano da quella Chiesa conciliare nella quale in tanti avevamo investito le nostre speranze di credenti. Una Chiesa, quella che oggi ci viene proposta, che parla molto di provvedimenti legislativi e che entra pesantemente nelle questioni politiche fino a minacciare senza veli, qualora fosse varata la legge sui "Dico", uno "spartiacque che inevitabilmente peserà sul futuro della politica italiana". Una Chiesa che invece parla poco del mistero della morte e resurrezione di Cristo dimenticando le tragedie provocate da disumane politiche di dominio, da micidiali guerre e da sistemi economici fondati sullo sfruttamento e sulla discriminazione. Si comprende allora la tua "grande sofferenza" ma sappi che questo è lo stato d'animo di tanti cattolici di quella nuova "Chiesa del silenzio", come qualcuno di noi e di recente Pietro Scoppola l'hanno chiamata, quella Chiesa che è senza parola talvolta per "timore reverenziale" e molto spesso perché, quando parla, o non trova alcun ascolto o la sua voce viene soverchiata da sferzanti giudizi e da pregiudiziali condanne. Con questi pensieri mi rivolgo a te per dirti grazie come cittadino e come credente. Come cittadino perché hai difeso con fermezza e coerenza la laicità dello Stato, la nostra Repubblica fondata sulla Costituzione che riconosce i diritti dell'uomo "sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità", che afferma l'uguaglianza e la pari dignità sociale senza distinzione "di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" e che quindi tutela la famiglia anche contro i pericolosi messaggi di culture intolleranti e discriminatorie. Ti ringrazio poi come credente perché hai reso un importante servizio alla Chiesa dando autorevole e credibile (anche per la tua storia personale) voce a quella parte di essa condannata, come si diceva, ad un ingiusto silenzio che è forse tempo di rompere non certo per alimentare contrasti e procurare fratture ma per favorire il dialogo, l'incontro e la fraterna comprensione.

"Abbiamo scritto una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce diritti alle persone discriminate e non crea alcuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia… Mi domando perché una Chiesa che assolve in confessione e vive accanto a chi ha bisogno poi invece nella sua parola appaia sempre giudicante. L'insegnamento cattolico parla di valore della giustizia di libertà personale, di accoglienza persino dell'errore. Di carità e di misericordia". Parole misurate e sofferte, le tue, che s'ispirano a quelle pronunciate duemila anni addietro da un Uomo privo di qualsiasi potere che non assolutizzò la "sua" famiglia e le famiglie del suo tempo ma mise al centro del suo messaggio l'amore per l'intera umanità ed esortò i suoi seguaci ad amare tutti, persino i nemici, ed a praticare una giustizia diversa da quella dei potenti per dare cibo agli affamati (singoli e popoli), acqua agli assetati, alloggio ai senzatetto e condizioni di vita dignitosa per tutti.

Grazie ancora, Rosy, per la limpida testimonianza di valori civili e religiosi di questi giorni: ne aveva bisogno certa debole e contraddittoria politica nostrana come ne aveva bisogno la "Chiesa del silenzio" ed anche quella Chiesa "sempre giudicante" che crea perciò "distanze" invece di promuovere la solidarietà e l'autentica comunione.

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