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SPETTA AI LAICI, NON ALLA GERARCHIA PRONUNCIARSI SUI DICO. DOCUMENTO DI ALCUNI SINDACALISTI DELLA CISL

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 28/04/2007

33851. TORINO-ADISTA. Se Savino Pezzotta, ex segretario della Cisl, ha accettato il ruolo di portavoce del Manifesto "Più famiglia", sottoscritto da quelle associazioni religiose - tra cui Comunione e Liberazione, Acli, Azione Cattolica, Comunità di Sant’Egidio, Focolarini - che il 12 maggio manifesteranno a Roma per il "Family Day" a sostegno della famiglia "tradizionale" e contro i unioni di fatto, all’interno del sindacato bianco le posizioni sulla manifestazione e sugli interventi della gerarchia cattolica in materia di Dico sono molto più articolate. Ne è testimonianza un documento, intitolato "Responsabilità e dialogo più che imposizioni dottrinali", sottoscritto e promosso da alcuni sindacalisti cislini piemontesi (Giovanni Avonto, Giovanni Baratta, Beppe Boni, Antonio Marchina, Armando Pomatto, Gaetano Quadrelli, Antonio Sansone).

"La recente nota del Consiglio permanente dei Vescovi italiani ed i numerosi interventi del suo presidente e dello stesso Papa in merito al progetto di legge per la tutela giuridica delle unioni di fatto - scrivono infatti i firmatari del documento - evidenziano un conflitto reale innescatosi fra insegnamento del Magistero e autonomia dei laici in politica. Tanto più quando tale intervento ha la pretesa di sostituirsi alla responsabilità del legislatore e di dettare le formule giuridiche da adottare. Così come presentato nella nota l’insegnamento si colloca su un terreno conflittuale per la presunzione di enunciare una verità (infallibile) e di essere unico interprete del diritto naturale".

"Non è certamente la prima volta che la gerarchia ecclesiastica interviene in modo autoritativo su problemi politici e sociali della realtà italiana", ma la maturazione dell’insegnamento realizzato dal Concilio ha reso ormai evidente "che sui problemi temporali, e più propriamente sulla questione sociale e sul governo delle istituzioni", la Chiesa mater et magistra è "il risultato dell’apporto di laici e gerarchia": "C’è, infatti, nei documenti conciliari, la spinta a responsabilizzare i laici che hanno il compito di mediare la Parola di Dio con le scelte storiche in base ad un carisma che ‘a loro particolarmente spetta’".

Sul terreno politico, "lasciando da parte le questioni del ‘non expedit’ e del ‘modernismo’, l’affermazione di valori come l’autonomia della partecipazione politica, il principio democratico della volontà del popolo, la libertà di coscienza sono il risultato di battaglie e di conquiste di laici, credenti e non, che poi sono state recuperate come ‘dottrina’ del magistero ecclesiastico". Per quanto riguarda la storia sociale poi, "essa dimostra che la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa" è stata costruita "con i contributi che alternativamente provenivano dalla gerarchia e dal laicato, e quindi è il risultato di quanto elaborato e maturato dalla collettività". Anche sulle questioni del lavoro e della lotta per i diritti sindacali, l’idea di un sindacato laico non è del Magistero, "che rimaneva legato all’associazionismo cristiano", ma dei laici. E infatti, quando nel 1950 nasce la Cisl, essa viene fondata "da sindacalisti di cultura prevalentemente cristiana, ma come sindacato aconfessionale, cioè laico" e pertanto la nascita del "sindacalismo libero" della Cisl richiese "un aggiornamento della dottrina sociale cristiana".

Per questo oggi, "dove prevale il versante della nostra responsabilità come laici - sostengono i sindacalisti piemontesi - va richiamata la necessità di dialogo e di confronto anche all’interno della comunità ecclesiale". Se non viene accettata l’idea che all’interno della Chiesa è necessario che si sviluppi una dialettica tra le diverse posizioni, "diventa difficile sostenere il clima di dialogo, di confronto e di democrazia nella società civile. La libertà dei laici permette alla società di organizzarsi nella convivenza di culture diverse, e ciò si esprime attraverso l’autonomia del potere politico e della società civile da ogni potere confessionale". Se spetta pertanto "alla dialettica civile riconoscere e regolamentare anche i diritti civili e favorire la coesione sociale a partire dalle famiglie" è alla responsabilità dei laici che compete "stabilire se i diritti civili proposti per i Dico legalizzino un matrimonio di serie B, ovvero sottraggano spazio alla stabilità e coesione del matrimonio, oppure concorrano a togliere dall’anonimato e dalla precarietà le convivenze di fatto, alimentando invece un maggior spirito e impegno di coesione sociale". "La società oggi - conclude il documento - è complessa e non si può interpretarla neppure con valide formule. Perciò se è pacifico che la famiglia ne è la cellula fondamentale, occorre tener conto che i rapporti affettivi e di solidarietà non si esauriscono nella forma matrimoniale". (valerio gigante)

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