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FUORIROTTA - 1982

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 28/04/2007

A grandi passi, Chiesa e società italiana scendono giù per la china degli anni ‘80, quella china che condurrà alla fine l’una alla svolta senza ritorno del Convegno ecclesiale di Loreto nell’85, e l’altra sull’orlo del baratro del biennio ’92-94, tra rischi di bancarotta, stragi di mafia e avvento del berlusconismo. Il 1982 costituisce tappa dolorosamente miliare di questo sprofondare. A Palermo, il 30 aprile, Cosa nostra uccide il segretario regionale del Pci Pio La Torre, insieme al suo autista Rosario Di Salvo. Sull’onda dello sconcerto e della rabbia popolare (Pio La Torre era molto amato dalla base, almeno quanto era inviso ai vertici inclini al ‘consociativismo’ mafiogeno e mafioso), a Palermo viene inviato come prefetto il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma la mafia ‘prontamente’ il 3 settembre lo uccide insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, e all’agente di scorta Domenico Russo. Pochi giorni prima dell’agguato, Dalla Chiesa aveva denunciato: "Mi hanno lasciato solo", impossibilitato ad agire perché senza poteri effettivi; e il boss Tano Badalamenti commentò: "Lo hanno mandato a Palermo per sbarazzarsi di lui: non aveva ancora fatto niente in Sicilia che potesse giustificare questo grande odio contro di lui, così tanto da ammazzarlo. La mafia non è come il terrorismo, con le ideologie. La mafia significa tanto denaro e tanti voti a chi da Roma la protegge". C’entrava qualcosa il fatto che il generale avesse ritrovato le carte di Moro, risultate poi mutile, e che erano state consegnate a Giulio Andreotti? L’interrogativo è noto. Meno note, forse, le prime, vere, prese di posizione ‘politiche’ sulla mafia all’interno dell’associazionismo cattolico e che Adista non mancò di registrare con appassionata costanza attraverso tanti suoi numeri. Prese di posizione come il comunicato della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica di Palermo che, contro la mafia, richiama la Chiesa ad "un’opera di formazione di salde coscienze", intesa "non come vacuo moralismo" ma come "ancoraggio a valori civili, umani e cristiani" da testimoniare sia nella Chiesa che nella politica; o come l’Appello di laici, teologi e sacerdoti siciliani che denuncia chiaramente anche la responsabilità ecclesiale del fenomeno mafioso, quantomeno per peccato di omissione se non di connivenza. E nel convegno Nazionale di Bozze - svoltosi nei pressi di Comiso sul tema "Invece dei missili" all’indomani dell’omicidio La Torre - Raniero La Valle coglie mirabilmente il nesso democratico e pacifista della lotta alla mafia, proprio ricordando il segretario del Pci regionale del quale era previsto l’intervento al convegno stesso. La Valle denuncia la "lucidità dell’omicidio", data l’azione di La Torre volta ad "una grande ripresa del movimento popolare in Sicilia", contro "una certa rassegnazione della Sicilia al ruolo assegnatole dal potere di diventare ricettacolo dei missili nucleari". Lottando inoltre in generale contro ogni rassegnazione, "il discorso della pace stava diventando un fatto fortemente aggregante", "stava spingendo sempre più gente a prendere parte, a scendere nelle piazze e nelle strade, a far politica, a riprendere in mano il proprio destino. Ed è per questo che hanno colpito Pio La Torre". Ma la violenza dei poteri illegittimi non conosce sosta. A giugno, riesplode lo scandalo Ior-Banco Ambrosiano - con tutti i suoi annessi miasmi di capitali trafugati all’estero, caso Sindona, Loggia P2 e quant’altro - in seguito all’improbabile ‘suicidio’ del presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi. Molte le voci ecclesiali, di base e no, che chiedono trasparenza alla Curia vaticana sul caso di mons. Marcinkus (il potente capo dello Ior, la banca vaticana, coinvolto negli affari di Calvi). E il cattolico-democratico ministro del Tesoro, Nino Andreatta, interpella e tira in ballo pubblicamente il papa, in sostanza chiedendogli conto e ragione, dichiarando alla Camera che sullo Ior "vi sarebbe possibilità per la Santa Sede e il Sommo Pontefice di intervenire". Il discorso parlamentare di Andreatta ha un’eco enorme, anche perché nella Chiesa ‘modello polacco’ cominciano ormai a diventare sempre più rari i gesti laicali di libertà. D’altronde, nonostante gli sforzi del card. Ballestrero e del card. Martini - che in aprile guidano la XX Assemblea generale dei vescovi italiani rivendicando a più riprese la collegialità conciliare e ‘l’italianità’, ovvero l’autonomia, della Cei – i segnali dell’obiettivo vaticano circa il cattolicesimo italiano si fanno via via sempre più chiari: in febbraio la "Fraternità" di Cl ottiene il riconoscimento di personalità giuridica da parte della Santa Sede, alla faccia dei "Criteri di ecclesialità" elaborati dall’episcopato italiano di marca conciliare e in base ai quali la stessa Cl non è ancora ufficialmente una associazione ecclesiale. Chiude il 1982 di Adista l’intervista in esclusiva su mondo cattolico e Pci ad Enrico Berlinguer. (m. r. r.)  

 

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