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LA MAFIA HA AVUTO IL NOSTRO CONSENSO. ORA UNIAMOCI PER SCONFIGGERLA

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 28/04/2007

12400. Palermo-adista. Un grande numero di sacerdoti molti parroci e alcuni docenti di teologia, insieme a laici rappresentanti delle associazioni cattoliche della diocesi di Palermo, hanno rivolto un pressante appello al vescovo, ai cattolici e a tutti gli uomini di buona volontà per creare un argine definitivo al fenomeno della mafia in Sicilia. Ecco il testo integrale dell'appello.

 

Lettera aperta ai cristiani della Chiesa di Palermo

"I numerosi delitti che in questi ultimi tempi hanno insanguinato la nostra città e il territorio della nostra chiesa - ma vogliamo ricordare anche tutti i morti di mafia della nostra regione - costituiscono una immensa, cocente domanda di giustizia e di pace rivolta non solo a Dio e ad ogni uomo di buona volontà, ma in particolare all'intero popolo di Dio della nostra diocesi. Una domanda, pertanto, che invita ogni componente della chiesa, ogni suo settore ad interrogarsi e riflettere in modo spregiudicato e coraggioso sulle cause profonde, materiali, per cui i delitti si sono verificati, sugli uomini che li hanno decisi e su coloro che li hanno eseguiti. Non ci si può limitare ad una reazione generica ed emotiva, privata ed individualistica, che non tiri che conseguenze pratiche. Il potere dei mafiosi ha raggiunto manifestamente livelli tali di gravità che non è più possibile - se mai lo è stato - ritardare da parte dei cristiani una risposta corale e forte, precisa e concreta nelle forme adeguate che la situazione richiede. Non vorremmo che il rimprovero del Signore venisse rivolto dai poveri e dalle vittime ai cristiani della nostra chiesa: "Ipocriti! siete capaci di prevedere il tempo che farà e allora come mai non sapete capire il significato di ciò che accade in questo tempo?" (Lc 12,56).

Perciò è venuto il tempo di prendere la parola, pubblicamente e in modo esplicito, e di formulare valutazioni e proposte: per dimostrare a noi stessi e a tutta la città che il nostro Dio non è un idolo muto indifferente alle sofferenze dei poveri e delle vittime, ma un Dio vivo e solerte che non si dà pace finché ogni giustizia non sarà compiuta, ogni lacrima non sarà asciugata e la nostra città non sarà trasformata a misura d'uomo; e che la nostra fede non è una vuota chiacchiera utile per addormentare le coscienze e nemmeno un'alienante ideologia che favorisce il disimpegno e dispensa dal dovere di guardare in faccia le proprie responsabilità passate e presenti. Non è possibile, perciò, che i cristiani tutti - le parrocchie, i vari gruppi e associazioni, i religiosi e le religiose - se ne stiano muti e non si uniscano apertamente alle denunce del vescovo e non ne traggano insieme a lui le conseguenze pratiche del suo magistero. Noi pertanto intendiamo non solo far nostre le forti e profetiche parole del nostro vescovo, da anni voce solitaria che grida nel deserto, ma anche collegarci a quelle pronunciate dai cristiani di Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia. Intendiamo anzi andare oltre, superando la tentazione manichea di individuare il bene nelle istituzioni e il male nella mafia, per riconoscere che questa si confonde spesso e talvolta si identifica con le istituzioni stesse, attraverso l'opera nefasta degli uomini di potere che le occupano.

Di fatto, noi cristiani non possiamo più oltre tacere. Ce lo impediscono la natura e la gravità dei fatti, ce lo impediscono il Vangelo e la fede che professiamo. La storia, le vittime e la Parola di Dio ci interpellano pressantemente. Spetta a noi rispondere. Innanzi tutto, con un'autocritica libera, onesta e severa, riconoscendo umilmente che nelle opere della mafia siamo oggettivamente coinvolti. Questa città, infine, l'abbiamo costruita anche noi, in qualche modo, insieme ai mafiosi. Il potere della mafia che domina su Palermo e sulla regione ha avuto di fatto il nostro consenso e il nostro determinante apporto. Questa città, così come è nel bene, ma anche nel male, ci appartiene. Che dire del ritardo culturale della nostra chiesa che non ha saputo analizzare in modo adeguato e conseguente il fenomeno della mafia? In effetti, la relativamente occulta compenetrazione tra mafiosi, uomini politici ed istituzioni è tale, e funziona a tal punto, che quando il vescovo parla si tenta in modo non troppo velato di metterlo a tacere, di sminuire la portata del suo messaggio e di impedire che ne vengano tratte tutte le conseguenze: un dato questo che deve far riflettere ogni cristiano geloso della propria fede e della libertà della chiesa.

A questo punto si tratta di voltar pagina, di non continuare a riservare consensi a coloro ai quali ora sono stati dati, di sciogliere ogni legame e di rompere ogni compromesso; e di compiere quelle limpide scelte evangeliche che soprattutto i poveri possano riconoscere. Il problema che abbiamo davanti è come rendere il futuro della nostra città e della nostra regione meno duro, meno orrendo; come creare nuovi spazi per la giustizia e la pace, per la libertà e la democrazia; come esercitare, dopo esserci liberati da ogni legame con qualsiasi potere e avere preso nelle mani unicamente il vangelo, quel ministero di riconciliazione che Cristo ci ha affidato: in questa città devastata dalla mafia e dominata dal suo terrore.

È possibile che nessuno di noi, né altri, sappia esattamente, prima di discuterne, cosa fare in concreto, oggi, tutti insieme, come chiesa, come comunità di discepoli di Gesù Cristo. Perciò ci sembra giusto e urgente chiedere al nostro vescovo la convocazione di un'assemblea, di un convegno ecclesiale in cui tutti possano parlare ed essere ascoltati, portare analisi e riflessioni, e ricercare e trovare insieme, e stabilire quanto è necessario fare nell'ora presente per una nuova liberata testimonianza evangelica della nostra chiesa, proprio rispetto ai problemi posti dal potere e dalla violenza dei mafiosi.

È con trepidazione che rivolgiamo pubblicamente questo appello perché non vorremmo urtare nessuna suscettibilità. Chiediamo semplicemente che il messaggio del vescovo venga esplicitamente condiviso e ne vengano tratte le conseguenze pastorali.

Chiediamo che non venga delusa la speranza che i poveri, i senza potere, le vittime della mafia, gli uomini di buona volontà e i giovani pongono nella capacità che la chiesa ha di portare un contributo originale e forse determinante nella lotta per la liberazione della nostra città e regione dalla mafia". Palermo, 1 ottobre 1982.

(da Adista nn. 2455-2456-2457 del 7 ottobre 1982)

 

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