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ETTORE MASINA: ANCORA UNA VOLTA SI PREFERISCE “CONCORDARE” TRA I VERTICI

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 26/05/2007

14000. Roma‑adista. Nel suo intervento alla Camera dei Deputati, l'on. Ettore Masina ha messo in evidenza "la profonda divaricazione tra Concordato e realtà del Paese e della Chiesa". I concordati, egli ha detto, sono "inevitabilmente accordi tra vertici politici e vertici ecclesiastici, in cui si ribadisce una situazione di sudditanza dei singoli cittadini", "una spartizione, insomma, di beni morali, certamente, ma anche economici, non tra Dio e Cesare, come si vuol far credere, ma tra due Cesari, uno dei quali avvolto da una sacralità teocratica. Cosicché, è poi avvenuto che quando i militanti delle lunghe lotte per la libertà e la giustizia e i ribelli all'autoritarismo sono insorti contro uno dei due poteri, quasi sempre sono stati colpiti e dall'uno e dall'altro". E qui Masina ha ricordato, fra gli altri avvenimenti, l'intervento della forza pubblica "mobilitata da certi vescovi per sgomberare le chiese occupate da comunità" contestatrici e "le denunce contro padre Balducci e contro don Lorenzo Milani, presentate dai cappellani militari". Secondo Masina, malgrado l'esistenza del Concordato (che in genere si vuole come garanzia di pace religiosa), nel corso degli ultimi anni nella chiesa "rigidi dogmatismi hanno ceduto a un'impostazione laica della politica e la fede religiosa è finalmente apparsa anche agli occhi degli atei e degli agnostici (...) come una almeno possibile spinta interiore alla costruzione di una società più libera e più giusta". Merito tutto ciò anche del Concilio che ha condotto a un'analoga maturazione il mondo laico e in particolare quello proletario. E oggi "vi sono milioni di cattolici che non vogliono più sentire squilli di trombe militari nelle loro chiese, che non vogliono più nelle scuole di Stato sacerdoti pagati dallo Stato come insegnanti, ma collocati in cattedra dai vescovi e da questi rimossi a piacimento" e "che non vogliono più che enti religiosi, le cosiddette opere di bene, coprano speculatori edilizi, trafficanti di valuta, cavalieri di industria, evasori fiscali". Gli italiani non corrono certo il rischio, ha sottolineato Masina, di "scindersi per motivi religiosi"; e si dà il caso di "Paesi concordatari e cattolicissimi, paesi ai quali l'Italia vende armi, in cui alla Beata Vergine Maria e a sant'Antonio di Padova è attribuito il grado di generalissimo, ma i catechisti vengono trucidati e bruciate le capanne ai contadini trovati in possesso della Bibbia". "Dunque è triste che quando il Governo parla di religiosità del nostro Paese (...) parli ancora come cinquantacinque anni fa di Stato e Chiesa intendendo Stato e Vaticano, quasi che la realtà ecclesiale del nostro paese fosse solo quella dei palazzi apostolici". Molto triste "dover denunciare queste cose nel 1984; molto triste doverle dire a un Presidente del Consiglio che è anche segretario di quel partito socialista" che "nel 1947 votò contro l'art. 7" della Costituzione e che, si sarebbe pensato, avrebbe scelto, tra le due anime della Chiesa ‑ quella conciliare e quella del potere ecclesiastico ‑ "quella dei preti operai che rifiutano di incassare la congrua e che preferiscono guadagnarsi il pane con le loro mani; quella dei vescovi che invece di sfilare nelle cerimonie accanto ai prefetti (...) sfidano la mafia e marciano con i disoccupati in lotta per il loro posto di lavoro; quella degli intellettuali che cercano di far chiarezza sulla necessità che la chiesa si liberi delle sue ricchezze".

(Adista nn. 2853-2854-2855 del 6 febbraio1984)

 

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