A TRENTO VINCE IL VESCOVO E L’ASTENSIONE: NON PASSA IL REFERENDUM IN DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA
Tratto da: Adista Notizie n° 69 del 13/10/2007
34079. TRENTO-ADISTA. È andata a finire come volevano il vescovo, mons. Luigi Bressan, la Federazione delle scuole cattoliche e i movimenti ecclesiali più conservatori, dai neocatecumenali a Comunione e Liberazione: il referendum popolare con cui, a Trento, si chiedeva ai cittadini di abrogare la legge provinciale che assegna quasi dieci milioni di euro alle scuole private – per lo più cattoliche – è fallito per la mancanza del quorum dei votanti (la metà più uno degli aventi diritto). I cattolici trentini hanno dato retta alle esortazioni del loro vescovo che, due settimane prima del voto, li aveva invitati pubblicamente a "non partecipare al voto" per invalidare la consultazione, intascare i soldi pubblici e salvare così la "libertà di educazione" (v. Adista n. 65/07).Alle urne, lo scorso 30 settembre, sono andati 76.621 elettori, il 18,9% degli oltre 400mila aventi diritto. Fra i votanti, il "sì" all’abrogazione della legge – come chiedeva il comitato referendario animato soprattutto dalla Uil-scuola – ha ottenuto una maggioranza schiacciante: il 93,2%. Ma non è bastato, poiché l’oltre 80% di non votanti ha decretato la nullità del risultato. La strategia del vescovo Bressan – ereditata dal card. Camillo Ruini che, da presidente della Conferenza episcopale italiana, chiamò i cattolici all’astensione al referendum sulla procreazione assistita del giugno 2005 (allora i non votanti furono il 74% a livello nazionale, l’80% in Trentino) – ha avuto successo: non avendo la certezza di raggiungere la maggioranza di "no" all’abrogazione, ha preferito convincere le persone a non votare così da sommare tale percentuale a quella degli ‘astensionisti fisiologici’ e superare agevolmente la metà più uno dei non votanti. Quanto bastava per invalidare il referendum e assicurare alle scuole cattoliche trentine un cospicuo finanziamento provinciale.Al vescovo si sono allineate praticamente tutte le associazioni e i movimenti ecclesiali trentini riuniti nel "comitato per la libertà di educazione": le scuole cattoliche (Fism, Fidae e Agesc, l’associazione dei genitori degli alunni), il Centro sportivo italiano, la Compagnia delle Opere, i salesiani, i focolarini, i neocatecumenali, il Movimento per la vita, il Rinnovamento dello Spirito e altri ancora. Solo i giovani delle Acli e qualche parroco di periferia hanno ‘disobbedito’ al vescovo, dando indicazioni di andare a votare "no". E anche buona parte delle forze politiche sosteneva l’astensione: i centristi di Margherita, Udc e Udeur e la destra al completo. Il presidente della Provincia Lorenzo Dellai, grande sostenitore della legge, non ha parlato ma si sa che anche lui ha scelto di non partecipare al voto.Confermata la legge, le conseguenze pratiche saranno principalmente due: un ulteriore aumento del finanziamento pubblico alla scuola privata (sia a favore degli studenti frequentanti le scuole paritarie per il pagamento della retta sia a favore delle stesse istituzioni scolastiche "per l’acquisto e il rinnovo di arredi e attrezzature didattiche"); e l’inserimento a pieno titolo delle scuole paritarie nel "piano provinciale per il sistema educativo", per cui la Provincia potrà liberamente scegliere di chiudere, o di non aprire, una scuola pubblica se nelle vicinanze c’è già una analoga scuola paritaria che viene pienamente riconosciuta nel sistema scolastico provinciale. Eppure Vincenzo Bonmassar, segretario della Uil scuola di Trento e principale animatore del comitato referendario per l’abrogazione della legge, non si dispera. "Realisticamente non potevamo aspirare ad un risultato migliore, visto anche lo schieramento in campo a favore dell’astensione", spiega ad Adista. "Però possiamo ripartire da una ‘massa critica’ del 20% che ha appoggiato la nostra battaglia, e anche da oltre 5mila cittadini, probabilmente cattolici, che, pur contrari all’abrogazione della legge, non ha seguito le direttive ecclesiastiche ed è andata a votare, anche se ha votato no". È comunque preoccupato per le possibili conseguenze della legge sul sistema scolastico provinciale: "Dieci milioni di euro verranno sottratti al bilancio pubblico per finire nelle casse delle scuole paritarie e non è detto che nei prossimi anni, per risparmiare, l’amministrazione decida di chiudere alcune scuole pubbliche sostenendo che tanto ci sono le private che assolvono alla stessa funzione". E su questi punti, assicura, il comitato darà battaglia: "La nostra intenzione è di trasformare il comitato referendario in una struttura permanente che attui una vera e propria ‘vigilanza democratica’ sulla legge, di cui andranno comunque scritti tutti i regolamenti attuativi". (luca kocci)
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