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COMUNITÀ DI FEDE E IMPERO: SPERANZA GLOBALE E SFIDA ALL’OCCIDENTE

Tratto da: Adista Documenti n° 4 del 12/01/2008

I popoli e la terra stanno soffrendo a causa del sistema economico, politico ed ideologico dominante su scala globale. Ecco perché il movimento ecumenico e i movimenti sociali di tutto il mondo stanno cercando alternative. Prima di individuare una nuova visione nel contesto globale a partire da una prospettiva europea, è essenziale, tuttavia, analizzare lo status quo dell'Unione Europea (Eu) e delle Chiese europee rispetto all'impero globale, capitanato dagli Usa.

I. Il paradigma imperialista europeo nella storia e nel presente e le Chiese in Europa

Il paradigma dell'impero romano si fonda sul modello degli imperi ellenistici a partire da Alessandro Magno (dopo il 333 a.C.). L’uno e gli altri sono costruiti sulla base del modello del patriarcato proprio di un'economia fondata sulla proprietà e il denaro, cioè sul potere assoluto del proprietario terriero maschile. (...)

Nel Medio Evo i papi, impegnati a dare alla Chiesa una struttura imperiale, si considerarono responsabili della consegna dell'impero romano (translatio imperii) prima ai Franchi, poi ai Germani (Sacro Romano impero della nazione germanica) e infine agli Asburgo, che per primi globalizzarono l'impero conquistando l'America Latina dopo il 1492.

Dal XIV secolo le dinamiche capitaliste completarono e rafforzarono questo sviluppo imperialista dell'Europa, accompagnandosi alla scienza e alla tecnologia europee, sulla base della concezione cartesiana dell'uomo razionale come "padrone e proprietario della natura". Fondata sulla proprietà privata assoluta e sulla razionalità dell’uomo nei termini del diritto romano e della filosofia greca, l'accumula-zione del capitale diventò la forza trainante dei sistemi europei. John Locke fu il primo a concettualizzare questo paradigma (1690). Egli stabilì la priorità dell'accumulazione di proprietà nel mercato globale grazie a uomini razionali e industriosi. Allo Stato venne riconosciuto soltanto lo scopo di proteggere la proprietà (iniquamente distribuita).

Quando gli Stati-nazione ebbero la meglio sull'impero unico, svilupparono colonie in tutto il mondo in competizione l'una con l'altra. Da qui il periodo imperialista classico alla fine del XIX secolo. Quando il capitale europeo entrò in crisi di sovrapproduzione, con la relativa diminuzione dei ricavi, cominciò a investire in regioni redditizie come il Sudafrica (oro e diamanti), chiedendo ai governi di proteggere investimenti e profitti. Il conseguente aumento della competitività, insieme all'accumulazione speculativa del capitale, ebbe come risultato la catastrofe del capitalismo liberista classico, sia nella Grande Recessione (1929) che nelle due guerre mondiali.

Dopo la II guerra mondiale, gli Usa acquisirono un potere egemonico nel sistema capitalista mondiale, dagli anni '80 sotto gli auspici del neoliberismo. Il gruppo di esperti dell'amministrazione di George W. Bush definisce apertamente gli Stati Uniti come eredi dell'impero romano, creatori di una pax americana. Ma anche l’Europa ha cominciato a costituirsi come superpotenza, come Johan Galtung indicò in un libro pubblicato nel 1973. Egli osservò che l'originaria Comunità europea consisteva nei sei ex poteri coloniali europei, poi guidati dal potere delle multinazionali. Questo progetto si è sviluppato nel corso degli anni fino a prendere forma in una Costituzione Europea, con cui si intendeva fare del neoliberismo e del militarismo a scopi imperialistici la legge base dell’Unione Europea (Ue), distruggendo quelle costituzioni nazionali del periodo postbellico che, come nel caso della Germania, erano pensate per garantire la funzione sociale della proprietà privata, lo Stato sociale e l'orientamento pacifista, con la riduzione del fattore militare all'autodifesa e il divieto delle guerre di aggressione. Fortunatamente i cittadini francesi e olandesi hanno respinto la Costituzione europea, ma le politiche neoliberiste dell'eco-nomia e della finanza, come pure il rafforzamento militare dell'Ue per intervenire a livello mondiale, stanno andando avanti anche senza una base costituzionale. Altro punto è quello dell'unione monetaria europea, che non solo non è stata legata ad una politica sociale comune, ma non ha nemmeno colto l'opportunità di promuovere una nuova regulation internazionale del sistema monetario. Ora l'euro è in competizione con il dollaro in un sistema di mercato sregolato e a rischio di speculazione. Anche il passaggio dei Paesi produttori di petrolio, come l'Iraq sotto Saddam Hussein, dal dollaro all'euro come valuta corrente e per il commercio è uno stimolo in più alle guerre imperialiste. Insomma, si può affermare che l'Ue fa parte dell'impero capitalista neoliberista, parzialmente in competizione con gli Stati Uniti all'interno di questa cornice.

È in tale contesto che dobbiamo valutare il rifiuto della maggior parte delle Chiese europee di affrontare il tema dell'impero, come si è potuto notare all'incontro del Consiglio generale dell’Alleanza Mondiale delle Chiese Riformate (Warc) svoltosi ad Accra (2004) e anche in seguito. La loro unica preoccupazione è stata quella relativa alla questione della menzione o meno del nome di Dio nella Costituzione Europea e ad alcuni aspetti generali riguardanti il suo carattere sociale, elaborati nella forma di una Carta dei Diritti umani fondamentali (Parte II della Costituzione). Ma le Chiese hanno trascurato il fatto che questi diritti fossero garantiti solo nell'ambito delle clausole centrali politiche ed economiche della Parte III della Costituzione, non comprendendo le fondamentali contraddizioni tra capitalismo imperialista e diritti umani, malgrado il capitalismo tenda, storicamente e sistematicamente, a limitare i diritti alla stipula di contratti tra i soli proprietari maschi e le persone che hanno potere.

Quali possono essere le ragioni della presa di posizione delle Chiese europee? La mia idea è che fino a poco tempo fa gli europei potevano lasciare il lavoro sporco dello sfruttamento occidentale delle risorse mondiali agli Usa. Al-l'ombra della superpotenza gli europei potevano fare affari vantaggiosi. Ora, sotto l'amministrazione Bush, gli Stati Uniti stanno gettando la maschera, operando in modo aperto e brutale come potenza imperialista. E la stessa Ue sta cominciando a presentarsi come potenza imperialista. Ciò ha scosso l'immagine dell'Occidente come economia sociale e democratica di mercato su cui finora si era basata la relazione positiva tra le Chiese e le élite politiche ed economiche. Ma prendere atto di questa realtà potrebbe condurre le Chiese ad un conflitto di fondo con i poteri dell’attuale sistema, un conflitto che esse temono per via dei privilegi di cui ancora godono nel vecchio modello di relazioni Chiesa-Stato di tipo costantiniano. Il documento del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec) nel processo Agape (Globalizzazione alternativa per i popoli e la terra) sulla fede nel contesto della globalizzazione mostra chiaramente come le Chiese europee conservino l'illusione che l'Ue stia ancora operando all'interno di un'"economia sociale di mercato" e come esse ritengano di dover offrire consigli etici ai potenti, tramite dei "dialoghi", allo scopo di motivarli a regolare l'economia globale secondo questo "modello europeo". Non vi è il riconoscimento del fatto che giorno dopo giorno lo Stato sociale viene smantellato nella stessa Europa, per non parlare delle sue politiche neoliberiste verso il Sud, e della crescita, passo dopo passo, del militarismo imperialista.

Questa illusione è caratteristica della mentalità della classe media, come ha mostrato una recente ricerca. (…) Le classi medie e le Chiese delle classi medie considerano le élite economiche e politiche come gli attori significativi e responsabili con cui dialogare su questioni etiche in base al presupposto che esse cambieranno positivamente la situazione, invece di vederle come la causa del male e di unirsi alle vittime in lotta.

In queste circostanze, quale nuova visione ecumenica vi può essere a partire da una prospettiva europea?

II. Un nuovo paradigma: organismi vivi

Prima di scendere nei dettagli di una nuova strategia dobbiamo chiederci se vi sia un paradigma fondamentalmente nuovo che superi il modello imperiale capitalista di origine ellenistico-romana ed europea. David Korten ha fuso in modo convincente visioni e prassi antiche nell’at-tuale elaborazione accademica, che può essere rafforzata anche dalla saggezza indigena e dalla cultura africana ubuntu. La tesi centrale di Korten è che l'economia capitalista stia seguendo il paradigma della meccanica cartesiana e newtoniana, in base a cui l'economia funziona come macchina che moltiplica il denaro per i proprietari. Un'economia che tiene in conto la vita relazionale deve al contrario operare in accordo con il paradigma degli organismi che vivono in relazione. In questo paradigma, la singola cellula che continua a crescere egoisticamente, senza riguardo per l'intero organismo, è chiaramente una cellula cancerogena. Essa cresce e si moltiplica finché non uccide l'organismo ospite, prima di morire essa stessa. Qui, l'assassinio è propriamente un suicidio: esattamente ciò che il capitalismo imperialista assoluto, se non viene fermato, fa con tutte le sue società, ed infine con la Terra. In contrasto con questo modello, le singole cellule di un organismo che vive in relazione funzionano in modo tale da prendere una grande varietà di decisioni interagendo con l’ambiente: sia loro che l'intero organismo hanno le maggiori chance di sopravvivere. Con questo paradigma, si costruisce un'economia sana, basata su unità comunitarie locali, regionali, varie ed interdipendenti, che poi si uniscono in rete con unità più grandi, proprio come accade nella vita.

(…) L'attuale sistema schiavizza i popoli spingendoli nella competizione del mercato per una brutale lotta per la sopravvivenza tra individui atomistici, invece di dare potere a soggetti responsabili affinché operino per la vita e per il bene comune. Una visione alternativa ha quindi il compito vitale di liberare le persone in vista di una concezione relazionale, cooperativa di soggetti che agiscano in modo creativo e responsabile, come persone in comunità. Che questo sia possibile è confermato dalla recente ricerca sul cervello. Gli esseri umani hanno una predisposizione fisiologica all'empatia in quelli che si chiamano "neuroni specchio". Questi neuroni consentono alle persone di sentire spontaneamente ciò che gli altri sentono. Nel vedere una persona che soffre io stesso avverto fisicamente il dolore. Anche la psicologia relazionale mostra in che modo il soggetto sia nato e si sia sviluppato dall'originaria relazione di intersoggettività, con i genitori ed altre persone, costruita sul reciproco riconoscimento. Nell'attuale capitalismo imperialista il potenziale originale della soggettività irrompe attraverso il "grido del soggetto", che si ribella contro l'oppressione e lo sfruttamento. Comunità cooperative in lotta per la vita possono essere formate e organizzate su questa base.

Secondo la teologia biblica, dal tempo del profeta Ezechiele gli esseri umani sono stati considerati come creati ad immagine di Dio, come donne e uomini, cioè come esseri relazionali (Gen 1,26-28). Quindi è nel superamento del patriarcato fondato sulla proprietà che la liberazione del soggetto e della società trova la sua espressione primaria. Ciò si riflette nel conflitto di Gesù con i suoi discepoli maschi, come riportato da Marco 10, 42 segg: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti".

Da una parte, queste parole di Gesù sintetizzano un'in-tera analisi politica, economica e culturale. Roma e i suoi complici nell'élite del centro e della periferia non rappresentano che l'oppressione e lo sfruttamento violento. Affermare questo con chiarezza è già in sé liberante. Crea distanza. Depriva il sistema di qualsiasi legittimità. Lo de-ideologizza. L'intera pax romana è solo oppressione e sfruttamento. Non vi è nulla qui da costruire e nulla che valga la pena addomesticare. Quindi è molto importante capire come la questione dell'impero non sia limitata ad un sistema imperiale politico ed economico. Ma riguardi, piuttosto, lo spirito e le strutture imperialiste in tutte le relazioni a tutti i livelli della società e della cultura, a partire dalla famiglia patriarcale. Gesù rifiutò la dominazione e l'impero a tutti questi livelli.

Dall'altra parte, egli consentì ai suoi discepoli di cominciare a creare alternative tramite il servizio reciproco. L. Schrottroff ha mostrato che il termine diakonein, nella misura in cui ha a che fare con il servizio, rimanda ai tipi di assistenza che, nella distribuzione patriarcale dei ruoli, sono svolti solo dagli schiavi e dalle donne, mai dagli uomini liberi. Ma qui "servire", lungi dal significare l'opera caritatevole organizzata in un sistema sociale altrimenti definito dallo sfruttamento e dall'autorità, è inteso come caratteristica di una controcultura in cui sfruttamento e autorità oppressiva vengano messi da parte. Nella casa tutti sono come fratelli e sorelle. Ciò si ricollega alla solidarietà familiare nelle famiglie contadine della società pre-statale e post-esilio dell'antico Israele, ma va oltre. Anche la struttura patriarcale della casa deve essere trasformata, coerentemente con la tendenza egualitarista di Israele. "È assunto qui il principio di uguaglianza e la sua vitalità è nel servizio reciproco. I discepoli di Gesù costruiscono un contromodello rispetto alla struttura dell'autorità del mondo".

(...) Ciò implica che, con Gesù, amare, in senso socio-economico, significa proprio operare come fratelli e sorelle, tra i quali vi è nella casa e tra le case una forma identica di cooperazione nel servizio reciproco. L’espressione "servo di tutti" significa che fratellanza e sorellanza, reciprocità e solidarietà non si fermano ai confini della casa patriarcale. "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45). (…) Da un punto di vista economico, la Chiesa delle origini, secondo At 4,32 segg., seguiva questo modello di servizio reciproco abolendo l'assolutezza della proprietà e condividendo invece ciò che si aveva in modo che nessuno avesse necessità.

Dal punto di vista politico è stato Gandhi ad applicare questo modello nel creare un nuovo concetto ed una nuova pratica della politica. Ciò può essere meglio inteso se messo a confronto con la tradizione romana-europea. Qui la definizione chiave di "politico" è potestas, potere con la caratteristica specifica della forza e della violenza, di cui la "spada" è il simbolo. Già l'apostolo Paolo lo considerò legittimo, in quanto Dio usa il potere per il bene del popolo punendo i malvagi: certamente, non giustificandolo nella forma assoluta dell'imperatore e dell'impero ma nella forma limitata delle autorità locali. Lutero riprese questa idea nel suo contesto storico, considerando il potere politico, anche con l'uso della violenza, giustificato nel servizio degli altri come forma diversa di amore. Tuttavia, egli si pose il problema di una risposta all'ingiustizia senza ricorso alla violenza. Di conseguenza definì compito primario del ministro ordinato quello di protestare pubblicamente contro l'ingiustizia. Pur rifiutando la "lotta per i propri diritti", egli sfidò la gente che subiva ingiustizia a "confessare il proprio diritto": azione che prefigura l'azione diretta nonviolenta contro l'ingiusti-zia. Tuttavia, la storia europea ha mostrato da allora che questo concetto di potere politico ha sempre più assunto la forma di una sfera autonoma separata dal popolo. Questa tendenza viene consolidata dalla definizione dello Stato liberale come protettore della proprietà e del contratto.

Gandhi analizza acutamente l'interconnessione tra ordine della proprietà occidentale e carattere violento dello Stato affermando: "Dove c’è ossessività, c’è violenza". Dunque egli rifiuta la proprietà oltre la sfera della necessità (cioè difende la proprietà nel suo valore d'uso contro la proprietà nel suo valore di scambio, che assume nel mercato competitivo l'unico obiettivo dell'accumulazione di capitale). Questa proprietà orientata all'accumulazione è necessariamente legata alla violenza diretta politica, economica e culturale. Definire la politica come un servizio agli altri usando tuttavia la forza porta a mettere al centro l'ordine senza guardare alla gente. (…) Così per Gandhi la forma di azione politica nel senso della lotta contro l'ingiustizia è satyagraha, che è tratto dal sanscrito satya/verità e agraha/stare saldi, cioè "aderire alla verità". In questo modo, la religione come lealtà alla verità è necessariamente connessa alla politica. "La politica separata dalla religione è sospetta, la religione staccata dalla politica è senza significato. La politica comporta qualsiasi attività per il benessere del popolo". Nel contesto della sua lotta al potere coloniale inglese ciò significa resistenza nonviolenta. Ma può anche significare lavoro costruttivo con il popolo. La chiave è data dal fatto che le persone sono soggetti partecipi e che persino ai politici al servizio di un sistema ingiusto è data la possibilità di riconoscere la verità quando vengono sfidati dal popolo con un'azione nonviolenta. Così la politica viene definita come ordine realizzato non tramite la forza e la violenza ma tramite i diritti della gente a soddisfare le proprie necessità primarie e a partecipare alla costante lotta politica per raggiungere quanta più verità possibile.

Ciò significa che possiamo mettere in discussione dalle fondamenta l'approccio occidentale romano-europeo all'e-conomia e alla politica a tutti i livelli, sulla base non solo dell'eredità biblica ma anche della teoria e della pratica di Gandhi. Un modello analogo è quello promosso dagli zapatisti in Chiapas. Essi sottolineano che lo scopo non è di raggiungere il potere all'interno dell’attuale sistema quanto piuttosto di cambiare il carattere dei rapporti di potere durante la lotta. Pertanto, camminano lentamente sulla strada verso l'alternativa, mettendosi sempre in discussione.

III. Una strategia riassuntiva per costruire comunità di vita contro l'impero capitalista competitivo

Oggi il nuovo paradigma deve trascendere la falsa alternativa della Guerra fredda tra capitalismo privato diretto dal monopolio e socialismo di stato centralizzato. Va coniugato nella direzione di un'appropriazione sociale delle risorse della Terra e dei frutti del lavoro comune: appropriazione non nel senso del diritto di proprietà assoluta ma nel senso del diritto fondamentale di tutti ad avere accesso alle risorse e ai frutti della fatica comune per la soddisfazione dei propri bisogni vitali in dignità. Questo approccio può essere chiamato socialismo dal basso o socialismo partecipativo, nel senso di un modello da non introdurre dall'alto. In America Latina, dopo le disastrose conseguenze del neoliberismo e di fronte al successo dei movimenti sociali e dei nuovi governi di sinistra, si discute di ciò parlando di "socialismo del XXI secolo". Questa espressione comporta il riconoscimento del fatto che il socialismo del XX secolo non era socialismo ma capitalismo di stato, concentrando il potere economico e politico al vertice, come il capitalismo privato. Entrambi agiscono nell'ambito di una modernità meccanicistica e manipolatrice, come due facce della stessa medaglia. So che la parola socialismo è stata tabù negli Stati Uniti e in Europa grazie alla fortunata propaganda dei poteri dominanti, basata sull'ovvio fallimento del socialismo reale sotto l'influenza sovietica. Pertanto, nei movimenti ecumenici e sociali usiamo espressioni come "società giusta, partecipativa, sostenibile" o "economia al servizio della vita" o semplicemente "un altro mondo è possibile".

La realizzazione di queste alternative per la vita in dignità richiede una strategia multipla guidata dal popolo che parta dalle lotte concrete per la vita, che Korten chiama: "Affamare il cancro, nutrire la vita".

1. Affamare il cancro capitalista o ritirare energie dal sistema

1.1. Demitologizzare l'ideologia neoliberista del disorientamento

Qui la maggior parte delle Chiese europee manca di chiarezza e di coraggio profetico, contribuendo così al "trauma del disorientamento" delle vittime di cui parlano gli psicologi relazionali. "Nominare e smascherare i poteri" (Wink) nel contesto attuale significherebbe mettere a nudo le contraddizioni tra la teoria di modelli utopistici di capitalismo e la realtà, così come esporre il carattere cinico e fondamentalista dei diversi tipi di capitalismo nichilista. Ciò significa che il modello utopistico di capitalismo nella tradizione di Adam Smith (la mano invisibile del mercato trasforma le azioni egoistiche degli individui in competizione a vantaggio del benessere di tutto il popolo) può essere rifiutato confrontando l'ideologia con la realtà di un "libero" mercato che produce troppa ricchezza per i proprietari del capitale e miseria per la maggioranza. Il capitalismo nichilista nella sua forma cinica (cfr. Schumpeter) e nella sua forma fondamentalista (v. Hayek) ammette apertamente il carattere sacrificale e distruttivo del mercato capitalista. Pertanto, l'unica maniera per rifiutare questa ideologia è scegliere la vita contro la morte.

1.2. Un "no" chiaro attraverso la resistenza e il rifiuto a cooperare

Anche nelle decisioni del Consiglio generale di Accra del Warc non c'è ancora piena coerenza tra il rifiuto di base del capitalismo imperiale neoliberista, espresso nella Confessione (la dichiarazione dal titolo: "Un patto per la giustizia nell'economia e sulla terra", più nota sotto il nome di "Confessione di Accra", ndr) e la parte relativa all’azione. Nella Confessione viene chiaramente affermato:

"18) Noi crediamo che Dio è sovrano di tutta la creazione. ‘Al Signore appartiene la terra e tutto quel che è in essa’ (Sal 24, 1).

19) Pertanto, rifiutiamo l'attuale ordine mondiale economico imposto dal capitalismo globale neoliberista ed ogni altro sistema economico, come le economie pianificate in modo assoluto, che costituisca una sfida al patto di Dio escludendo i poveri, le persone vulnerabili e tutta la creazione dalla pienezza di vita. Rifiutiamo qualsiasi pretesa imperialista economica, politica e militare che sovverta la sovranità di Dio sulla vita e qualunque atto contrario alla giusta legge di Dio".

La maggior parte delle raccomandazioni concrete, d’altro canto, va in una direzione riformista, non definendo chiaramente quello che deve essere rifiutato non solo a parole ma anche con la pratica. Qui le Chiese, in alleanza con i movimenti sociali, dovrebbero riscoprire i metodi gandhiani dell'azione diretta nonviolenta organizzata. E potrebbero anche intraprendere iniziative proprie: il boicottaggio delle banche coinvolte nell'evasione fiscale, nella speculazione e nell’aumento dei profitti sulle spalle della classe lavoratrice; l’appello al boicottaggio della Coca Cola, corresponsabile dell'uccisione di sindacalisti, per esempio in Colombia, e colpevole di sottrarre l'acqua ad intere regioni come in India; l'appello all'obiezione di coscienza da parte di tutti i cristiani nei confronti degli eserciti imperialisti degli Usa e dell'Ue.

2. Nutrire la vita a diversi livelli

2.1. Alternative a livello locale-regionale che trascendano il capitalismo

Su questo punto le alternative si stanno già consolidando su scala mondiale con iniziative per una "Socio-economia solidale" (Marcos Arruda), basate sulla cooperazione invece che sulla competizione, sul decentramento invece che sulla centralizzazione. Le aree di azione sono soprattutto: 1. Sistemi di scambio e commercio locale; 2. Banche cooperative; 3. Produzione decentrata di energie alternative (sole, vento, acqua, biomassa); 4. Produzione, marketing e consumo cooperativo locale. Le industrie amministrate in proprio dai lavoratori fanno anch’esse parte di questo approccio. A questo livello le Chiese locali avrebbero molte possibilità di agire. Ma il livello locale e regionale non è sufficiente. Sono necessarie alternative anche a livello macro.

2.2. Lotte per la riappropriazione sociale delle risorse e per pace a tutti i livelli in prospettiva post-capitalista e post-imperiale

Considerando la reale situazione dei macrosistemi, l'economia alternativa al servizio della vita e delle comunità non può essere semplicemente "introdotta". Le persone interessate devono unirsi con altre e stabilire alleanze allo scopo di perseguire obiettivi concreti in una prospettiva generale di riappropriazione anti-imperiale e sociale. Alcuni esempi riguardano la lotta per la terra e l'agricoltura sostenibile, per i beni e i servizi pubblici (come l'acqua), per un fisco equo ecc. I soggetti di riferimento sono in particolare i sindacati, i movimenti sociali e le Chiese nelle loro diverse forme sociali.

In queste due aree concrete (2.1 e 2.2) è racchiuso un grande potenziale di guarigione e liberazione affinché coloro che sono stati traumatizzati, terrorizzati o schiavizzati diventino esseri umani solidali. (…) Tanto l'economia sociale locale-regionale quanto la costruzione di alleanze per la riappropriazione delle risorse della terra e dei frutti del lavoro sono basati essenzialmente sulla creazione di gruppi e movimenti per un lavoro e una lotta comune a favore della vita. Gruppi e movimenti (in particolare i movimenti delle donne) sono le principali forme di riottenere la vita nelle relazioni, contro la ego-società capitalista imperiale, che porta gli individui a una guerra di tutti contro tutti.

Nel momento in cui il sistema imperiale capitalista viene rafforzato dalla violenza diretta, strutturale e culturale (Galtung), le strategie in campo economico devono essere anche collegate agli sforzi e ai processi ecumenici di superamento della violenza. Dobbiamo compiere uno sforzo nuovo fondamentale per collegare nuovamente le lotte e le reti per la giustizia, la pace e l'integrità del creato in senso politico gandhiano. È quello che si sta tentando di fare nell'ambito del Forum Sociale Mondiale. I programmi ecumenici in questa direzione si sono spaccati dopo il 1990. In Germania le Chiese hanno utilizzato il Decennio per il superamento della volenza per evitare di partecipare al processo Agape. Se le linee guida del programma dell'assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Porto Alegre fanno appello ad una nuova interazione tra le diverse priorità, dovremmo cogliere questa opportunità per un nuovo inizio nella prospettiva di una strategia multipla per superare il capitalismo imperiale neoliberista a tutti i livelli.

Ma allo scopo di cogliere nuovamente il carattere fondamentale del processo conciliare per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato (JPIC) negli anni '80 e contestualizzarlo per il XXI secolo, il rifiuto dell'economia neoliberista e la lotta per le alternative non devono essere solo portati avanti, sviluppati e realizzati nella linea della Confessione di Accra e del documento Agape. Il Decennio per il superamento della violenza deve nuovamente collegarsi al chiaro rifiuto dello spirito, della logica e della pratica della distruzione di massa, come formulato negli anni '80, legandolo al rifiuto dello spirito, della logica e della pratica dell'impero come forma attuale di globalizzazione capitalista neoliberista. L'impero minaccia apertamente la distruzione di massa, anzi, la sta già realizzando. Pertanto, deve essere chiaro nei futuri processi ecumenici che l'impero come tale, in tutte le sue dimensioni e a tutti i livelli, da quello della famiglia a quello delle superpotenze, è inconciliabile ed incompatibile con la fede biblica e l'essenza della Chiesa, così come è stato affermato in relazione all'economia neoliberista. Il rifiuto di entrambi deve essere inequivocabile.

Conclusione: Una nuova visione ecumenica per una comunità di vita è non solo possibile ma fattibile. In realtà, sta già crescendo in tutte le parti del mondo e in tutte le comunità di fede, anche in Europa.

L'Europa, con le sue migliori tradizioni sociali e pacifiche come frutto dei movimenti sindacali e pacifisti, è l'unico potere visibile nel mondo che può avere la possibilità di contrastare il capitalismo imperialista di tipo statunitense. Pertanto, sulla base di una chiara analisi e del riconoscimento delle attuali politiche neoliberiste e militaristiche dell'Ue, le Chiese devono impegnarsi in confronti critici con istituzioni politiche ed economiche europee, non solo nel "dialogo con i potenti". Il posto delle Chiese in questi incontri è a fianco della gente e dei movimenti sociali, in solidarietà con essi, non accanto ai potenti. Un nuovo spazio politico può essere ottenuto dalle persone solo se esse si organizzano in movimenti sociali e pacifisti, sindacati e Ong, stabilendo alleanze di lotta nonviolenta cooperativa (tra cui la disobbedienza civile). Le Chiese, nelle loro diverse forme sociali, possono vivere la loro chiamata biblica solo unendosi a queste alleanze, come una parte di esse sta già facendo. Ciò porterà conflitto, tanto all'interno delle Chiese quanto con i potenti. Ma solo in questo modo potranno essere sale della terra, come Gesù le ha chiamate ad essere, e non lo specchio della società, tradendo il Vangelo.

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