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ENERGIA PER LA NOSTRA FEDE

Tratto da: Adista Documenti n° 8 del 26/01/2008

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: la fede non offre ricette specifiche per la soluzione di problemi energetici, di crisi ambientali. Nonostante l’attualità continui a riproporre letture del testo biblico che hanno la pretesa di essere esplicative del mondo in cui viviamo (si pensi al dibattito tra creazionismo ed evoluzionismo, a letture della Genesi fatte all’insegna di un «concordismo» tra narrazione biblica e interpretazione scientifica), le Scritture ebraico-cristiane consegnano al lettore una parola che parla del senso della realtà senza nutrire l’intenzione di spiegare le concrete modalità del sorgere e del dispiegarsi del mondo. Cercare nella Bibbia teorie scientifiche o modelli di sviluppo sarebbe tradire l’intenzione del testo, fraintenderne il messaggio che vuole comunicare. Le letture fondamentaliste, in questo senso, a dispetto della dichiarata fedeltà alla lettera, rischiano di non cogliere il valore di una parola che prova a rispondere ai tanti «perché» della vita e non ai «come»; che usa un linguaggio «simbolico » e non «scientifico».

La Bibbia, dunque, non affronta direttamente il tema dell’energia; e tuttavia, chi entra nella narrazione biblica non può fare a meno di confrontarsi con un mondo vivo, in movimento, energetico appunto.

Lo stesso linguaggio simbolico della Scrittura, disinteressato a giudicare la bontà di una fonte energetica, la sua preferibilità rispetto ad un’altra, rivela, tuttavia, una forte carica etica, una passione per la vita che sollecita l’interlocutore, il credente, ad interrogarsi sul suo stare al mondo e sui modelli di sviluppo della propria realtà.

Succede così che, mentre leggi la Bibbia, scopri che la Bibbia a sua volta ti legge: legge la tua vita, il tuo modo di abitare la terra, entra nelle pieghe delle tue relazioni con gli altri e ti spinge ad interrogarti sul modo di vivere ed amministrare le risorse che ti sono state affidate.

Quando nel contesto attuale si parla di crisi energetica, pensiamo al venire meno delle risorse e alla conseguente consapevolezza dei limiti, messi in evidenza dall’uso improprio delle materie prime presenti in natura. Percepiamo la gravità della situazione senza, tuttavia, coglierne fino in fondo il senso «tragico».

Per la Bibbia la crisi energetica non è tanto rappresentata dall’esaurirsi di alcune risorse necessarie per la vita. Non che la Bibbia non conosca le più svariate situazioni di carenza: si pensi alle continue carestie, alle siccità, che di volta in volta segnano il panorama biblico. Queste situazioni di crisi, temporanee o durature, mettono in moto la ricerca di soluzioni alternative (i viaggi di Abramo, dei figli di Giacobbe, di Rut; i granai di Giuseppe in Egitto, fino alla manna dal cielo e la moltiplicazione dei pani). In un certo senso, lo scenario biblico appare analogo a quello della nostra attualità. Tuttavia emerge dalle pagine della Scrittura un diverso modo d’inten-dere la crisi energetica, non è sovrapponibile, come un calco, su quello che noi oggi intendiamo. E questo per il fatto che nella Scrittura l’energia coinvolge l’intero creato. Il mondo stesso, le creature che lo abitano sono plasmati di energia. Già l’etimologia della parola energia (dal greco en ergon : in moto, al lavoro) evoca un movimento, un lavoro non confinabile in un unico ambito. L ’energia è ciò che mette in moto, esprime la vita e la dinamicità della realtà tutta.

La Scrittura conosce i quatto elementi che nell’antichità traducevano questa forza vitale: aria, acqua, terra, fuoco. Come per la cultura greca, essi rappresentano i simboli essenziali per raccontare il fondamento della vita. Nel caso della Bibbia questa vita è creata come «cosa buona» da un Dio che ha dispiegato la sua energia sul mondo, strappandolo dal caos, dall’indefinito (Gen 1). Il mondo creato da Dio è vita in movimento, è energia: è aria come soffio di vento; è acqua che disseta e fa del deserto un giardino; è terra che è madre e non tomba; è fuoco che avvampa e riscalda.

Lo scenario alternativo non si presenta semplicemente come un mondo carente di risorse: è piuttosto un mondo spento, fermo, indefinito. La crisi energetica per l’uomo biblico è il momento in cui si perde il senso dello stare al mondo, è il ritorno al caos iniziale. La bussola biblica indica la gravità di un disorientamento complessivo a proposito del senso della realtà, che sta a monte di scelte ingiuste capaci di sfigurare il giardino della creazione, trasformandolo in terra arida, priva delle risorse necessarie per vivere. Al di là della moderna opposizione tra l’atteggiamento contemplativo ed il concreto agire storico (si pensi alla nota affermazione di Marx sulla necessità di passare dalla contemplazione al cambiamento), per la Scrittura risulta essenziale condividere lo sguardo di un Dio che per primo si è messo all’opera nel mondo, al fine di discernere tra un agire che promuove la vita ed un fare portatore di morte. Un movimento preoccupato di diffondere energia, non di bloccarlo. Con le acute parole (dal sapore biblico!) di Günter Anders: cambiare il mondo non basta. Lo facciamo comunque. E, in larga misura, questo cambiamento avviene persino senza la nostra collaborazione. Nostro compito è anche interpretarlo. E ciò, precisamente, per cambiare il cambiamento. Affinché il mondo non continui a cambiare senza di noi. E, alla fine, non si cambi in un mondo senza di noi.

Su questa lunghezza d’onda, che punta all’interrogazione del senso e all’assunzione di responsabilità riguardo alla vita nella sua globalità, si muove la sapienza narrativa della Scrittura. Per la quale, dunque, l’energia riguarda tutti gli aspetti della vita, in quanto cifra della vita stessa. La visione biblica suggerisce uno sguardo «energetico» sulla vita. Il nostro approccio strumentale a proposito di un’energia necessaria per produrre, nella prospettiva di uno sviluppo illimitato e svincolato da criteri etici, è ben lontano dalla visione olistica che emerge con forza delle pagine bibliche.

In quanto figli della nostra epoca, abbiamo respirato l’aria di quella modernità che ha frammentato il sapere e ha diviso le competenze. Fatichiamo a riacquistare sguardi di insieme che ci aiutino a trovare direzione e senso. A questo si aggiunga la sensazione di precarietà che viviamo negli ultimi anni che coinvolge ambiti decisivi quali il lavoro o le relazioni più intime. Niente tiene! In questo clima di instabilità diventa più difficile pensare al futuro, progettare la vita. Ci preoccupiamo di racimolare per noi le poche risorse e siamo sempre più incapaci di sguardi ampli, che coinvolgano archi di vita più lunghi dei nostri pochi giorni.

La Scrittura può offrirci alcune preziose indicazioni per arginare questo senso di frammentazione e di precarietà. Innanzitutto, a scuola della Bibbia possiamo reimparare a guardare la vita nel suo insieme, noi che siamo figli di un tecnicismo esasperato. Ci vengono richieste competenze sempre più specifiche per stare al mondo. Il nostro sapere è settoriale, specialistico, per quanto riguarda le mansioni che dobbiamo svolgere; invece, per quanto attiene a tutto il resto, a ciò che non rientra nel nostro specifico ambito di competenza, ci affidiamo a quell’informazione mediatica che costruisce un bagaglio culturale talmente generico da trasformarsi in sapere superficiale, apripista al pregiudizio.

Sia la miriade di dati oggi in nostro possesso che la necessità di una formazione sempre più specifica appiattiscono ogni tentativo di sguardo globale. Al contrario, il panorama biblico ci richiama ad una visione più ampia, meno appiattita da un tecnicismo che recinta il nostro sguardo: un «volare alto» paradossalmente più radicato alla terra, certamente meno generico. Questo ci permette di curare la nostra miopia e di ampliare lo sguardo non solo nello spazio, per cogliere orizzonti più vasti dei nostri confini, ma anche nel tempo. La Bibbia ci aiuta a riscoprire il senso profondo di quel principio di responsabilità di cui parla Hans Jonas. Il filosofo ebreo, dopo aver delineato un’analisi tragica del mondo e dell’umanità legata ad un modello di sviluppo tecnologico ed industriale che minaccia in un futuro prossimo le stesse basi della vita umana sul pianeta, richiama al principio di responsabilità verso ogni abitante della terra come verso le generazioni future.

L’uomo, grazie alla scienza e alla tecnica, è diventato pericoloso per la sua stessa sopravvivenza come per l ’intero mondo. Si è spezzata la solidarietà tra l’umanità di oggi e quella di domani. Lo scempio di risorse attuato negli ultimi decenni ha potenzialmente privato le generazioni future delle stesse condizioni necessarie alla propria sopravvivenza. Soltanto una conversione di attitudine, di sguardo, potrà fermare il genocidio verso le generazioni future. Il principio responsabilità di Jonas è fortemente radicato nella sapienza della Scrittura. Rimanda ad un’intuizione biblica semplicissima, che potremmo tradurre in questi termini: ricollochiamo l’energia nel suo laboratorio che è la vita stessa. Occuparsi di energia non è compito solo degli addetti ai lavori: ne va di noi e della qualità della vita. Di qui la necessità di attingere quella sapienza che è vero e proprio «anticorpo» alle tentazioni della delega, della rassegnazione, della chiusura in ambiti ristretti.

Preservare il senso profondo dell’energia non è solo questione di manifestazioni di ecologisti, di riconversioni energetiche, di ricerca di forme alternative. È tutto questo e molto di più. È ricomporre un mondo in frantumi, un compito indicato dalla Scrittura ponendo l’istanza di un’energia che tenga in vita la vita. Un compito per il quale il racconto biblico offre un «vocabolario dell’anima», diverso da quel vocabolario scientifico necessario per affrontare le diverse ipotesi e per valutare quale sia la più giusta da intraprendere. Un vocabolario dell’anima articolato su molti registri: da quello sapienziale sull’uso oculato delle risorse a quello memoriale che scommette sull’importanza del fare memoria degli eventi, anche quelli tragici, per imparare a discernere; a quello simbolico, che prova a mettere in moto una diversa qualità dello sguardo, una complessiva passione per l ’esistenza…

Riscoprire la fonte energetica complessiva di cui ci parla la Bibbia ci aiuta ad aver cura di quelle radici che immettono la linfa necessaria per alimentare il mondo.

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