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Una sinistra pilatesca, sorda alle istanze dal basso Intervista a Vitaliano Della Sala

Tratto da: Adista Documenti n° 30 del 12/04/2008

In un’intervista al “Corriere del Mezzogiorno”, lo scorso 28 febbraio, hai dichiarato che se il tuo amico Francesco Caruso fosse stato escluso dalle liste della Sinistra L’Arcobaleno non saresti andato a votare. A liste chiuse è arrivata invece la conferma di un posto sicuro per il leader no-global campano. Soddisfatto?
A parte il fatto che, per come è stata imposta la candidatura, non è per niente sicura la sua elezione, non si tratta di un fatto personale. Nell’intervista del Corriere del Mezzogiorno il mio pensiero è stata molto sintetizzato. Non intendevo affatto dire “o Caruso in lista, o non voto”, ma semmai: “se non si dà spazio a persone e idee del Movimento dei movimenti non voto”. Ed infatti io non andrò a votare per gli stessi motivi per i quali non sono andato alle elezioni scorse: i programmi sembrano confezionati proprio per non essere attuati, evitando di affrontare i problemi per i quali la gente aspetta soluzioni: il precariato, il caro vita, le servitù militari e la partecipazione alle future guerre, la riforma elettorale… E poi i candidati sono imposti, ancora una volta, dall’alto, senza possibilità da parte degli elettori di esprimere le proprie preferenze. Non è stata stimolata alcuna partecipazione della base dei partiti e della società civile alla composizione delle liste, anzi è stata offesa l’intelligenza degli italiani con la farsa delle primarie del Pd e della scelta del nome per quanto riguarda il partito di Berlusconi: nell’uno e nell’altro caso è stata la magnanimità del “sovrano” a concedere un po’ di partecipazione. Per quanto riguarda la Sinistra L’Arcobaleno, se le liste fossero state composte casualmente tramite un sorteggio, sicuramente avrebbero risposto meglio alle attese degli elettori di sinistra. Mi chiedo: che senso ha candidare Luxuria in Sicilia o Caruso in Veneto?

Mi pare di capire che condividi le critiche pronunciate nei giorni scorsi da Luca Casarini, il quale rispetto alla candidatura di Caruso in Veneto ha detto: “In questa terra Rifondazione non ha mai scelto qualcuno che fosse espressione del Movimento veneto. Adesso piazza Caruso, e lui accetta. Mi cascano le braccia”.
Sì, Casarini ha ragione. Caruso non doveva accettare che la sua candidatura fosse imposta in un territorio che non la sente come propria espressione. Semmai Caruso andava candidato in Campania, o comunque al Sud, dove è stato protagonista di tante battaglie civili, non ultima quella per una soluzione dignitosa del problema rifiuti. Molti campani non andranno a votare perché indignati da come è stato gestito il problema rifiuti, eppure molti avrebbero sostenuto Francesco proprio perché lo hanno sempre visto scendere in piazza e discutere con loro. Visti i problemi che Rifondazione ha creato con gli antagonisti e con gli ex disobbedienti, è evidente che la candidatura di Caruso appare come una provocazione. Ma non sono solo questi i motivi per cui non andrò a votare. Ritengo che quella italiana sia una democrazia da riformare radicalmente: assomiglia sempre più ad una oligarchia, al feudalesimo medievale in cui i potenti si trasmettono il potere per via ereditaria; un potere dal quale la gente è esclusa del tutto. È da riformare questo sistema elettorale antidemocratico, contro il quale in Parlamento nessuno si è opposto veramente perché così conveniva alle segreterie dei partiti, visto che sono loro a decidere gli eletti. È da mandare a casa - e quindi da non sostenere col voto - questa casta politica lontana anni luce dai problemi veri della gente, che si accapiglia solo per una poltrona o per uno strapuntino sulla giostra del potere, interessata esclusivamente all’au-mento dei propri - già sproporzionatamente alti - stipendi e privilegi. Tutto questo crea una “distorsione della democrazia”, come dice il vescovo di Caserta, mons. Nogaro, e riduce le imposizioni dei partiti ad una sorta di “camorra politica”.

Come rispondi alle argomentazioni di chi – pur ravvisando gli evidenti limiti nelle formazioni politiche esistenti – invoca comunque una partecipazione al voto in chiave antiberlusconiana? È evidente che questa volta l’astensionismo colpirà soprattutto la sinistra e questo rischia di avvantaggiare Berlusconi… Berlusconi – se vogliamo essere espliciti e sinceri fino in fondo – mi fa schifo e con lui la sua Casa delle pseudo-libertà. Ma sono stufo di sostenere coloro che, se vinceranno le prossime elezioni, non lo faranno per i propri meriti, la propria politica e i buoni programmi, ma solo per i demeriti dell’avversario e la sua sciocca demonizzazione. Mi rifiuto di votare per il meno peggio, né voglio turarmi ancora il naso, oltre agli orecchi, agli occhi e alla bocca. Non andrò a votare perché non mi sento rappresentato da nessuno schieramento; il mio non vuole essere qualunquismo, né la ricerca di una stupida purezza politica, e nemmeno disimpegno: è un gesto di amore politico verso il mio Paese che meriterebbe rappresentanti migliori, e verso una sinistra che ha smarrito la bussola. Se in tantissimi non andassimo a votare, sarebbe il vero “voto utile”: costringerebbe la “camorra politica” dei partiti ad una vera riflessione e ad un reale cambiamento!

Del resto tu hai sempre sostenuto la necessità di andare oltre la semplice delega espressa al momento del voto. Negli ultimi anni, però, sembra che le energie partecipative sprigionatesi con il movimento di Genova si siano piuttosto affievolite. Credi che con l’archiviazione dell’esperienza di governo da parte dei partiti della sinistra (quelli raccolti nel cartello de “La Sinistra L’Arcobaleno”) possa riaprirsi una nuova stagione di movimenti e prodursi una rigenerazione di quelle forze?
Io penso che bisogna reinventare la democrazia! Bisogna ridimensionare l’onnipotenza e l’onnipresenza dei partiti. Ormai ci hanno convinto che i partiti sono l’unico modo di fare politica e di amministrare la cosa pubblica. Non ci vuole molto a dimostrare che si sono ridotti a gestori improvvisati dell’ovvio e dello scontato, quando non si imbattono nel Codice Penale e in quello etico. All’interno dei partiti fa rabbia quello che resta della sinistra. Una sinistra che sa solo balbettare di politiche sociali, che non pronuncia una parola chiara e inconfondibile, “senza se e senza ma!” per percorribili soluzioni ai problemi del precariato, per la tutela dell’ambiente, per la chiusura dei famigerati CPT e per un’accoglienza dignitosa dei migranti, in favore delle unioni di fatto e della laicità dello Stato, per il ritiro immediato delle truppe dagli scenari di guerra permanente statunitense. Una sinistra che non ha il coraggio di pronunciare una parola chiara, di pace, contro l’istallazione di nuove basi militari straniere sul nostro territorio, contro la partecipazione a guerre future, e si nasconde dietro l’ormai improponibile paravento delle Nazioni Unite. Una sinistra che mi ha deluso molto, che ha fatto della governabilità e della spartizione di potere un idolo. Una sinistra che per racimolare voti e per conquistare poltrone istituzionali, tanto alte quanto inutili, si è ridotta ad inseguire politiche moderate e ha ostentato addirittura presunte conversioni religiose dei suoi leader; che non si è fatta scrupolo di usare il Movimento dei movimenti fin quando le è servito, per poi abbandonarlo ed emarginarlo, contribuendo a creare in esso fratture insanabili che rischiano ora di condannare alcuni a derive violente, come negli anni ’70, quando il muro contro muro tra istituzioni e movimenti, con l’avallo della sinistra, procurò soltanto l’acuirsi di ostilità e di esasperazioni sociali, sfociate anche nel terrorismo; oggi i proiettili di Genova, i manganelli di Napoli, la repressione violenta di qualsiasi forma di protesta, lo sdoganamento dei gruppi di estrema destra, eversivi e anticostituzionali, le migliaia di denuncie e di procedimenti giudiziari contro appartenenti al Movimento, l’irreale discussione da salotto sulla violenza e la nonviolenza, rischiano di riproporre lo stesso schema di involuzione democratica e di scontro mortale, nel quale, oltre alla democrazia e alle libertà, si rischia di bruciare anche quella parte migliore di società che ha scelto di impegnarsi in prima persona per un futuro migliore, per un altro mondo possibile. Dispiace enormemente osservare una sinistra pilatesca, che, per mero calcolo elettorale, tenta di escludere dalla politica o di umiliare il Movimento dei movimenti e quanto pretendono una partecipazione vera dal basso, senza rendersi conto, facendo tesoro dell’esperienza degli anni ’70, che tutto questo può avere conseguenze mortali.

In conclusione, una domanda sulla tua terra, la Campania. Pensi che si potrà uscire da una situazione tanto drammatica? Quali soluzioni scorgi all’orizzonte?
Il peggio in Campania non è la “monnezza” e l’incapacità delle istituzioni di risolvere il problema, ma è la mentalità distorta e pericolosa che, nel corso degli anni, ci è stata inculcata dai nostri politici, nazionali e locali. Una mentalità che ci fa essere indulgenti con la malapolitica, il malaffare, la criminalità organizzata, le tangenti, le raccomandazioni, i soprusi. Visti i nostri politici rampanti e impuniti, si fa fatica in Campania a proporre una diversa mentalità ai cittadini. L’unico modo per tentare soluzioni efficaci nella terra dei troppi Pulcinella è puntare sull’educazione (nel senso etimologico di “tirare fuori” il meglio da sé) dei singoli, nella proposta e nella testimonianza di uno stile di vita diverso, rispettoso dell’ambiente, affidato alle cure di ciascuno e non solo dello Stato, accogliente nei confronti dell’altro, che non ricorre alla sopraffazione e alla violenza per avere cose che possono essere ottenute per vie normali, senza minacce e senza raccomandazioni, da istituzioni al servizio dei cittadini…Utopia? Tanti piccoli segnali che “un’altra Campania è possibile” sono già realtà, anche se sono poco pubblicizzati. C’è una Politica di base, fattiva e onesta, diffusa sul territorio e oscurata dalla politica dei politicanti, che andrebbe messa in evidenza. Da questo punto bisogna ripartire, tentando di “riportare alla luce” associazioni di volontariato, movimenti di tutela dei territori, operatori sociali, singoli e gruppi, laici o cattolici, che sono la parte migliore e l’unica speranza per la Campania e per il Sud. Dispiace molto che le persone impegnate in queste realtà non vengano mai prese in considerazione dalla sinistra quando si tratta di comporre le liste elettorali: nemmeno alle prossime elezioni questi campani che di diritto dovrebbero essere candidati a rappresentarci hanno trovato posto nelle liste. (e. c.)

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