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ANCORA SOLDI ALLE SCUOLE PRIVATE. ANCORA UN RICORSO AL TAR

Tratto da: Adista Notizie n° 33 del 26/04/2008

34391. ROMA-ADISTALa questione è nota: l’art. 33 della Costituzione prevede che nel nostro Paese le scuole non statali possano essere liberamente istituite; ad esse la nostra Carta garantisce "piena libertà" ed agli alunni che le frequentano "un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali". Tutto questo però "senza oneri per lo Stato". Cioè senza finanziamenti pubblici. È altrettanto noto, tuttavia, che il divieto di finanziare le scuole private, fin dall’entrata in vigore della Costituzione, non è mai stato compiutamente rispettato. All’inizio, questa violazione fu motivata dal fatto che in molte zone del Paese la Repubblica non aveva potuto provvedere ad istituire strutture sufficienti per garantire a tutti l’accesso alla scuola statale, soprattutto dell’infanzia; di conseguenza molte famiglie erano state costrette ad iscrivere i loro figli alle scuole private. In ragione di questa funzione di "supplenza", alle scuole private (in gran parte dell’infanzia, ma anche elementari) vennero erogati, anno per anno e con modalità diverse, contributi da parte dello Stato. Un regime che avrebbe dovuto avere carattere temporaneo, in attesa dell’istituzione di scuole statali per tutti. Ma, si sa, in Italia nulla è più duraturo di ciò che è temporaneo; di conseguenza, non solo le convenzioni tra lo Stato e le scuole private sono rimaste in piedi, ma si sono via via trasformate in un regolare sistema di finanziamento, che ha "istituzionalizzato" la funzione delle scuole private paritarie, indipendentemente dalla funzione di "supplenza" esercitata da questi istituti (del resto ormai assolutamente limitata rispetto al periodo in cui le prime provvidenze erano state concesse).

È nel solco di questa lunga "tradizione" - ed in nome del principio della "parità scolastica" - che, anche per il prossimo anno scolastico, l’ormai ex ministro Giuseppe Fioroni ha emanato un "Regolamento" per la stipula delle nuove convenzioni con le scuole private per l’anno scolastico 2008/2009 (Dpr n. 23 del 9 gennaio 2008, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 febbraio 2008). Ed è per questa ennesima, palese, violazione dell’art. 33 della Costituzione che l’associazione nazionale "Per la Scuola della Repubblica" ha deciso, il 12 aprile scorso, di impugnare il provvedimento presso il Tar del Lazio.

La cosiddetta "parità" - spiega l’associazione nel suo ricorso - si riferisce esclusivamente al "trattamento scolastico" degli alunni delle scuole private, e non invece alle scuole, "la cui natura e le cui finalità privatistiche rimangono immutate". "L’ordinamento costituzionale impone quindi che sia assicurata l’istituzione di un sistema scolastico statale, che deve essere autosufficiente rispetto alla domanda sociale; prevede poi che, accanto ad esso, sia possibile anche la coesistenza di un sistema di scuole non statali, che devono necessariamente, però, avere un carattere aggiuntivo, anche e soprattutto perché, non essendo tenute a garantire il medesimo pluralismo culturale garantito nella scuola statale, non possono sostituirsi a quest’ultima, né ‘integrarsi’ ad essa nel garantire l’offerta scolastica". La legge sulla "parità scolastica" (la n. 62/2000) voluta dal ministro Luigi Berlinguer, che "avrebbe dovuto ricondurre il regime delle scuole private nell’ambito dei principi costituzionali", ha invece "introdotto ulteriori elementi di ambiguità, istituzionalizzando, in qualche modo, il cosiddetto ‘sistema integrato pubblico-privato’, mantenendo ed anzi rafforzando l’illegittimo sistema dei contributi statali"; Il sistema di istruzione pubblico e quello privato - sottolinea l’associazione "Per la Scuola della Repubblica" – hanno invece "natura, funzioni, finalità e, ovviamente, regole diverse; la scuola statale ha carattere nazionale (anzi, appunto, statale) e persegue prevalentemente l’interesse pubblico per una formazione libera ed aperta al confronto"; la scuola privata è "condizionata dalle scelte del soggetto che la istituisce; essa non è quindi tenuta a garantire la piena libertà di insegnamento, né un effettivo pluralismo culturale". È per questa ragione che l’art. 33 della Costituzione esclude "che possa istituirsi un sistema misto pubblico-privato di istruzione scolastica", perché tale sistema "non può garantire a tutti il diritto ad un’istruzione pluralista".

Né peraltro si può ritenere che i finanziamenti alle private siano compensati "dalla minore spesa pubblica derivante dall’utilizzazione delle scuole private; l’art. 33 non prevede tali forme di compensazione perché non prevede che una scuola privata possa essere istituita in sostituzione della scuola statale; il divieto è quindi radicale". Un principio di laicità che tra l’altro (come già rilevato dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la legge regionale dell’Emilia Romagna 52/95, la "madre" di tutte le leggi di "parità" scolastica, v. Adista n. 25/08), andrebbe a vantaggio della effettiva libertà di insegnamento delle stesse scuole private: "La preclusione del finanziamento pubblico non comprime - è scritto nel ricorso - ma addirittura esalta la libertà, che è inevitabilmente assoggettata a limiti e controlli quando la mano pubblica interviene per sostenerla finanziariamente". (valerio gigante)

 

 

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