ITALIANI, BRAVA GENTE.PER DINO BOFFO IL PERICOLO XENOFOBIA È SOLO “PROPAGANDA DELLA SINISTRA”
Tratto da: Adista Notizie n° 43 del 07/06/2008
34456. ROMA-ADISTA. A chi fosse preoccupato per le crescenti pulsioni xenofobe che stanno attraversando il Paese in quest’ultimo periodo; a chi - sfogliando i giornali e guardando i telegiornali - fosse sempre più allarmato di fronte alle continue notizie di roghi di campi rom, assalti a negozi di immigrati, aggressioni neonaziste a giovani di sinistra o semplicemente “non conformi” nell’aspetto e nell’abbigliamento; a tutti costoro, appunto, si potrebbe suggerire la lettura del quotidiano della Cei Avvenire e, soprattutto, le risposte dai toni comprensivi e concilianti verso il governo e le sue scelte in materia di sicurezza, che il direttore Dino Boffo, l’uomo forte del card. Ruini nella gestione di tutta l’informazione della Cei, sta dando ai suoi lettori, sempre più preoccupati del crescente clima di ostilità verso gli immigrati e i rom (oltre che stupiti della linea assunta dal quotidiano dei vescovi).
Secondo Boffo, infatti, se in Italia “è tornato a echeggiare il termine ‘razzismo’” la colpa è delle “forze politiche estremiste” (dell’estrema sinistra, naturalmente) e della loro propaganda. “Di razzismo sono stati tacciati, prima ancora che venissero resi noti, i provvedimenti del governo in materia di immigrazione clandestina e di ordine pubblico, forse pensando a chi oggi è in carica. Se ci fosse stata la compagine opposta su questo tema avrebbe ricevuto, quasi ‘a prescindere’, un trattamento contrario” (Avvenire, 27/5). Poche righe dopo Boffo rispolvera la litania degli “italiani brava gente”: “Mi pare strano che gli italiani – per indole, storia, e soprattutto coi fatti alla mano – vengano accusati di ‘razzismo’”. Dimenticando, tra gli altri, le leggi razziali del 1938, il direttore di Avvenire rilancia, affermando che “nessuno può accusarci di sentimenti e di idee che non ci appartengono” perché la “solidarietà” e la “simpatia verso lo straniero, soprattutto se povero” sarebbe nientemeno che una “caratteristica atavica del popolo italiano”.
Stessa linea anche nella risposta ad una lettera di un gruppo di lettori pubblicata il 25 maggio e rubricata sotto il titolo “Rom, e se chiedessimo perdono?”. “Lo svolgimento dei fatti non è ancora stato accertato - si legge nella lettera con riferimento all’episodio del presunto rapimento di una bambina napoletana da parte di una rom, notizia da cui hanno avuto origine le violenze di Ponticelli -, ma la ‘giuria collettiva’ ha già pronunciato una sentenza di colpevolezza etnica”. “Il meccanismo è tribale e irrazionale, non si lascia scalfire dai ragionamenti più ovvi: le responsabilità penali devono essere provate; sono sempre personali, non etniche; i furti di bambini molte volte annunciati sono, fino ad oggi, sempre stati smentiti. È in corso di stampa una ricerca condotta dall’Università di Verona e sostenuta dalla Fondazione Migrantes che mostra come negli ultimi 20 anni neanche uno dei casi denunciati sia stato provato. Ma è come se si sospendesse il civile buon senso”.
Rispondendo a questo gruppo di lettori, Boffo definisce innanzitutto la loro lettera una “provocazione”, mentre fa riferimento ai tragici roghi nei campi rom di Ponticelli come a degli “amari disordini”. “Se davvero questi tentativi di rapimento non hanno fondamento - domanda Boffo - perché qualcuno degli addetti ai lavori, verificata ad un primo esame l’inconsistenza dell’allarme, non tranquillizza l’opinione pubblica?”. Così, escludendo a priori qualsiasi possibile strumentalizzazione della questione Rom (oltre che il principio costituzionale della presunzione di innocenza) Boffo conclude: “Sarà solo la certezza comprovata che simili episodi sono davvero estranei alla cultura Rom” “a far riguadagnare serenità a una comunità emotivamente scossa. E non potrebbe, converrete, non essere così”.
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