TETTAMANZI NEL MIRINO: SI MOLTIPLICANO GLI ATTACCHI ALL’ARCIVESCOVO DI MILANO
Tratto da: Adista Notizie n° 57 del 26/07/2008
34540. MILANO-ADISTA. “L’hanno messo nel mirino”: l’espressione usata da don Gino Rigoldi con riferimento al suo vescovo descrive bene la difficile situazione in cui è venuto a trovarsi il card. Dionigi Tettamanzi a causa delle sue coraggiose prese di posizione, o – per riprendere un’altra formula di don Rigoldi – dei suoi comportamenti “da buon pastore” che lo hanno portato a scontrarsi più di una volta con le autorità politiche locali e nazionali.
Un campionario ben assortito di attacchi piuttosto velenosi rivolti all’arcivescovo di Milano lo si è potuto leggere in un articolo pubblicato dalla Stampa (12/7) a firma di Giacomo Galeazzi ed intitolato “Milano, la rivincita dei cattocomunismi”. L’articolo si apre dando la parola al direttore del settimanale ciellino Tempi, Luigi Amicone: “Più i catto-progressisti perdono terreno nelle parrocchie, più sentono il bisogno di riorganizzarsi attorno all’arcivescovo e al giornale [Famiglia Cristiana] che tengono in vita un marchio decaduto. Nuovi sentieri, stessi marciatori, dunque. Sono i soliti pacifisti, dossettiani e terzomondisti usciti a pezzi dalle urne”.
L’articolo riferisce poi il commento di Francesco Cossiga alla critica formulata dall’arcivescovo di Milano nei confronti della proposta governativa di utilizzare l’esercito in compiti di ordine pubblico: “È una vergogna che Tettamanzi insulti un ministro della Repubblica. Ho consigliato al premier di presentare una nota di protesta alla Segreteria di Stato chiedendone la rimozione e, in caso di rifiuto, di sospendere alla diocesi di Milano la quota statale dell’otto per mille” (v. Adista n. 55/08).
Don Gianni Baget Bozzo, interpellato sempre da Galeazzi, si è scagliato contro il nuovo asse del ‘cattolicesimo di sinistra’ italiano: “Il bastone del comando – spiega don Baget – è passato dalla prodiana scuola di Bologna al movimentismo antipolitico dell’arcidiocesi di Milano e della casa editrice San Paolo. Il pensatoio che ha ispirato la svolta è la Comunità di Bose e l’ecumenismo estremo del priore Enzo Bianchi è il collante ideologico dei nuovi cattocomunismi. Grazie a Dio, però, alla Chiesa ambrosiana filoislamica e modernista si oppone la Genova moderata e degasperiana di Bertone e di Bagnasco che per dialogare preferisce Scajola ai noglobal anti-Occidente e agli imam fomentatori dell’odio verso i cristiani”.
Parole, quelle di don Baget, che evocano le frasi spesso usate dagli esponenti milanesi della Lega Nord per censurare le prese di posizione del cardinale a difesa della libertà religiosa (vedi la minacciata chiusura della moschea di viale Jenner contro cui si è pronunciata – con grande forza – la Curia di Milano) e a tutela dei diritti umani, con particolare riferimento alla minoranza rom.
A seguito delle critiche del card. Tettamanzi allo sgombero del campo nomadi alla Bovisasca, nello scorso mese di aprile, il capogruppo leghista in consiglio comunale Matteo Salvini aveva tuonato: “Il cardinale si occupi di anime e dei diritti degli italiani che ogni giorno subiscono la violenza dei rom e, se proprio vuole aiutare quei mantenuti, allora apra le porte dei suoi palazzi e li ospiti”. Lo stesso Salvini, in occasione della recente polemica su viale Jenner, ha invitato il responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose della diocesi, mons. Gianfranco Bottoni, ad andare “in Arabia Saudita a parlare coi preti perseguitati”. “Lui e il suo capo sono come quei magistrati che facendo politica screditano la categoria intera. Personaggi che con le parrocchie hanno poco a che fare” (v. Adista n. 55/08).
“Una porpora rossa” viene definito il card. Tettamanzi da Alfredo Biondi, tre volte ministro della Repubblica ed ex deputato di Forza Italia (insieme ai colleghi Jannuzzi e Sterpa, in chiusura della scorsa legislatura, ha ‘tecnicamante’ aderito alla lista antiabortista di Giuliano Ferrara per consentirle di presentarsi in tutte le circoscrizioni senza l’obbligo di raccogliere le firme necessarie), in un’intervista rilasciata al quotidiano online Petrus (e ripresa sempre nell’articolo di Galeazzi): “È una porpora rossa - ha dichiarato Biondi - nel senso ideologico del termine. Appartiene alla ‘casta’, non ho simpatia per lui, men che mai oggi che un giorno attacca il governo e l’altro, sia pur più velatamente, il papa. Ma chi crede di essere compiendo tutte queste invasioni di campo? Si limiti a fare il pastore, senza ribellarsi alle autorità dello Stato e al Santo Padre. Non c’è che dire, quella di Milano è una buona scuola, il Cardinale Martini ha dato l’esempio”.
Più mirato è stato invece l’attacco di Giuliano Ferrara, che sul quotidiano da lui diretto, il Foglio, ha pubblicato un articolo intitolato: “Eminenza, non è che non sappiamo più dirci cristiani?” (14/7). Il riferimento è al pacato e lucido intervento sul caso Englaro pubblicato dall’arcivescovo di Milano su Avvenire (12/7): “È questo - ha scritto Ferrara - che ci si deve aspettare da un vescovo, nella tempesta di idoli che furoreggia intorno al tema della vita umana?”. “L’articolo [di Tattamanzi, ndr] si propone e si autocomprende come un intervento in punta di piedi, che non fissa confini in nome della verità, non stabilisce le condizioni di una scelta secondo giustizia, non azzarda giudizi che implichino la decisione responsabile nella direzione auspicata. Gli argomenti più seri e forti si sminuzzano e si disfano alla fine nel metodo, e non si capisce se si debba lasciare Eluana alle suore Misericordine che l’hanno curata con amore o invece staccare quel sondino e provocare una morte lenta e dolorosa. Che cosa si debba fare, a parte coltivare la riflessione di coscienza, e come ci si debba comportare: questo non si capisce, su questo c’è pensiero tiepido, glossa alla vita reale senza sporcarsi la penna, le mani, il cuore”.
Va infine segnalata la polemica sui teologi milanesi ospitata dal blog del vaticanista dell’Espresso Sandro Magister. Dopo aver citato il preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, nonché vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Milano, Franco Giulio Brambilla, quale possibile futuro segretario generale della Conferenza episcopale italiana, Magister ha ripreso alcuni passaggi dell’autobiografia del card. Giacomo Biffi, che di quella facoltà fu professore negli anni ’50: “In questo deserto descritto dal cardinale Biffi – ha scritto Magister - l’unico che egli salva, il suo quasi omonimo ma non parente Inos, da alcuni anni neppure insegna più nella facoltà di Milano. E i nuovi teologi? I professori di fama che oggi tengono cattedra nella facoltà di Milano, da Franco Giulio Brambilla a Pierangelo Sequeri, da Giuseppe Angelini a Sergio Ubbiali? Il cardinale nel suo libro non ne fa parola, ma l’altro Biffi, Inos, ha rivolto loro in più occasioni varie critiche. Una in particolare: l’incomprensibilità del linguaggio. In effetti, lo scrivere difficile è una prerogativa risaputa dei teologi milanesi. A parte Brambilla, che al confronto brilla per chiarezza, gli altri tre citati mettono a dura prova anche i lettori meglio disposti”. (emilio carnevali)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!