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I GEMITI DEL CREATO: UNA SFIDA PER LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Tratto da: Adista Documenti n° 72 del 18/10/2008

1. La riconciliazione tra teologia cristiana ed ecologia

Non possiamo negare che l’ecologia è sorta in ambienti estranei alla Chiesa e che, fino a mezzo secolo fa, le Chiese non solo non mostravano sensibilità per la questione ecologica, ma mantenevano anche una visione antropocentrica contraria alla cura della natura. Lo stesso sistema patriarcale e capitalista è sempre sembrato legittimarsi a partire da una visione del mondo che per convenzione è stata chiamata “cultura giudaico-cristiana”.

Diversi studiosi europei ed americani hanno ricondotto a tale cultura giudaico-cristiana la mentalità dominante nella società occidentale, responsabile del mancato rispetto dell’ambiente e della distruzione della natura. Il pioniere di questa critica appare Lynn White Jr, il quale, nel suo articolo su “Le radici storiche della nostra crisi ecologica”, pubblicato dalla rivista Science, invita gli ambientalisti a rompere con l’eredità giudaico-cristiana, ritenendola responsabile della distruzione della natura, e propone il riscatto delle antiche religioni animiste e di elementi delle religioni orientali. L’accusa più grave è che la religione giudaico-cristiana ha preso troppo sul serio l’antropocentrismo esacerbato della Bibbia, secondo cui Dio ha creato l’essere umano come “signore della creazione”, con il compito di soggiogare la natura e di domarla a suo piacere, e l’essere umano è, tra tutti gli esseri, l’unico creato “a immagine di Dio”, l’unico da considerare “a somiglianza di Dio” (cfr Gn 1,28; sal 8). Questa concezione biblica ha offerto all’essere umano il supporto per sfruttare la terra e distruggerla, invece che per relazionarsi ad essa amorevolmente. (...).

Negli anni ’70 e ’80, il movimento biblico post-conciliare si diffuse per tutta l’America Latina, generando movimenti come quello della lettura popolare e liberatrice della Bibbia, divulgata dal Cebi (Centro di Studi biblici) in Brasile, dal Dei (Dipartimento ecumenico di ricerche) in Costa Rica e da altri centri ecumenici di studio e pastorale. All’inizio, alcuni biblisti più sensibili hanno riconosciuto che la Bibbia, scritta a partire dalla situazione che viveva l’antico popolo di Israele, si era trovata nella necessità di reagire alle religioni della natura dominanti negli Imperi oppressori (Egitto, Babilonia e Stati cananei) e che, per questo, manca in essa una più approfondita visione ecologica. Ma hanno fatto acrobazie esegetiche e teologiche per trovare nella Bibbia testi che predicano e diffondono l’amore per la natura. Anche in anni più recenti, in tutto il mondo e in America Latina, gruppi e persone hanno cercato di leggere la Bibbia a partire da una nuova sensibilità. Con onestà e rispetto per la storia e per le Scritture, hanno tentato di rintracciare, partendo dalla Bibbia, un profondo amore per la terra e per la natura in cui siamo immersi. In tutte le lingue, troviamo riviste teologiche cristiane e studi esegetici che assumono una prospettiva storico-critica ma mostrano una visione biblica e cristiana che promuove l’ecologia. In generale, questi studi esprimono ancora una necessità di salvare la Bibbia dal banco degli accusati.

Senza negare la bellezza e la pertinenza di molti di questi studi, penso che una Teologia pluralista della Liberazione debba richiamare l’attenzione sul fatto che, se la Bibbia non sviluppa tutti i punti che consideriamo positivi e non contiene tutta la rivelazione di cui il mondo ha oggi bisogno, è segno che dobbiamo aprirci a quello che lo Spirito ci dice in altre culture e tradizioni spirituali dell’umanità. In America Latina, le religioni indigene e nere possiedono un elevato senso di comunione con la natura. La relativa povertà del cristianesimo su tale questione può essere uno strumento opportuno per la necessaria umiltà delle Chiese nell’ap-prendere da altre culture quanto Dio ha rivelato ad esse. In ogni modo, è bene segnalare che quest’area dell’esegesi biblica più aperta è stata un luogo di dialogo e di riconciliazione tanto con le altre culture religiose quanto con il mondo della scienza.

Alcuni teologi impegnati sulla linea della liberazione, come Leonardo Boff e Ivone Gebara in America Latina, Jurgen Moltmann e José Ramos Regidor in Europa e Mattew Fox ed Elizabeth Schussler Fiorenza negli Stati Uniti, già all’inizio degli anni ’90, hanno cominciato a sviluppare l’Eco-teologia e la Teologia eco-femminista. Il libro di Leonardo Boff “Ecologia, Grido della Terra, Grido dei poveri” ha conquistato il riconoscimento di “miglior libro dell’an-no” in Brasile e ha ottenuto un tale successo nel mondo che questo teologo è stato invitato dall’Unesco a far parte della commissione internazionale incaricata di raccogliere i contributi provenienti dalle basi e di formulare la “Carta della Terra”.

A partire da qui, altri teologi e teologhe hanno posto le basi di un dialogo per una teologia ecologica macroecumenica e pluralista. Per affrontare la questione ecologica e operare un vero salto epistemologico nel modo di affrontare la causa della liberazione, questi autori ed autrici non sono neppure sempre partiti dalla metodologia consacrata dalla Teologia della Liberazione. Era un processo comprensibile, ma, più di una volta, anche in incontri teologici (come quello della Soter nel 2001), ci si è chiesti se essi non avessero abbandonato l’opzione per i poveri e se quello dell’ecologia non fosse un tema specificatamente occidentale e persino borghese. Ma non si può dimenticare che i libri più famosi e significativi che in America Latina sono stati scritti su tale argomento univano giustamente “il grido dei poveri e il grido della Terra” (...). È normale che chi apre una strada non possa sviluppare tutte le implicazioni del nuovo cammino.

Tra gli amici, Leonardo Boff si è lamentato che, ad oggi, il tema dell’ecologia non è stato ancora profondamente assunto dalla teologia e neppure dalla Teologia della Liberazione. Il pretesto o la scusa che, in questa nuova ricerca, la questione dell’opzione per i poveri sia meno esplicita non sembra, in fondo, giusta. In questo modo, infatti, l’opzione per i poveri viene considerata come tema in sé e non come un luogo teologico o un criterio a partire da cui si trattano i grandi temi teologici o umani, come appunto quello dell’ecologia. In ogni modo, se la critica relativa ad una presunta separazione della questione ecologica dall’impegno con gli oppressi non è giusta, senza dubbio gli stessi autori dell’Eco-teologia concordano sul fatto che resta ancora da fare una “tessitura” più organica tra il cammino percorso dalla TdL nel Continente  e il nuovo cammino di una “Eco-teologia della Liberazione” (...).

 

2. Le sfide della questione ecologica per la Teologia della Liberazione

Questo tema è delicato perché potrebbe facilmente suonare come una critica a compagni e compagne che rispetto e ammiro profondamente. Qui si tratta di elencare alcune sfide attuali attraverso cui vedo passare la Teologia della Liberazione ma senza in alcun modo ridimensionare il valore immenso del contributo offerto dai compagni che militano in questo settore.

 

2.1. Una teologia accademica che vuole essere popolare

Tale questione va oltre il dialogo tra TdL e movimenti ecologici, ma di sicuro lo tocca molto da vicino. Da un lato, è fondamentale che la TdL sia entrata in varie università e conti su dottori e professori che la difendano e l’approfon-discano. Dall’altro, se la relazione tra l’università e la strada rappresenta sempre una sfida, la produzione di una teologia con i presupposti metodologici della TdL esige sempre di più un inserimento negli ambienti popolari e il coinvolgimento di quanti la studiano nel cammino dei movimenti popolari e delle religioni tradizionali del nostro popolo.

La testa pensa secondo il luogo in cui i piedi camminano. (...). La prima generazione dei teologi della liberazione si è formata in Europa e resta legata a questa matrice, per quanto in modo critico. Le generazioni più giovani si sono formate in Europa o in centri autorizzati nel continente latinoamericano. Ciò è positivo, ma porta con sé la sfida di continuare a produrre una teologia che risulti dalla prassi liberatrice, cioè dall’inserimento nel cammino liberatore degli oppressi. (...). Questa sfida si presenta anche in relazione alla dimensione ecologica. Per la Teologia della Liberazione, l’ecologia non può essere solo un tema astratto o un elemento di discussione. Quello che è in gioco è la vita stessa, alla quale la Teologia della Liberazione ha sempre voluto consacrarsi. Per fare un esempio, in Brasile la discussione sul progetto di deviazione delle acque del fiume São Francisco è stata condotta non da teologi e teologhe che lavorano sulla linea dell’Eco-teologia bensì dal vescovo dom Luiz Cappio e dalle pastorali popolari. E questi operatori di pastorale non hanno avuto (o non hanno potuto avere) la cura di approfondire una metodologia teologica con le necessarie mediazioni sociali e politiche. Tutto si è svolto intorno al digiuno del vescovo, che ha dovuto sospenderlo 20 giorni dopo (...). Vari teologi della liberazione che hanno scritto di Eco-teologia hanno firmato un appello (io stesso l’ho sottoscritto) in appoggio alla causa del vescovo, ma senza sollevare la questione se il metodo seguito da dom Cappio e dai gruppi di pastorale fosse il più adeguato per quel momento politico. Il clima coinvolgente che si era stabilito non facilitava posizioni che potessero suonare come non solidali con il vescovo. Ma anche così Jung Mo Sung e Luiz Alberto Gòmez de Souza facevano notare che in quella mobilitazione di tipo religioso mancavano le mediazioni socio-politiche, tanto importanti nello sviluppo di una vera Teologia della Liberazione. In questo episodio, come in altri, si è avvertito un certo iato tra teologia e impegno pastorale concreto. Un’Eco-teologia della Liberazione che avesse approfondito questo punto sarebbe stata certamente di grande aiuto alla causa delle pastorali sociali.

 

2.2. La sfida di una teologia della creazione eco-liberatrice

La teologia della creazione è l’elemento primo e fondamentale nel dialogo tra TdL e pensiero ecologico. (...). Esistono elementi di una teologia ecologica della creazione in vari articoli e in alcuni studi esegetici. In generale, si tratta di buoni testi, ma la maggior parte di essi sembra ancora esprimere una matrice epistemologica riconducibile alla cultura greco-romana, come è stata sviluppata nel Medioevo da San Tommaso, e totalmente incapace di assorbire o almeno di dialogare con il pensiero attuale delle scienze della natura, come la Fisica Quantica (pure studiata e citata da teologi come Leonardo Boff e Luis Carlos Susin e da pastoralisti come Frei Betto), con prospettive del neodarwinismo e con altre correnti del pensiero contemporaneo. Senza dubbio, manca ancora uno studio sulla linea della Teologia della Liberazione che unisca creazione e salvezza, natura e storia, missione dell’essere umano e vocazione divina di tutto l’universo.

 

2.3. La visione di Dio a partire dalla cosmovisione olistica e dalla TdL

Il tema della Trinità è stato affrontato da Leonardo Boff e da altri a partire dalla fine degli anni ’80. Ma, generalmente, la visione di questi testi è ancora naturalmente antropocentrica (“La Trinità è modello e fonte della comunità umana”). La questione ecologica interpella la stessa visione di Dio e pone in discussione la Teologia della Liberazione riguardo al suo modo di parlare di un Dio impegnato nella liberazione degli oppressi ma, in certo modo, ancora separato dalla natura, dalla terra, dall’acqua e da tutto l’universo.

Leonardo Boff e altri hanno assunto la già classica distinzione tra panteismo (tutto è Dio) e panenteismo  (Dio è in tutto o tutto è in Dio), esplicitata dal filosofo tedesco Karl Christian Frederich Krause (colui che ha inventato il termine). Questo certamente ha aiutato ad avvicinare la TdL ad una visione olistica della divinità, nella quale lo stesso universo è visto come il corpo della divinità e questa si manifesta nell’insieme della vita nel pianeta. In questa direzione, una sfida per la nuova TdL è sviluppare una Pneumatologia Ecologica, sulla linea già avviata da Moltmann, ma applicandola all’America Latina e in dialogo con le religioni indigene e nere.

 

2.4. Per una liberazione olistica

Questa nuova visione della divinità deve unire l’elemen-to critico sempre sviluppato dalla TdL alla dimensione ecumenica relativa alle visioni di Dio rivelate dalle tradizioni popolari latinoamericane.

Ponendosi come una teologia della vita e a servizio del Dio della vita, la TdL parlava esclusivamente della “vita umana”, slegata dagli altri esseri viventi. Tutto il paradigma della liberazione si è basato sull’Esodo e sulla storia, quasi in opposizione ad una visione di Dio operante nella natura. (...). Sotto un certo punto di vista, l’antropocentrismo e il patriarcalismo contenuti in varie opere della Teologia della Liberazione trovavano giustificazione in un contesto latinoamericano che indicava priorità più immediate, ma non per questo esse sfuggono alla critica che le correnti ecologiche rivolgono alla teologia cristiana più tradizionale.

 

2.5. A proposito dell’inserimento “popolare” della TdL oggi

Già negli anni ’90, p. José Comblin affermava che la Teologia della Liberazione aveva optato per i poveri e che questi avevano optato per le Chiese pentecostali. È chiaro che questa analisi richiede delle sfumature e porta con sé diverse spiegazioni, ma oggi le stesse comunità ecclesiali di base e molte delle pastorali popolari hanno una sensibilità diversa da quella dei movimenti popolari degli anni ’70. In vari casi, questa sensibilità si avvicina più a quella delle comunità povere delle show-messe e dei movimenti carismatici che al linguaggio della liberazione a cui eravamo abituati. Fino alla fine degli anni ’80, in molti ambienti di pastorale popolare, l’ecologia era vista come una questione della classe media, mentre le religioni nere ed indigene hanno sempre vissuto la venerazione e la cura nei riguardi della natura. La Teologia della Liberazione ha un debito con queste religioni ed è importante approfondire questo tema. (...).

 

2.6. E la relazione tra TdL e magistero ecclesiastico?

Con la scusa (giustificata) dell’inserimento nella realtà popolare, la maggior parte dei settori della Teologia della Liberazione, se si è sempre collocata criticamente rispetto al potere politico vigente (molte volte dittatoriale ed elitario) nei nostri Paesi, ha cercato però non solo di non criticare ma persino di cooptare e conquistare la gerarchia delle Chiese alla causa della Teologia della Liberazione.

Questo sforzo, nella realtà, porta i teologi ad assumere espressioni e posizioni proprie della stessa teologia dei ministeri del papa e della gerarchia cattolica o di quella più conservatrice delle altre Chiese. Basta leggere la maggior parte degli scritti dei nostri teologi sulla Conferenza di Aparecida, in cui pare di essere ancora negli anni ’70, quando la parola d’ordine sembrava quella di dimostrare che il papa e i vescovi erano dalla nostra parte. Ma, in questo modo, la TdL né ottiene l’accettazione ufficiale a cui tale posizione aspira, né resta libera di osare una teologia nuova e autenticamente ecologica. In questa posizione di cooptazione, nessuno sa chi coopta chi. Per esempio, ad Aparecida, sono stati i teologi delle comunità popolari a cooptare vescovi amici e ad ottenere che la conferenza risultasse meno elitaria e più aperta al cammino dei nostri popoli o sono stati piuttosto i vescovi a cooptare i teologi per legittimare il proprio documento, essenzialmente pensato a partire da un’ideologia di conquista, ma abbellito da un  paragrafo favorevole alle Cebs e alle pastorali popolari? Ma è il caso di parlare di cooptazione, dal momento che sia gli uni che gli altri agiscono con la più profonda sincerità della loro fede? In ogni modo, slegata o libera dalle gerarchie, con l’attuale chiusura delle strutture ecclesiastiche la teologia diventerà marginale al punto da non avere più alcuna ripercussione, né potremo mai avere una teologia più olistica ed ecologica. In un tale clima di repressione, non si può fare nessuna teologia, nemmeno la più tradizionale, tanto meno una nuova Teologia della Liberazione. Per quanto sia scomodo o sgradevole questo punto, un congresso o un seminario di teologia, attualmente, non dovrebbe sfuggire a questa sfida. Chissà se in questo cammino le donne e le persone meno vicine alla gerarchia (più laiche) possano svolgere un ruolo importante su questo punto.

 

3. Piste e cammini aperti per un’Eco-teologia della Liberazione

Alla fine degli anni ’90, mons. Oscar Romero traduceva il pensiero di Irineo da Lione dicendo: “La gloria di Dio è la vita e la liberazione degli impoveriti”. Senza dubbio, oggi egli direbbe che questa vita e questa liberazione dei poveri dipendono dalla vita e dalla liberazione della terra, dal-l’acqua che è stata trasformata in merce e dal diritto di tutti gli esseri viventi. Per concludere, accenno qui ad alcuni elementi che possono rappresentare cammini nuovi per l’elaborazione di una Eco-teologia della Liberazione.

 

3.1. Un nuovo strumento di analisi

Quando ebbe inizio, la TdL rese popolare in America Latina uno strumento di analisi sociale che non aveva paura di riprendere elementi dal marxismo, così come, nel Medioevo, Tommaso d’Aquino aveva assunto la sfida di rompere con la teologia platonica, ripensando la fede cristiana a partire dalla filosofia aristotelica. Attualmente, senza mettere da parte conquiste che sono state incorporate nel metodo di analisi della TdL, ci si presenta una nuova sfida: elaborare la teologia e le sue parti a partire dall’attuale cosmologia, da scienze come la Fisica quantica e dai nuovi paradigmi che danno consistenza ai cosiddetti movimenti della “Nuova Coscienza”. Non si tratta di assumere tutto o di incorporare ogni dettaglio (...), ma di elaborare la Teologia della Liberazione con un piede nell’impegno concreto di solidarietà nei confronti dei movimenti popolari e con l’altro nel dialogo con queste correnti nuove dell’umanità. Leonardo Boff e alcuni teologi e teologhe già hanno iniziato questo percorso, ma è necessario approfondirlo e applicarlo ai diversi settori della teologia, soprattutto alle teologie nere ed indigene in cui questo elemento appare meno esplicito (la teologia femminista latinoamericana ha sviluppato maggiormente questo aspetto).

 

3.2. Una teologia veramente etico-spirituale

Se la teologia della liberazione ha sempre avuto nelle sue radici una profonda spiritualità di ascolto della Parola divina e la scelta di vivere la misericordia nella solidarietà con gli oppressi, probabilmente l’Eco-teologia non aggiungerà grandi novità teoriche a tanti studi e ricerche in quest’area, ma potrà contribuire rafforzando una spiritualità ecologica (macroecumenica) e pluralista.

Oggi si parla tanto di “spiritualità”, termine in certo senso nuovo nel mondo teologico. Ma di che si tratta specificatamente? Il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, che nessuno può accusare di appartenenza alla Teologia della Liberazione, ha scritto: “È l’atteggiamento fondamentale, pratico o esistenziale, che è la conseguenza e l’espressione che la persona dà alla propria esistenza religiosa o, più in generale, al proprio impegno etico”. Tradotto concretamente, la spiritualità è “il senso che si può dare alla vita”. Ora, che senso avrebbe la vita se non fosse relazione con l’altro? Forse, altre tradizioni collegano la spiritualità alla ricerca di intimità con la divinità ma non sottolineano molto il fatto che il primo luogo in cui Dio incontra l’essere umano è l’altro. Nella Bibbia, questa è la verità più esplicita. Dalla domanda di Dio a Caino “dov’è tuo fratello?” fino alla promessa della nuova Gerusalemme nell’Apocalisse, dove “non ci sarà più né pianto, né lutto, né dolore” (Ap 21) e, come dice Paolo, “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15), spiritualità è riconoscere il divino nell’altro. (...).

Ora, la Teologia della Liberazione è chiamata ad ampliare la percezione di questo altro che non è solo l’altro essere umano, ma ogni essere vivente e la creazione stessa. Se non ci uniamo a tutte le tradizioni spirituali che ricordano all’umanità la presenza divina in tutti gli esseri e fanno appello affinché l’incontro con la divinità si dia in questa comunione con la natura, uno sforzo ecologico solo tecnico e scientifico non riuscirà a ripercuotersi sulle fasce popolari in tempo sufficiente a evitare la tragedia che già si annuncia. Resta la sfida di come e in che direzione sviluppare questa Eco-spiritualità della liberazione. Di nuovo, l’esperienza delle tradizioni spirituali delle comunità nere e indigene può essere di grande aiuto in questo cammino.

 

3.3. L’Eco-teologia della pace e di una nuova mondialità

(...) Felix Guatari ha parlato delle tre ecologie: quella ambientale, quella sociale e quella mentale o interiore. Comunemente, si pensa che, fin dalle sue origini, la TdL si è sempre occupata di ciò che per convenzione è chiamata “ecologia sociale”, ed è vero. Ma l’ecologia è lo studio delle connessioni e delle relazioni. Nel caso dell’ecologia sociale, ogni intervento per liberare gli impoveriti ha un contenuto ecologico chiaro, ma la visione ecologica richiede non solamente la lotta sociale bensì anche la connessione tra la lotta sociale e l’integrazione dell’essere umano nell’universo. Quanto all’ecologia mentale o interiore, si tratta di integrare la dimensione della soggettività, cosa che fino ad oggi continua a rappresentare una sfida difficile per molti che abbracciano il cammino della liberazione. Come sviluppare una vera Eco-teologia liberatrice senza avere il coraggio di affrontare le strutture repressive delle Chiese che, su piani come quello della morale personale, opprimono le persone e trasmettono un’immagine tanto severa di Dio?

L’ecologia sociale in tutto il mondo cerca di sviluppare nelle persone una cultura di pace e di nonviolenza. La TdL, che, in altri momenti della storia, ha dovuto assumere il conflitto e anche appoggiare strategicamente movimenti rivoluzionari, oggi deve sviluppare una teologia della pace che non si limiti solamente agli elementi teorici e pedagogici di una teologia della pace del primo mondo, ma accetti di costruire la pace a partire dalla causa degli oppressi. È urgente elaborare una TdL a partire da una concezione olistica di cittadinanza planetaria e di costruzione interculturale e interreligiosa che la stessa teologia europea, anche la più aperta, non ha avuto ancora la possibilità di sviluppare.

In un seminario di contadini dell’Amazzonia, un pescatore dichiarò: “La coscienza della terra è come la nostra vita. La terra è la nostra vita”. In una visione più universale, queste parole ci ricordano quelle di un antico filosofo cinese, Chiang Tsai: “Il cielo è mio padre e la terra è mia madre. Anche una creatura piccola come sono io trova accoglienza in essi. Per questo motivo, in tutto ciò che costituisce l’universo vedo il mio corpo. Tutti gli esseri umani sono miei fratelli e tutte le cose sono mie compagne”. Questo tipo di affermazione viene dalla fede nella vita e dall’amore per l’universo. È compito della teologia dare fondamento e sviluppo positivo a questo cammino.

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