Nessun articolo nel carrello

UN’“UTOPIA CHE FUNZIONA”

Tratto da: Adista Documenti n° 80 del 15/11/2008

La somiglianza tra il primo cristianesimo e il socialismo utopico è stata messa in risalto da diversi intellettuali comunisti prima della rivoluzione russa del 1917. Nel 1908, l'au-tore tedesco Karl Kautsky (1854 - 1938) - il più importante teorico della Democrazia Sociale Tedesca dopo la morte di Friedrich Engels (1895) - scrisse un libro su L'origine del cristianesimo. Le conclusioni di questo studio molto approfondito sono oggi accettate dalla maggioranza degli studiosi di origine cristiana: il cristianesimo delle origini è un'“utopia socialista” rivolta alle classi lavoratrici (schiavi, liberti, artigiani, piccoli commercianti).

Ma le conclusioni di Kautsky non entrano facilmente nelle Chiese, poiché si confrontano col modo in cui oggi il cristianesimo si organizza, con la sua struttura gerarchica e il suo carattere corporativo.

Molto dipenderà, in futuro, dalla sincerità con cui i cristiani guarderanno - o meno - in faccia la loro origine, e l'energia che avranno - o non riusciranno ad avere - per cambiare il corso del cristianesimo attuale. Sarà certamente un lavoro penoso, poiché è difficile accettare che la Chiesa si sia allontanata da aspetti fondamentali del cammino tracciato da Gesù. Più difficile ancora sarà correggere le rotte tracciate da secoli.

Ciò che può aiutare è la conoscenza delle opere concrete dei cristiani delle prime generazioni, che sono molto simili a ciò che certi gruppi cristiani fanno oggi nelle nostre società. In generale, rievocare le origini del cristianesimo causa sorpresa nella maggioranza dei cristiani. Un cattolico, per e-sempio, abituato a vedere il papa occupare un palazzo come tutti i dignitari del mondo e identificarsi con loro nel modo di parlare e di presentarsi, avrà difficoltà a immaginare come possano essere state le origini. Causa sorpresa leggere che gli uomini e le donne delle prime generazioni cristiane aprivano le loro case a coloro che venivano dalle regioni dell'interno per cercare lavoro a Roma o in altre metropoli dell'impero romano, come Alessandria e Antiochia, o che mettevano a rischio la loro vita per prestare cura alle persone nel caso dello scoppio di una epidemia.

In una Agenda Latinoamericana che si focalizza sulla prossimità tra il sogno socialista e il sogno cristiano, vale la pena ricordare alcuni esempi della vita concreta del cristianesimo, intorno al primo secolo, settanta anni dopo la morte di Gesù. L’agire di questi cristiani può essere chiamato l'“utopia che funziona”, poiché formava effettivamente comunità fraterne e giuste. Queste piccole azioni cristiane, nei più piccoli angoli del corpo sociale di quei tempi, apparentemente non cambiarono il corso della storia. Ma furono esse che diedero vigore ad una struttura che, purtroppo, in seguito deviò e cominciò a sognare potere, status, onore e posizione nella società. L’agire di questi cristiani comunitari non deve essere confuso con l’assistenzialismo, poiché qui non è il ricco che dà la mano al povero, ma sono i poveri stessi che si aiutano a vicenda e si danno una mano tra loro. Di conseguenza, parliamo qui di “beneficiari” all'interno di una circolarità di servizi: i “beneficiari” di oggi sono prontamente chiamati a rendersi a loro volta “benefattori”, nel caso decidano di partecipare ad un gruppo cristiano.

L’autore tedesco Ernst Bloch, comunista e autore del li-bro Il principio speranza, qualifica il cristianesimo emergente del primo secolo (e ancora molto tempo dopo) come uno degli esempi più impressionanti di una “utopia che funziona”. Si tratta di un'affermazione di grande valore poiché Bloch non era cristiano né aveva simpatia per la Chiesa. Con la sua valutazione, Bloch porta alla luce una storia che non è stata raccontata dagli storici dell'epoca (come Tacito o Svetonio). Questi storici non conoscevano quello che succedeva alla base della società. E questa era ugualmente assente dalla storia della Chiesa, che era solita occuparsi di questioni di organizzazione interna. Richiamiamo qui solo alcuni esempi, poiché il tema è molto ampio.

La cassa comunitaria. San Paolo, intorno all'anno 50, raccomandava che il primo giorno della settimana (domenica) si mettessero da parte, in una brocca, le monete che avanzavano dalle spese settimanali pianificate dalla famiglia. Queste monete erano per i poveri, le vedove, gli orfani, i malati e gli storpi mantenuti dal nucleo cristiano locale (1 Cor 16,2). Lo stesso Paolo già raccoglieva denaro da portare ai poveri del nucleo di Gerusalemme, nel 49. Nella sua Apologia (67, 5-6), Giustino descriveva, in particolare, come questo funzionasse nei nuclei a Roma, nella metà del II secolo. Nella Tradizione Apostolica, del 218, si menzionavano i pa-sti organizzati specialmente per i poveri. Queste pratiche devono aver resistito nei secoli, poiché alla metà del IV secolo, quando l'imperatore Giuliano volle correggere la politica del suo predecessore Costantino, protettore del cristianesimo, pretendendo di tornare al paganesimo come religione ufficiale dell'impero, raccomandò che le autorità locali seguissero il modello cristiano e creassero locali di assistenza sociale e ospitalità. Questo dimostra la profonda penetrazione del cristianesimo negli ambienti popolari.

Gli stranieri. I nuclei cristiani erano attivi nell'assistenza alle persone senza cittadinanza romana, i cosiddetti “stranieri” o paroikoi (gente senza terra, senza cittadinanza, senza posizione sociale riconosciuta. Da lì venne il termine “parrocchia”). Davano loro un sentimento di appartenenza, di dignità e di identità sociale. Lo straniero era il “signore” del nucleo cristiano, la casa era sua.

Le vedove e gli orfani. Un gruppo sociale che riceveva particolari benefici era quello delle vedove e degli orfani. L'at-tenzione per entrambi era un'eredità diretta della sinagoga, che aveva mantenuto lungo i secoli un'impressionante struttura di sostegno alla vedovanza e alla povertà. Talmente impressionante che l'imperatore Giuliano scriveva nella metà del IV secolo: “Non si vede un solo giudeo mendicare per strada”. La grande differenza tra la carità giudaica e quella cristiana stava nell'inclusione. Mentre la sinagoga si riferiva solo ai giudei, i nuclei cristiani accoglievano tutti. La lettera attribuita all'apostolo Giacomo, e che circolava in Siria intorno al primo secolo, definiva la religione nel modo seguente: “visitare orfani e vedove nelle loro necessità e custodirsi liberi dalla corruzione di questo mondo” (1, 27). Nella società romana le vedove erano numerose e giovani, poiché le donne normalmente si sposavano ben più giovani degli uomini. I nuclei davano loro un'identità. Per esempio, una lettera del vescovo Dionisio di Roma, datata 251, raccontava che quella chiesa sosteneva più di 1500 vedove e indigenti.

I morti. Altro punto dell’azione cristiana era la sepoltura dei morti. Ancora una volta è l'imperatore Giuliano che ci informa sul persistere di questo servizio nel IV secolo. I cimiteri cristiani a Roma, Alessandria e Antiochia ancora oggi sono visitati e costituiscono una delle prove più importanti della vitalità del movimento cristiano dell'epoca.

I perseguitati. Riconosciuti e gratificati nella loro auto-stima, erano coloro che venivano trascinati davanti alle autorità e sottomessi agli interrogatori e che non rinnegavano. Essi avevano un posto d'onore riservato nei luoghi di riunione. Infatti non erano rari coloro che soffrivano la prigione o la confisca dei  beni da parte delle autorità dell'impero. Coloro che arrivavano a morire senza rinnegare la loro fede venivano ricordati per sempre: uomini che avevano sofferto a causa del nome del Figlio di Dio, che avevano sofferto coraggiosamente, con tutto il cuore, consegnando la vita. I loro nomi figurano fino ad oggi nei martirologi.

Il riscatto degli schiavi. Un servizio sociale molto apprezzato tra schiavi e liberti consisteva nel pagamento di un prezzo di riscatto per i prigionieri di guerra in seguito ridotti in schiavitù. Il termine dato a questa azione, che si mantiene durante i secoli, era “riscatto dei prigionieri” o semplicemente “riscatto”. Durante il Medio Evo furono create congregazioni religiose specificatamente dedite al riscatto di schiavi (soprattutto dalle mani degli islamici). Il mantenere persone in condizione di schiavitù dopo averle comprati come “barbari” era un costume tollerato dai giuristi romani, anche se si trattava di cittadini romani. Il cristianesimo non tollerava questo abuso e i nuclei facevano il possibile per promuovere il “riscatto” effettivo, che portava loro immensa simpatia da parte di eventuali beneficiari/e. Un testo forte e inconfondibile in questo senso è quello di Clemente Romano, che scriveva intorno al 100: Conosciamo molti tra noi che si consegnano alle catene (della schiavitù) per liberare altri. Non pochi si consegnavano come schiavi e, con il prezzo della vendita, davano cibo agli altri.

Le epidemie. Eccezionalmente, l'azione dei nuclei cristiani si faceva sentire anche nell'ora di un'epidemia, generalmente accompagnata dalla carestia. Eusebio racconta che i cristiani furono gli unici a visitare, curare e seppellire le vittime di una peste che comparve nella città di Alessandria nel 259, facendo molti morti. In quell'occasione, dice Eusebio, le persone erano solite lasciare i malati nelle strade per paura del contagio, ma i cristiani li portavano dentro le case. Lo stesso fatto si ripeté tra il 305 e il 313, quando la peste fu accompagnata da un'estesa carestia. Questo comportamento dei cristiani guadagnava l'ammirazione generale. Eusebio: I fatti parlano da sé. Tutti esaltano il Dio dei cristiani e ammettono che essi sono gli unici veramente religiosi e pietosi.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.