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GESÙ E IL SOCIALISMO

Tratto da: Adista Documenti n° 80 del 15/11/2008

1. Non mi sembra corretto fare di Gesù un puro e semplice socialista, anche se, a ragione, può essere considerato ispiratore e simpatizzante dei suoi sogni migliori, cosa che, seppur minima, è importante. Non si può dire lo stesso del capitalismo, nonostante gli sforzi di Michael Novak, e nemmeno di alcuna forma d'imperialismo, sia esso statunitense o sovietico. In Gesù è centrale l'idea e l’ideale del socio-fratello, non del capitale-denaro, né del potere-sottomissione. Entrambe le cose sono rifiutate con decisione. Di fronte a Gesù non ci sono compromessi.

Il socialismo e Gesù di Nazaret non sono la stessa cosa, ma se li avviciniamo il socialismo non stride come il capitalismo e l'imperialismo. Condividono persino “una certa aria di famiglia”. Gli “operai” - e i “contadini”, aggiunge la messa nicaraguense - non vedono solitamente in Gesù un estraneo; altro è come vedono la Chiesa. Nei cattolicissimi Paesi Baschi, un'anziana donna, cattolica da tutta la vita, diceva con convinzione ed entusiasmo: “Cristo era socialista”. E, se ben ricordo, Bonhoeffer diceva che gli operai, che sapevano poco o niente di dogmi, “comprendevano Gesù”. Teologo di una famiglia di estrazione borghese, testimoniò che ci sono cose per le quali vale la pena impegnarsi completamente. E, in uno stesso impulso, univa il discorso della montagna con la giustizia sociale.

Non si può ignorare che Marx, come Gesù, proveniva dai profeti della tradizione giudaica. Con i quali Dio apostrofava re e ricchi dicendo “voi, che vendete il povero per un paio di sandali”, mentre chiamava “mio popolo” i deboli, i poveri e i forestieri. La parabola di Epulone e Lazzaro e la frase “non si può servire Dio e il denaro” possono passare inavvertite - e di fatto sono tranquillamente disprezzate - più nel capitalismo che nel socialismo. Le beatitudini, la condivisione solidale, la compassione, l'impegno per la giustizia fino a dare la vita possono trovare maggiori parentele con il socialismo, mentre raramente si verificano in nome del capitalismo.

Qui in El Salvador, 30 anni fa, molti fecero l'opzione preferenziale per gli oppressi, anche gente di sinistra di diverso tipo, con grande generosità. Nel 1995 Padre Ellacuria, parlando dei marxisti, disse, provocatoriamente, con chiarezza: “Questa fondamentale eticità [del marxismo]... ha fatto arrossire i cristiani per il fatto che presupponeva la dimenticanza di qualcosa di essenziale per la fede, e ha suscitato un certo complesso di inferiorità nel paragonare l'impegno etico dei marxisti rivoluzionari nei confronti dei più poveri con l'impegno, nel migliore dei casi puramente verbale e cauto - non certo arrischiato -, degli uomini di Chiesa”.

2. Il socialismo non ha motivo di stridere, se lo si paragona a Gesù. Per lo meno non in modo così evidente come il capitalismo. Però, nel fare una comparazione con Gesù, emergono differenze e, a volte, contraddizioni. Cercheremo di sintetizzare.

In primo luogo è evidente la contraddizione con Gesù quando il socialismo giunge a forme politiche d'impero dittatoriali e crudeli. Ovviamente. Ma anche quando, al di là delle parole, si configura come una forza politica fondamentalmente connivente con il capitalismo, benché vi sia presente una certa percentuale di democrazia convenzionale. Socialmente ciò significa incentivare attivamente l'indi-vidualismo personale e l'egoismo antisolidale. Ciò che cerca e offre - durante le elezioni, per esempio - è “il vivere bene” e il “successo”. Ma, da una prospettiva gesuanica, qui c'è disumanizzazione.

In secondo luogo, a questo, che è evidente, bisogna aggiungere la ricerca del potere. È inevitabile, e può essere qualcosa di buono per i frutti che porta, però è sempre una cosa delicata: infatti non perché è politico cessa di essere potere - riflessione che si estende a ogni potere e, ricordiamo, già che parliamo di Gesù, anche al potere sacro, religioso, ecclesiale.

Gesù non fu inattivo, né meramente contemplativo. Par-lò con autorità, agì con energia e affrontò poteri reali. Si giunse a dire che emanava “forza”, ma non si è mai detto che esercitava “potere”. Non fu questo il suo obiettivo. Non lo cercò né lo incoraggiò. Lo inorridiva la tendenza del potere alla dominazione e all’assoggettamento. Rifiutò di essere incoronato re e che Pilato lo considerasse tale. La fi-gura di Gesù può rimandare alla “forza” di un profeta o alla “scossa” prodotta dal servo sofferente di Jahvé, ma non al potere di un Mosè caudillo.

E questo è profondamente centrale nella sua visione del mondo e nel suo agire personale. Il suo giudizio riguardo al potere è lapidario e senza scappatoie: “I principi delle nazioni vi dominano e i grandi vi opprimono con il loro potere. Non sia così tra di voi”. Questo si applica a ogni potere: capitalista e socialista, economico e militare, religioso ed ec-clesiastico. La tentazione di cadervi - a cui Gesù aggiungerà la seduzione delle ricchezze e degli onori e l'insensibilità di fronte alle vittime - minaccia ogni uomo. Vizia le relazioni degli esseri umani tra loro.

Questo non significa ovviamente che i socialisti non possano cercare potere politico, vincere elezioni, promulgare leggi, magari a beneficio dei poveri e dei deboli. Però Gesù insiste, con assoluta serietà, sul pericolo che il potere finisca nella prepotenza e nella corruzione, come se questo fosse il suo luogo naturale, direbbe saggiamente Aristotele.

Infine, benché possa sorprendere parlarne, bisogna analizzare l’esperienza religiosa di Gesù, o il suo equivalente, nel socialismo. Questo può stupire, perché il socialismo non ha motivo d’essere formalmente religioso o cristiano. Molte volte non lo è, e storicamente è stato anticlericale, spesso a ragione, a volte no. Però il religioso fu per Gesù una forza profonda, senza la quale non si capisce la sua visione e la sua azione positiva, non solo a livello personale ma anche sociale.

Per Gesù la nuova società da costruire non viene accompagnata da grandi segni – apocalittici, si diceva una volta -; non si identifica con la forza storica di un gruppo, né con la vittoria sui nemici e il loro annientamento. In una concezione postmachiavellica della politica, niente di ciò può essere positivo per la polis. Ma può esserlo un'esperienza religiosa, adeguatamente socializzata in una comprensione della Politica come cura della polis. Questa può crescere in umanità nell'accettare la realtà che possiamo definire mistero, superamento del mero positivismo, dell'infantilismo, della cosificazione, della volgarizzazione del reale. Quel mistero è ciò che offre respiro all'esistenza.

Il socialismo non ha motivo d’essere religioso - né di nominare il mistero della realtà Abba, come faceva Gesù - però non bisogna dare per scontato che la dimensione religiosa dell'esistenza umana non configuri la persona e la polis. È un'opinione personale, ma i socialismi democratici occidentali, con tutto ciò che hanno guadagnato per mezzo dei cittadini e degli operai, mostrano che qualcosa d'importante si è perduto. Forse lo si può ritrovare nel pathos dei socialisti e dei comunisti che furono umanisti. La mia speranza è che non escludano la possibilità di poterlo incontrare anche in tradizioni religiose, come quella di Gesù.

Non si tratta di una sottile ricaduta nel clericalismo, quanto di prendere sul serio la dimensione più profonda della realtà degli esseri umani. Si può discutere se la profondità può esserci con la religione o senza. Alcuni possono parlare, insieme a Ernst Bloch, di “ateismo nel cristianesimo” o, con Alfonso Comín, di “cristianesimo nel comunismo”. Ciò che non dovrebbe essere in discussione è prendere sul serio la profondità della dimensione umana, senza la quale si degenera anche se aumentano la qualità della vita e le libertà costituzionali. Questo è, secondo me, un problema fondamentale del socialismo di oggi nelle società occidentali dell'abbondanza e, naturalmente, del capitalismo.

E lo è anche per la chiesa. Non basta muoversi in un ambito formalmente religioso. Bisogna praticare la religione che nasce dal profondo e che porta al profondo. Uscire da se stessi per non finire incatenati in noi stessi, come ci direbbe Paolo. E visitare orfani e vedove, che Giacomo diceva essere la vera religione.

3. In diversi Paesi dell'America Latina ci sono movimenti importanti che, in un modo o nell'altro, si relazionano con il socialismo. Non è poca cosa che frenino un po' la crudeltà dell’imperialismo capitalista. Sarebbe anche un bene che facessero dei passi positivi, anche se piccoli, verso l’idea-ideale del socialismo. In ciò, come è avvenuto nei decenni passati, il socialismo potrà incontrare il cristianesimo. Nell'impegno ci saranno cristiani e socialisti.

Per noi la speranza è che Gesù li contraddistingua tutti. E l’utopia è che la civiltà della povertà, o, per dirlo con parole più accettabili, “una civiltà della sobrietà condivisa e solidale”, sia il regno di Dio.

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