QUALI RIFORME PER L’ECONOMIA MONDIALE?
Tratto da: Adista Documenti n° 89 del 13/12/2008
Il vertice del G20 di Washington si era proposto di “ristabilire la crescita economica e riformare il sistema finanziario globale” senza discutere il tipo di crescita economica e la sua distribuzione. Un incremento dell’industria automobilistica per uso individuale vale lo stesso che lo sviluppo dei mezzi di trasporto collettivi? Crescere depredando le risorse naturali è tanto importante quanto una crescita rispettosa dell’am-biente, della sovranità alimentare o energetica? È giusto contabilizzare la produzione militare o l’attività speculativa come indicatori della crescita dell’economia? La discussione sulla nuova architettura finanziaria sembra più attraente, anche se emergono alcuni interrogativi. Quali devono essere i protagonisti di questo dibattito? I responsabili dell’ordine attuale? Ricordiamo che Paulson è passato nel 2006 dalla Goldman Sachs (una delle più grandi banche d'affari del mondo, ndt) al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Il suo primo provvedimento è stato quello di investire 700 miliardi di dollari per “comprare titoli tossici” e salvare entità finanziarie esposte per crediti insolvibili. Ha quindi cambiato orientamento per procedere con nazionalizzazioni temporanee, per riprendere poi la strada della liberalizzazione.
In questa direzione, il vertice ha così affermato: “Il nostro lavoro sarà guidato ‑ si legge nella bozza della dichiarazione finale ‑ dalla fiducia condivisa che i principi del mercato, il libero commercio e i regimi di investimento, così co-me mercati finanziari regolamentati in maniera efficace, possano promuovere il dinamismo, l'innovazione e lo spirito di iniziativa che sono essenziali per la crescita dell'econo-mia e dell'occupazione e per la lotta alla povertà”. Dopo decenni di egemonia neoliberista e di politiche conservatrici, ciò di cui abbiamo meno bisogno è la reiterazione delle politiche che hanno condotto alla concentrazione del reddito e della ricchezza insieme all’impoverimento della popolazione. Non bastano gli appelli a “rafforzare la supervisione sulle istituzioni finanziarie” o a promuovere “riforme del sistema finanziario mondiale e delle organizzazioni nate da Bretton Woods”, perché è proprio questo ordine sorto alla fine della Seconda guerra mondiale quello che è entrato in crisi: l’economica mondiale del dollaro come valuta di riserva internazionale. La discussione è sul nuovo ordine mondiale e soprattutto su quanti sono abilitati a realizzarlo. Nel 1944 la discussione fu condotta dai vincitori della guerra. Chi sono questi attori oggi? Dal 2001 si è imposta la richiesta del movimento popolare mondiale per un altro ordine possibile e necessario.
(...). È il momento di pensare audacemente al superamento del neoliberismo e del capitalismo, seguendo la ricerca creativa condotta nella regione latinoamericana, dove hanno preso corpo proposte che vanno oltre, e anche contro, il capitalismo, comprese proposte socialiste.
Le risposte alla crisi devono ricercarsi lontano dai responsabili e coinvolgere i popoli, formando soggetti a sostegno di cambiamenti profondi e pronti a lottare per superare i dissensi che frenano la nascita del Banco del Sur o di altri progetti di articolazione produttiva e culturale che sono stati opportunamente proposti. Ci riferiamo a progetti regionali in materia di energia, comunicazione, infrastrutture (nel rispetto dell’ambiente e della cultura popolare) e nelle diverse sfere del’economia. Si tratta di risolvere problemi economici e sociali costruendo al tempo stesso il soggetto sociale che lavori alla loro soluzione. È una logica diversa da quella di iniettare liquidità pubblica in istituzioni invalidate dal loro stesso agire, come il Fondo Monetario Internazionale. Più che riformare l’Fmi, i nostri Paesi possono organizzare risposte simili a quella della Bolivia, che si è ritirata dal Ciadi (Centro internazionale per la regolazione delle controversie relative agli investimenti, noto per pronunciarsi sempre a favore degli interessi delle multinazionali, ndt), o dell’Ecuador, con il suo processo di indagine sul debito pubblico (v. documenti successivi, ndt). Sono misure convergenti mirate ad uno stretto controllo del movimento dei capitali. È tempo di denunciare gli organismi multilaterali e di costruire istituzioni alternative, al contrario di quanto sostenuto dal G20, che briga per chiudere entro fine anno il round negoziale di Doha (Organizzazione mondiale del commercio), il cui obiettivo è abbassare le tariffe doganali per i beni industriali nei nostri Paesi, mentre Stati Uniti ed Europa mantengono enormi sussidi alla produzione ed esportazione di prodotti agricoli. È necessario denunciare i trattati in difesa degli investimenti per introdurre nuove norme di scambio che privilegino la soluzione delle necessità sociali insoddisfatte.
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