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IL MORBO DEL MATTONE

- CASE E CHIESA

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 90 del 13/12/2008

La passione per gli edifici è diffusa nel mondo cattolico. Non occorre pensare agli immensi cantieri, alle città cresciute nel nome di padre Pio o di San Francesco, che pure amavano e vivevano la povertà. Il fatto è che i seguaci di quell’Uomo che attraversava la Galilea senza aver un luogo dove posare il capo sono stati spesso tentati dalla grandiosità delle opere materiali. Non solo edifici sacri o palazzi vistosi (che pure non mancano), ma anche opere e istituzioni dedicate a pellegrini e bisognosi, a orfani e malati. Così è nei fatti che la Chiesa possiede molti beni, anche se in gran parte a scopo di servizio.

Tuttavia, poiché “dove è il tuo tesoro lì sarà il tuo cuore”, capita spesso che gli strumenti divengano il fine… e tante volte, anche in Italia, anche in questi anni, vescovi come don Tonino Bello, il cardinale Pellegrino, padre Bevilacqua, don Nervo… ma anche tanti laici, hanno richiamato le autorità ecclesiastiche a fare un uso non solo buono ma anche generoso del grande patrimonio immobiliare della Chiesa italiana.

Nessuno nega che moltissime opere culturali e sociali, siano ospitate in queste case; ma certamente si può fare di più. E l’accoglienza agli immigrati, ai senza tetto, agli emarginati è una vera occasione provvidenziale per riscattare e dare un senso positivo a tante proprietà; per abbandonare la mentalità dei possidenti e rivestire quella dei servi.

Offrire a chi ne ha bisogno lo spazio – spesso inutilizzato – delle case parrocchiali, dei monasteri e delle scuole è molto ma non basta: bisogna offrire anche il “benvenuto” con qualche mezzo di sussistenza, i servizi, la compagnia,  la fraternità. Insomma non solo le pietre e i mattoni, ma anche le braccia e i cuori che accolgano.

L’ospitalità è sacra presso tutte le culture degne di questo nome, ricordava recentemente Raniero La Valle. E si chiedeva: ma perché è così importante il rapporto con lo straniero, e non solo in Italia? «Perché» rispondeva «il problema globale e imprescindibile di oggi è la riconciliazione di tutti i popoli che sono l’uno all’altro stranieri; il problema è che ciascuno ritrovi la sua patria, ma la trovi oltre i suoi confini, al di là del fiume, là dove sono altri uomini e donne, altri figli e figlie come lui; se questo non si farà, non ci sarà pace sulla terra, e forse un giorno non ci sarà nemmeno la terra. È stato dato già 2000 anni fa l’annunzio della caduta del muro tra giudei e greci, cittadini e barbari, romani e Sciti; è venuto il momento di dare attuazione a questo annuncio». (A. B.)

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