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Povertà In attesa di vere politiche sociali

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 12 del 31/01/2009

La pubblicazione annuale dei dati dell’Istat sulla povertà relativa in Italia desta sempre una certa impressione e conquista i titoli dei giornali: quest’anno l’enfasi è stata maggiore perché le consuete semplificazioni mediatiche hanno messo in relazione tali dati con la crisi economica in atto.

In realtà l’Istat avverte che negli ultimi cinque anni l’incidenza della povertà relativa è rimasta sostanzialmente stabile ed immutate sono rimaste le caratteristiche delle famiglie povere. I dati Istat si riferiscono ad una soglia convenzionale di povertà definita in base al valore di spesa per consumi di una famiglia: tale soglia per una famiglia di due componenti è rappresentata dalla spesa media mensile per persona che nel 2007 è risultata pari a 968,35 euro; sono definite relativamente povere pertanto le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore. Sulla base di questi criteri sono state stimate nel 2007 in Italia 2milioni 653mila famiglie, pari all’11,1% del totale delle famiglie e 7milioni542mila individui poveri, pari al 12,8% dell’intera popolazione.

Gli studi sulla povertà sono molti ed approfonditi e tutti concordano nel segnalare che l’indicatore del reddito e della spesa per consumi è insufficiente a descrivere i fenomeni e, soprattutto, come base per elaborare azioni di contrasto. Lo stesso Istat realizza indagini più articolate riferite alle condizioni di vita e al disagio sociale, variabili fortemente correlate ai contesti territoriali, al livello di istruzione, alla condizione lavorativa ed ai sistemi di offerta di servizi socio-sanitari.

In Italia già nei primi anni ’70 Ermanno Gorrieri, il sociologo cattolico troppo poco ricordato nel dibattito attuale, metteva l’accento sulla necessità di valutare complessivamente le condizioni di vita, definendo la povertà come “l’aspetto più grave ed intollerabile di un fenomeno più generale: la disuguaglianza”; nel suo breve periodo di responsabilità politica diretta, Gorrieri aveva tradotto i suoi studi in proposte concrete di politiche di sostegno alle famiglie, segnalando la maggiore efficacia degli interventi sui servizi sociali rispetto a quelle di trasferimento monetario alle famiglie.

Nonostante la ossessiva evocazione del tema del sostegno alle famiglie nel dibattito politico, nel nostro Paese le politiche sociali sono poche, mal distribuite come competenza tra i diversi livelli istituzionali, difficilmente attuabili, e quello che faticosamente si realizzza è spesso, paradossalmente, sconosciuto ai portatori dei bisogni. Non è solo questione di mancanza di risorse economiche. Certo la spesa pubblica ha limiti non superabili, la composizione sociale delle famiglie è cambiata radicalmente: nessuno vuole negare che i problemi siano complessi. Ma il divario tra le proposte in discussione e le soluzioni concretamente praticate è scoraggiante.

È ancora presto per valutare il risultato dell’intervento della Social Card: ma sin dall’inizio la proposta è apparsa poco chiara per il target di riferimento ed il numero di utenti effettivamente raggiungibili (anziani e famiglie con figli sotto i tre anni), farraginosa nel meccanismo (accertamento da un lato su base di requisiti da certificare e successivo accreditamento), incerta nella durata. Anche i provvedimenti sugli incapienti del precedente Governo non hanno dato grandi risultati.

Non si tratta di negare del tutto l’utilità di questi strumenti; occorre tuttavia segnalarne con sincerità la caratteristica puramente congiunturale e la marginalità rispetto al tema della riforma del welfare; evitando anche l’accostamento improprio con iniziative di carattere caritatevole, quale quella annunciata dalla Diocesi di Milano di costituire un fondo per la famiglia e per il lavoro.

Le risposte all’emergenza sociale organizzate per categorie di soggetti, su base solo reddituale o socio-anagrafica, continueranno a scontrarsi con i limiti delle risorse (il reddito trasferito alle singole famiglie sarà sempre insufficiente) e correranno il rischio di creare ulteriori ostacoli per uscire dalla trappola della povertà.

Ma come denunciava Gorrieri il rischio più evidente è che a fronte di condizioni strutturali di crescita della disuguaglianza sociale si risponda con la solidarietà di facciata, di maggiore presa sul piano del consenso, per rinviare ancora il difficile cammino della razionalizzazione delle politiche sociali.

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