IL GRAN RIFIUTO
- Aumenta la distanza tra Benedetto XVI e i suoi fedeli: in tanti ne chiedono le dimissioni
Tratto da: Adista Contesti n° 38 del 04/04/2009
Questo articolo di Stéphanie Le Bars è stato pubblicato sul quotidiano francese "Le Monde" (23/3/2009). Titolo originale "Le déclage de Benoit XVI avec les réalités humaines"
Avendo concluso, Benedetto XVI, il suo primo viaggio in Africa lunedì 23 marzo, è troppo presto per valutare gli effetti del messaggio papale sull’evangelizzazione dei popoli africani. In compenso una cosa è certa: questa nuova trasferta, ampiamente mediatizzata, non ha cambiato l’immagine del Vaticano nell’opinione pubblica europea e in special modo francese, dove i cattolici contestano Roma ormai con una virulenza inedita.
Tre fatti recenti, e quasi concomitanti, hanno messo in luce il rifiuto, da parte di un numero crescente di fedeli, della parola della Chiesa su alcune questioni: la revoca della scomunica ai quattro vescovi integristi (lefe-bvriani), fra i quali un negazionista; la scomunica dei medici brasiliani che hanno praticato l’aborto su una bambina violentata; e le affermazioni controverse del papa sui misfatti del preservativo nella lotta contro l’Aids. Una serie di incomprensioni che spiega perché il 43% dei cattolici francesi si dicono oggi favorevoli alle dimissioni di Benedetto XVI, stando al sondaggio apparso il 22 marzo su Le Journal du dimanche.
Come si è arrivati a questo punto, dopo appena quattro anni di pontificato? L’immagine, innanzitutto. Perché dal 2005, il nocciolo della dottrina della Chiesa non è affatto cambiato! Invece, è sorprendente il contrasto fra il carisma di Giovanni Paolo II e il riserbo, addirittura la distanza, che mette Benedetto XVI nei rapporti con i fedeli. Mai un gesto, mai un’improvvisazione, nessun “colpo di scena” che, durante i suoi viaggi, gli possa conferire la statura del “buon pastore”, saggiamente curata dal suo predecessore. “Giovanni Paolo II, dopo aver denunciato la distribuzione di preservativi, sarebbe andato ad abbracciare un bambino affetto da aids”, giurano i vaticanisti di lungo corso. Benedetto XVI, lui, ha incontrato dei cattolici che aiutano i malati di Aids.
Il nuovo papa è un teologo, un dottrinario, un intellettuale, s’è detto a gara. Non un pastore. Resta dunque la dottrina, nella quale una parte della Chiesa sembra oggi rintanarsi. Lo scandalo del Brasile è l’esempio caricaturale di questa posizione legalista ed ideologica, per non dire fondamentalista, di questa corrente ecclesiale. Laddove i fedeli erano in diritto di attendere una parola di compassione, la Chiesa ha risposto loro con la “legge”. La posizione di Benedetto XVI sul preservativo è stata vissuta come un’ulteriore prova di “autismo” da parte di un uomo particolarmente distante dalle realtà umane.
Ora, in queste faccende, la Chiesa non ha visto levarsi un Abbé Pierre o una Madre Teresa capace di controbilanciare l’immagine disastrosa data dalle gerarchie ecclesiastiche. Il papa da solo incarna oggi la Chiesa tutta intera. Il suo sistema di governo, sclerotizzato e tenuto a fatica da settuagenari e ottuagenari, sembra essere al capolinea.
Che pensare altrimenti delle dichiarazioni del cardinal Castrillón Hoyos, artefice del riavvicinamento con i lefebvriani, dopo l’“affaire” del vescovo negazionista? Interrogato sulla sua conoscenza o meno delle convinzioni di mons. Williamson, il cardinale ha dichiarato: “Non si trattava di studiare la vita dei vescovi. L’unica cosa che bisognava sapere era che costui è stato ordinato da mons. Lefebvre senza autorizzazione”. Come se, in definitiva, gli affari della Chiesa possano essere regolati al di fuori del mondo. Questa posizione è diventata tanto più insostenibile in quanto una parte della Chiesa pretende giustamente di essere “nel mondo”. E il Vaticano, prende regolarmente posizione su questioni economiche, climatiche, sociali, bioetica o geopolitiche, rivendicando il ruolo di “coscienza del mondo”.
La crisi attuale è spesso paragonata alla diffidenza espressa da una parte dei cattolici quando fu pubblicata l’enciclica di Paolo VI Humanae vitae, che nel 1968 aveva decretato l’interdizione di ogni contraccezione artificiale. La differenza è che essa si manifesta in una Chiesa che, in Europa almeno, è indebolita, e che la diffidenza attuale non riguarda “solamente” dei punti della morale sessuale. La mano tesa agli integristi ha indignato perché è apparsa a qualcuno come una rimessa in questione del Vaticano II, il concilio della “modernità” rifiutato dai lefebvriani.
Queste reazioni hanno messo in evidenza una inquietudine profonda rispetto alla direzione presa dalla Chiesa cattolica. In questo clima di crisi, le critiche venute dall’interno della Chiesa hanno senza dubbio accentuato il “pope’s bashing” attuale, che consiste nel denigrare ciò che fa o dice il papa. Questo contesto favorisce comunque l’emergere nel mondo cattolico di due movimenti antagonisti e, in ultima analisi, conflittuali. Da una parte lo “sci-sma” silenzioso dei fedeli che ritengono di non avere più nulla a che fare con la Chiesa istituzione, incarnata da un papa che giudicano “reazionario”. Dall’altra, lo zoccolo duro dei credenti che, desiderosi di essere confortati nella loro identità, venerano tout court il “loro” papa e la sua parola, dimenticando, di passaggio, l’importanza della coscienza individuale “illuminata”.
Infine, ci si può chiedere se, dallo stretto punto di vista dell’evangelizzazione predicata da tutti i papi, l’energia profusa da Benedetto XVI per far passare il suo messaggio sulla contraccezione o sull’aborto non sarebbe meglio impiegata per, se non attirare, almeno trattenere i fedeli legati al messaggio sociale della dottrina cattolica.
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