“HO AMATO LA MIA GENTE”. RITRATTO DI MONS. NOGARO, VESCOVO DEGLI ULTIMI
Tratto da: Adista Notizie n° 49 del 09/05/2009
34987. CASERTA‑ADISTA. Nato a Gradisca di Sedegliano (Ud) il 31 dicembre 1933, ordinato sacerdote il 29 giugno 1958, mons. Raffaele Nogaro viene nominato vescovo di Sessa Aurunca (Ce) il 25 ottobre 1982 (riceverà la consacrazione episcopale il 9 gennaio 1983), suscitando anche qualche protesta da parte dei cattolici campani, rammaricati per l'arrivo di un altro vescovo venuto dal nord: "Pare che, in tutta la Provincia di Caserta, non ci fosse un parroco all'altezza del compito", scriveva allora (18 novembre 1982) la "Nuova Stagione", settimanale diocesano di Napoli. "Sarà, forse, per demerito delle genti e del clero campano che la Campania, considerata colonia dello Stato, è considerata 'missione estera' della Santa Sede?".
A Caserta, per la moralità della politica, contro la Dc
Dopo sette anni trascorsi a Sessa, nel 1990 viene trasferito a Caserta, e il suo arrivo in città dà subito il segno di quello che sarà il suo episcopato quasi ventennale, lontano dal potere e vicino agli ultimi: chiede che la Giunta comunale a maggioranza democristiana ‑ che ha appena respinto la richiesta della Caritas diocesana di uno stanziamento di 50 milioni di lire per un centro di accoglienza per immigrati, già molto numerosi nella provincia ‑ non spenda una lira per festeggiarlo come nuovo vescovo ma che ci sia una cerimonia solo religiosa. La richiesta però non viene esaudita e l'amministrazione, forse con la inconfessata speranza di tirarlo dalla propria parte, investe 30 milioni per salutare l'ingresso in diocesi di Nogaro, regalandogli fra l'altro ‑ nonostante il suo disappunto ‑ una "chiave della città" del valore di 4 milioni.
È l'inizio di una polemica che, negli anni seguenti, opporrà il vescovo, sostenuto dalle associazioni cattoliche di base, e alla Democrazia Cristiana locale e nazionale. Nogaro interviene più volte a sostegno della partecipazione e della responsabilità politica dei cittadini, contro il collateralismo Chiesa‑Dc, sfidando apertamente "monolitismo politico" e dogma dell'unità dei cattolici sotto lo scudocrociato sostenuto dal card. Camillo Ruini, neo presidente della Conferenza episcopale italiana. A livello locale appoggia una coraggiosa "lettera aperta ai cristiani di Caserta" di 11 associazioni cattoliche (fra cui Azione Cattolica, Acli e Agesci) che denunciano il collateralismo, l'uso strumentale della fede e la corruzione all'interno della Dc casertana, contro cui invece interviene mons. Pietro Farina che definisce la lettera inopportuna, censurabile e falsa. Inoltre Nogaro rivendica i diritti calpestati degli immigrati, si schiera accanto ai casertani per l'ospedale cittadino e denuncia le inefficienze delle amministrazioni locali e la presenza pervasiva della camorra nella vita politica, attirandosi gli attacchi a mezzo stampa del segretario cittadino della Dc Nicola Russo ‑ che minaccia di querelarlo ‑, del sottosegretario ai Trasporti Giuseppe Santonastaso ‑ che definisce Nogaro "diavolo" e "amico dei marxisti", aggiungendo che "se fossi san Pietro lo manderei all'inferno" ‑, del sindaco Giuseppe Gasparin ‑ che ritira alla diocesi la concessione per un eremo diroccato che le associazioni utilizzavano per gli incontri di preghiera ‑ e di altri notabili democristiani. Incassando però al contempo il sostegno delle associazioni e di molti cattolici che scrivono al papa e organizzano manifestazioni di solidarietà con il vescovo. E a Nogaro anche la storia dà ragione dal momento che nel giro di pochi mesi quasi tutti i politici democristiani che lo avevano aggredito vengono indagati, arrestati o condannati per reati di corruzione e voto di scambio, e gli stessi cittadini danno loro il benservito con le elezioni del 1993, vinte dalla lista "Alleanza per Caserta nuova", formata dalle associazioni cattoliche di base ‑ viene eletto sindaco il presidente dell'Azione Cattolica, Aldo Bulzoni ‑ e sostenuta dai partiti della sinistra.
Quasi presidente di Pax Christi
Il ministero episcopale di Nogaro si connota per una forte attenzione a quelli che sono i bisogni concreti dei casertani e i problemi della città: denuncia la malasanità, l'illegalità e la corruzione; mette sotto accusa l'abusivismo, la speculazione edilizia, le questioni ecologiche ed ambientali, a cominciare dalle cave e dalle discariche che assediano Caserta e che minano la salute delle persone; si schiera sempre accanto agli immigrati. Negli anni, il suo ministero si arricchisce di un ulteriore tema che lo accompagnerà fino alla fine del mandato: la pace. Nel 1994 sta per essere nominato presidente nazionale di Pax Christi con il sostegno generale degli iscritti, ma il card. Ruini, per scongiurare l'eventualità, impone al Consiglio nazionale del movimento di presentare alla Cei una terna di candidati ‑ invece del solo Nogaro, come era stato previsto inizialmente ‑ e la scelta del presidente dei vescovi italiani cadrà su mons. Diego Bona, vescovo di Porto‑Santa Rufina (Roma). Si reca poi in Kosovo ‑ insieme a mons. Luigi Bettazzi ‑ con una delegazione incaricata di verificare le condizioni di vita della popolazione martoriata dal conflitto; e l'anno successivo sottoscrive un documento per la smilitarizzazione dei cappellani militari italiani.
Il vescovo degli immigrati
Nel 1994 viene ucciso don Giuseppe Diana, il prete anticamorra di Casal di Principe (Ce), e la denuncia della presenza tentacolare della criminalità organizzata nella società, nella politica, nelle istituzioni, nell'economia e anche nella Chiesa diventa ancora più forte: "Nella tua testimonianza ‑ scriverà mons. Nogaro pochi giorni dopo l'omicidio di don Diana ‑ avevo visto una Chiesa nuova, una Chiesa non più compromessa con il potere, una Chiesa di Cristo. Una Chiesa della libertà e dell'amore". Il 1994 è anche l'anno della prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi e del centro‑destra, e Nogaro non manca di far sentire la propria voce: prima per mettere in guardia la Chiesa dal rischio di un nuovo collateralismo, sostituendo la Dc con Forza Italia; e poi per contrastare le pulsioni e le leggi contro gli immigrati alimentate e lanciate dalla destra di governo, neo‑fascista e leghista. Ma critiche altrettanto dure verranno rivolte dal vescovo ai provvedimenti anti‑immigrati dei successivi governi di centro‑sinistra (1996‑2001), in particolare alla legge Turco‑Napolitano che darà vita ai Centri di permanenza temporanea, moderni lager per gli immigrati senza permesso di soggiorno. E, negli anni successivi, alla legge Bossi‑Fini, approvata durante il nuovo governo Berlusconi del quinquennio 2001‑2006: mons. Nogaro è in prima linea, denuncia la nuova apartheid, annuncia la "disobbedienza civile" e sostiene la Chiesa di base che si oppone ai provvedimenti discriminatori (in particolare a Caserta i missionari comboniani e i padri sacramentini che si incatenano alla prefettura per protesta e rilasciano "permessi di soggiorno in nome di Dio").
Cossiga: cacciate quel vescovo
Il 2001 è l'anno dell'attentato alle Torri gemelle e l'inizio della "guerra infinita" di Bush a cui si associa subito l'Italia di nuovo berlusconiana. Mons. Nogaro critica il voto dei parlamentari cattolici che hanno approvato l'intervento militare in Afghanistan ‑ "i cristiani non dovrebbero essere mai per la guerra ma solo per la pace"; "i parlamentari cattolici hanno votato contro coscienza" ‑ attirandosi le ire dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che accusa il vescovo di "presunzione dottrinale", "arroganza autoritaria" e "scarsa dottrina" e ne chiede la rimozione dall'incari-co. Due anni dopo mons. Nogaro viene investito da una nuova polemica: gli vengono falsamente attribuite critiche ai funerali per i militari italiani uccisi in Iraq, nell'attentato di Nassiriya, mentre invece Nogaro aveva solo ribadito il suo cristallino magistero di pace, contro qualsiasi uso strumentale della morte dei soldati mandati in guerra. "Fenomeni come il terrorismo non si combattono con le armi", aveva in realtà detto il vescovo. "Bisogna fare attenzione a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria, strumentalizzando la morte di questi nostri giovani per legittimare guerre ingiuste".
Il vescovo e la città
Gli ultimi anni di mons. Nogaro a Caserta sono assorbiti prevalentemente da questioni locali: sostiene con vigore Casa Rut, la comunità di suore orsoline che lavora per strappare dalla schiavitù della prostituzione giovani donne immigrate; appoggia la battaglia ‑ non ancora conclusa ‑ per il Macrico, una ex area militare di 33 ettari, di proprietà dell'Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (Idsc), che i cittadini vorrebbero fosse trasformata in un'area verde pubblica a disposizione della città contro i tentativi di speculazione edilizia sostenuti anche dalle amministrazioni locali e dall'Idsc; si schiera, senza successo, contro l'apertura di una nuova discarica a Lo Uttaro, un sito già fortemente inquinato da precedenti discariche abusive e collocato in una zona densamente popolata della città, attirandosi anche il pubblico rimprovero da parte di mons. Giuseppe Betori, allora segretario generale della Cei.
Gli ultimi interventi pubblici sono sui temi che hanno accompagnato tutto il suo ministero episcopale: la critica alla collusione fra Chiesa e potere, la lotta all'illegalità e alla corruzione della politica e la difesa degli immigrati, i "poveri fra i poveri". Il 31 dicembre, nel tradizionale Te Deum di fine anno, il commiato dalla città, affiancato dalla pubblicazione di un libro che è anche "testamento spirituale" e il cui titolo meglio di tante altre parole sintetizza il suo ministero: Ho amato la mia gente. (luca kocci)
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