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Ogni giorno si può partecipare

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 60 del 30/05/2009

Abbiamo seguito la bella assemblea di Firenze, incontro nazionale di credenti che sperano e che si erano preparati con tanti incontri locali, riflessioni e documenti. Adista ne riferisce ampiamente e lo farà anche in futuro perché è un cammino che comincia. È un segno di partecipazione, che è la strada maestra per migliorare la vita ecclesiale.

Anche la società civile ha bisogno di qualcosa di simile. Forse le energie, la generosità e il coraggio ci sono; mancano piuttosto gli strumenti e l’ottimismo, la speranza che cambiare, cioè partecipare, sia davvero possibile. I rapporti tra cittadini e mondo politico sono piuttosto di sospetto, di strumentalizzazione; sembra prevalere il disprezzo reciproco e uno scambio di prestazioni mercenarie.

Tra poco ci saranno le elezioni e il referendum. Non è certo nostro compito dare suggerimenti di voto! Auspichiamo però una bella partecipazione alle elezioni. Ed è importante magari anche scegliere bene le preferenze, quando ci sono; per esempio indicando candidate donne. Ma che non si fermi lì. La politica va abitata, frequentata, in tutti i modi possibili, con coraggio e perseveranza. Ricordo sempre quel che Andrea Trebeschi aveva scritto poco prima di essere portato a Dachau, e di morirvi, 65 anni fa: «Se il mondo fosse monopolio dei pessimisti» scriveva «sarebbe da tempo sommerso da un nuovo diluvio; e se oggi la tragedia sembra inghiottirci, si deve alla malvagità di alcuni, ma soprattutto all’indifferenza della maggioranza. Il “credo” di troppa gente non ebbe, fin qui, che due articoli: “non vi è nulla da fare”, “tutto ciò che si fa non serve a nulla”.

Quel che importa è che ognuno, secondo le proprie possibilità e facoltà, contribuisca di persona alle molte iniziative di bene, spirituale, intellettuale e morale.

Un mondo nuovo si elabora. Che sia migliore o ancor peggio, dipende da noi».

I motivi di disagio esistono e sono numerosi. Non si superano semplicemente con il volontarismo. È giusto parlarne, analizzarli e reagire non solo con la polemica ma anche e soprattutto con la volontà di percorrere una strada diversa, proporsi e realizzare un progetto nuovo. Questa è la partecipazione. Ce n’é bisogno nella Chiesa, a cominciare dalle parrocchie e dai gruppi ecclesiali di base. Laici, giovani, donne possono e devono prendere la parola, pensare la teologia, operare la carità, discutere e decidere dei problemi e degli impegni comuni insieme a preti, vescovi e religiosi con rispetto e amore vicendevole. Non solo è possibile: è doveroso e renderà la nostra Chiesa un po’ più somigliante a quella voluta da Gesù.

Nella società civile, pur nell’ovvia differenza di natura e di stile, ci sono problemi analoghi. Votare è importante, anche se lo si fa con fatica. Votare è importante anche come segno di corresponsabilità: non un segno isolato, che si compie in pochi minuti e finisce lì. È piuttosto una promessa: di prendersi a cuore la vita della comunità civile anche in seguito: informandosi, discutendo, partecipando, proponendo, protestando, lottando… La politica è una piazza che dev’essere frequentata da tutti. Le elezioni non possono essere l’istante isolato nel quale si esprime una delega; e poi si passano gli anni a lamentarsi di come quella delega è stata male utilizzata e tradita. Ogni giorno si può partecipare: leggendo i giornali, frequentando la sezione o il circolo o l’associazione culturale, il comitato di quartiere o il centro sociale, e anche il bar, il mercato, il blog su internet.

Perciò bisogna rifondare la politica, re-inventarla. Servono progetti nuovi, persone nuove, soggetti politici nuovi, regole nuove e una nuova generosità e amicizia tra i cittadini. Soprattutto una nuova, o rinnovata, forma-partito che offra la possibilità di una vera partecipazione. Forse è una utopia. Ma sarebbe altrettanto utopico, e ancor più pericoloso, credere che ciascuno possa ritirarsi nel suo privato e nella sua sdegnata indifferenza senza che ciò provochi un ulteriore grave peggioramento delle cose, perché, come ha scritto giustamente Raniero La Valle, questa politica e questo governo stanno davvero corrompendo l’etica e la cultura del nostro paese, forse anche la nostra e quella dei nostri figli. (ab)

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