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MADRE ACQUA, FRATELLO CANGURO

Tratto da: Adista Documenti n° 127 del 12/12/2009

Introduzione

Noi, fedeli e leader ecclesiali dell’Asia e dell’Oceania, ac-compagnati dalle nostre sorelle e dai nostri fratelli di altri continenti, ci siamo riuniti a Chiang Mai, in Thailandia, dal 2 al 6 novembre 2009 per riflettere approfonditamente sul legame fondamentale tra impoverimento, creazione di benessere e accumulazione e crisi ecologica a partire dalla nostra fede cristiana, in dialogo con altre religioni, e nella prospettiva dei popoli indigeni, delle donne e dei giovani. Ci siamo incontrati in concomitanza con il Buddhist Loy Khratong Festival, quando la gente offre fiori, candele ed incensi per ringraziare la dea del fiume. La celebrazione è diventata per noi il simbolo del nostro riunirci nella comune ricerca del Fiume della Vita.

 

Un mondo e una regione in pericolo

Il nostro pianeta, e in particolare i Paesi e le isole del-l’Asia e dell’Oceania, hanno dovuto affrontare catastrofi molteplici e senza precedenti.

Le nazioni asiatiche, che rappresentano più della metà della popolazione globale, sono state spesso considerate un’applicazione ben riuscita del modello economico neoliberista, descritte come “tigri dell’economia” e come “industria globale”. Ma il benessere della nostra regione è risucchiato dai profitti delle multinazionali, ottenuti spremendo una manodopera a basso costo, per lo più femminile; dal pagamento del debito estero ad istituzioni finanziarie internazionali, eseguito grazie a tagli massicci nelle spese sociali; dalla privatizzazione e dallo sfruttamento della terra; dall’e-sportazione di manodopera, legname e altre materie prime verso i Paesi ricchi. Abbiamo ascoltato con un peso nel cuore storie di lavoratori immigrati birmani in fuga dall’op-pressione politica ed economica solo per incontrare altre forme di oppressione in Thailandia; di decine di migliaia di agricoltori suicidi in India; di studenti asiatici indebitati a causa dell’aumento vertiginoso delle rette; di donne della regione del Mekong finite nei traffici della prostituzione...

Poiché il sistema asiatico di creazione di ricchezza è basato sull’economia globale, la nostra regione è stata pesantemente colpita dall’attuale crisi finanziaria ed economica mondiale, provocata dall’aumento della “finanziarizzazione” (o sganciamento della finanza dall’economia reale). Gli operai delle aree di sviluppo dell’esportazione sono stati licenziati in gran numero. Le rimesse dei nostri lavoratori immigrati stanno diminuendo. Molti dei nostri governi sono troppo indebitati e in crisi di liquidità per garantire anche la più elementare tutela sociale.

Con la sua ricerca del massimo profitto, il sistema neoliberista di creazione e accumulazione di ricchezza in Asia non solo ha prodotto povertà, ma ha anche generato enormi debiti sociali ed ecologici, verso la Madre Terra, verso gli impoveriti, i popoli indigeni e le donne, su cui grava più pesantemente l’impatto dei drastici cambiamenti climatici; verso i giovani e le generazioni future, il cui avvenire è messo a repentaglio da modelli di produzione e di consumo che non rispettano la capacità di rigenerazione del nostro pianeta. Abbiamo ascoltato con un peso nel cuore storie di persone obbligate a emigrare per motivi ecologici, a causa dell’aumento del livello delle acque che minaccia di inondare le isole dell’Oceania e Paesi come il Bangladesh; di popoli indigeni privati delle loro terre ancestrali da imprese minerarie e dalla costruzione di enormi dighe, che provocano l’etnocidio di comunità e culture indigene e portano carestia e siccità nei villaggi di tutta la regione...

In Asia e in Oceania, ma anche altrove, la violenza è stata spesso usata dalle potenze economiche e politiche per assicurarsi le “risorse naturali” del pianeta. Il terrorismo e l’avidità imperialisti profanano tanto la Madre Terra quanto il corpo delle donne. Abbiamo ascoltato con un peso nel cuore storie di persone di Chiesa uccise nelle Filippine per la loro lotta in difesa dell’ecologia e dei diritti degli agricoltori e degli operai; di comunità spezzate dalle sostanze tossiche delle basi militari; di donne vittime di violenza nelle loro stesse case...

 

Le spiritualità dell’Asia e dell’Oceania in risposta al-l’impoverimento, all’avidità e alla distruzione ecologica

Crediamo che lo stretto legame esistente tra crisi economica e crisi ecologica sia l’espressione di una più ampia crisi etica, morale e spirituale. È infatti con la fede assoluta nel “libero mercato”, con il culto della ricchezza e dei beni materiali, con il vangelo del consumismo e della crescita illimitata che gli esseri umani hanno sfruttato le proprie sorelle e i propri fratelli e hanno saccheggiato la loro unica casa.

Pertanto, per superare queste crisi si richiede nient’altro che un radicale rinnovamento spirituale. Riaffermiamo, a partire dalla nostra fede cristiana, che tale trasformazione deve essere fondata sull’imperativo biblico dell’opzione preferenziale di Dio per gli emarginati (giustizia) e per la sacralità della creazione (sostenibilità).

Allo stesso tempo, abbiamo tratto importanti insegnamenti dalle profonde sorgenti della saggezza tradizionale asiatica. “Quando unisci la ricchezza, dividi il popolo. Quando dividi la ricchezza, unisci il popolo”.

Dai popoli dell’Oceania abbiamo appreso l’intrinseco legame delle persone con le terre e gli oceani e con tutta la vita contenuta in essi, come affermazione della presenza di Dio nell’intera creazione. È in questo senso che i popoli dell’O-ceania stanno cercando di recuperare una spiritualità ecologica in cui “vivere, muoversi e situare il proprio essere”.

Dalla spiritualità dei popoli indigeni dell’Asia e dell’O-ceania abbiamo imparato ad estendere il più grande insegnamento biblico, quello dell’amore per il nostro prossimo, a “Madre Acqua”, a “Fratello Canguro” e a “Cugino Albero”.

Dall’ecofemminismo, abbiamo imparato la falsità di quelle dicotomie tra mente e corpo e tra esseri umani e natura che si traducono in relazioni ingiuste.

Dai combattivi movimenti degli indigeni, delle donne e dei giovani in Asia e in Oceania, abbiamo imparato la spiritualità contenuta nella resistenza e nell’impegno politico. Abbiamo ritrovato la speranza nelle storie di donne indigene che trasmettono la loro conoscenza tradizionale e i valori comunitari, offrendo il loro contributo a un’economia sostenibile; e di giovani che svolgono un ruolo centrale nella lotta contro il saccheggio della terra da parte di Arcelor-Mittal, una multinazionale dell’acciaio nello Stato di Jharkhand in India.

Da altre fedi e religioni antiche nate in Asia abbiamo imparato la “via di mezzo” del buddhismo, l’ahimsa (nonviolenza) dell’induismo in rapporto all’ecologia e tutti gli esseri umani; l’imperativo dell’islam di combattere l’oppres-sione in tutte le sue forme.

La fede e la spiritualità genuine comportano l’azione. Affermiamo che le molteplici crisi che oggi ci troviamo ad affrontare richiedono con urgenza risposte radicali e collettive, non solo dall’Asia e dall’Oceania ma anche dalla comunità di fede mondiale. Uniti nell’amore di Dio, possiamo e dobbiamo cominciare a costruire economie fiorenti ed armoniose in cui:

- tutti partecipino e abbiano voce nelle decisioni che hanno un impatto sulla loro vita;

- vengano soddisfatte le esigenze primarie delle persone;

- la riproduzione sociale e il lavoro di assistenza portato avanti per lo più dalle donne sia sostenuti e valorizzati;

- e acqua, aria, terra e fonti di energia necessarie a sostenere la vita siano protette e tutelate.

In breve, possiamo e dobbiamo dar forma ad economie di vita e ad economie per la vita.

 

I nostri impegni e i nostri appelli

Alla luce di quanto affermato, noi, partecipanti alla Consultazione Agape sulla povertà, il benessere e l’ecologia in Asia e nel Pacifico, ci impegniamo:

- a costruire e rafforzare una o più reti basate sulla fede che promuovano la giustizia sociale, economica ed ecologica in collaborazione con le organizzazioni della società civile e i movimenti sociali della regione;

- a condividere largamente, a comunicare in modo creativo (ad esempio con siti web e video), a discutere in profondità e a insegnare in modo coerente ai nostri membri, alle congregazioni, agli studenti dei seminari e ai diversi partner la Dichiarazione di Chiang Mai, insieme alle Dichiarazioni dei popoli indigeni, dei giovani e delle donne dell’Asia e del Pacifico sulla povertà, il benessere e l’ecologia;

- a vivere stili alternativi che promuovano comunità sostenibili, a partire dalla pratica di un consumo biosostenibile.

Facciamo appello inoltre alle nostre Chiese in Asia e Oceania e alle organizzazioni globali e regionali affinché:

- sottolineino l’importanza della ricerca e della difesa di politiche economiche redistributive, specialmente riguardo alla riforma agraria, e di sistemi di consumo e di produzione alternativi in Asia e in Oceania;

- appoggino le iniziative delle Chiese dell’Oceania e di altri Paesi asiatici vittime del cambiamento climatico riguardo al debito ecologico che è ad essi dovuto;

- accompagnino le Chiese del Wcc (Consiglio mondiale delle Chiese) e del Pcc (Conferenza delle Chiese del Pacifico) in Oceania nello sviluppo di piani locali, nazionali, subregionali, regionali e internazionali per assicurare il rispetto e la protezione dei diritti degli immigrati per cause climatiche; nella promozione della ricerca su progetti di reinsediamento e sugli strumenti per accertarne i costi; nella definizione di un quadro relativo ad una nuova Convenzione o Protocollo sul reinsediamento degli immigrati per cause climatiche; (...); nella destinazione di risorse ai programmi del Wcc sul debito ecologico, il cambiamento climatico, e l’acqua; nel supporto a donne, popoli indigeni e giovani, grandi portatori di saggezza ed energie, perché partecipino a pieno titolo alla fase decisionale nei processi ecclesiali, specialmente rispetto ai temi della giustizia ecologica e economica; (...); nello stanziamento di finanziamenti e risorse adeguati per il tavolo già esistente dei Popoli Indigeni al Wcc, creando immediatamente un gruppo di lavoro che elabori i termini di riferimento e gli obiettivi di un Forum di Azione Cristiana dei popoli indigeni; nell’adesio-ne a culture e stili di vita alternativi che rifiutino le culture consumistiche, rigenerando spazi comuni e pubblici di dissenso e creazione e impegnandosi nella coscientizzazione e nell’educazione soprattutto tra i giovani; nella promozione di un dialogo sulla povertà, il benessere e l’ecologia con comunità di diverse religioni.

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