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La destra cambia pelle

- Le recenti elezioni olandesi mostrano all'Europa il nuovo volto della destra. Un'analisi a caldo

Tratto da: Adista Contesti n° 26 del 27/03/2010

Tratto dalla rivista francese "Minorités" (8/3/2010). Titolo originale: "Retour à chaud sur les élections néerlandaises".

E così, è ufficiale, la mia breve carriera politica di unico francese eletto nei Paesi Bassi è finita mercoledì (3/3). Il mio partito ha perso la metà dei suoi elettori nella mia circoscrizione, la sinistra ha perso come non mai, ma la stampa non parla che della vittoria (un terzo degli elettori) dell’estrema destra in due città pecorone. Didier Lestrade, redattore capo della rivista Minorités, ha insistito affinché facessi un bilancio soggettivo, a caldo, e allora eccomi qua.

Probabilmente non poche persone pensano che la politica olandese non sia davvero degna d’interesse. È vero che la stampa francese ne sa poco e agli intrighi dell’Aia preferisce di gran lunga i drammi di Washington e Gerusalemme o le catastrofi naturali. Eppure, come ho spiegato sul numero 24 di Minorités, la Batavia (regione che corrisponde agli attuali Paesi Bassi, ndt) è certo un piccolo Paese ma il suo ruolo in Europa è essenziale: il suo euroscetticismo ha portato a un punto morto l’UE ce ne siamo resi conto con il ‘no’ olandese al referendum sulla Costituzione europea.

Per averci messo le mani dal 2006, penso che non solo il Benelux sia il cuore della politica europea, ma che sia un laboratorio politico le cui trovate sono esportate in tutto il Continente.

 

Estrema destra 2.0

 

Una delle invenzioni più popolari del Benelux è un’estrema destra post-coloniale e post-razzista (quantomeno nella forma) che fonda il suo rifiuto dei migranti su criteri laici e “progressisti”. Il Vlaams Belang di Filip Dewinter (partito dell’estrema destra belga) è un bell’avatar fiammingheggiante e islamofobo, e Pim Fortuyn e la sua Lpf (Lista Pim Fortuyn), Rita Verdonk e il suo Troots op Nederland (ToN, “Fieri dei Paesi Bassi”) come Geert Wilders e il suo Partij voor de Vrijheid (Pvv, “Partito per la Libertà”) ne sono differenti versioni olandesi.

Il Vlaams Belang, in Belgio, è stato il primo a saper unire operai fiamminghi disoccupati, commercianti angosciati, omosessuali in cuoio e ebrei ortodossi di Anversa, contro i musulmani: quando Jean-Marie Le Pen (presidente del Fronte Nazionale dal 1992, ndt) faceva ancora pesanti scherzi di cattivo gusto sulle camere a gas o la lobby ebrea, Dewinter arrivava già a mobilitare le minoranze non musulmane fiammingheggianti con la paura dei musulmani.

In Francia, Marine Le Pen (vice-presidente del Fn, ndt) si cimenta esattamente nella stessa strategia: decolonizza e ricicla il suo partito, per passare da un discorso razzista, omofobo e sessista a un discorso repubblicano, tollerante verso i gay, gli ebrei e i neri, ma molto violento nei confronti dell’islam.

La stampa francese esita a qualificare Geert Wilders e il suo partito come di estrema destra, perché non è antisemita, né razzista, né omofobo. Ma è proprio questa la novità. La maggior parte degli elettori francesi inclini a votare per l’estrema destra non ha conosciuto né la Chiesa onnipotente né la messa in latino, né la decolonizzazione né la stessa guerra d’Algeria. La maggior parte degli elettori di periferia ha amici neri, ebrei, omosessuali o arabi. Sono andati a scuola insieme, hanno passato molto tempo sui muretti delle città durante la loro adolescenza, forse sono andati insieme a dare un’occhiata al Centro per l’impiego.

Ciò che è interessante è questa tecnica funziona. Pim Fortuyn e Rita Verdonk hanno saputo, a loro tempo, mobilitare i piccoli bianchi, i gay e gli ebrei di destra, anche se una cattiva gestione del loro movimento ha rapidamente messo fine all’esperienza. La Lpf non è sopravvissuta all’assassinio del suo leader e alla mediocrità dei suoi eletti, e Rita Verdonk ha litigato con i pazzi che finanziavano e avevano cominciato a strutturare il suo partito.

Geert Wilders ha imparato molto dai fallimenti di Fortuyn e Verdonk. Sta per trasformare questi tentativi maldestri in un colpo di mano elettorale, avanzando le sue pedine dolcemente e consolidando un partito diretto con polso di ferro e non presentandosi che nelle città che gli assicurano un successo, senza dispersioni. Si pronostica un 30% di voti per loro nel giugno prossimo ma penso che sia andato oltre perché una gran parte del mondo politico olandese è, di fatto, wilderizzato.

Wilderizzazione del partito laburista

 

Nel mio partito, quello laburista (Partij van de Arbeid), ho potuto vedere questo processo quotidianamente.

La paura dell’islam è diventata talmente presente che fa fare follie. Così il mio partito è riuscito a imporre un Islam ufficiale ad Amsterdam, cioè un islam finanziato dalla città, allo scopo di controllarne lo spirito e il verbo. In un Paese in cui la neutralità dello Stato di fronte alle religioni è talvolta considerata più importante delle altre leggi (i pastori evangelici o imam radicali che predicano l’omofobia sono sistematicamente scagionati dai giudici in nome della libertà religiosa), è una tappa storica.

La paura dell’altro è stata anche espressa in una Nota sull’integrazione (Integratienota) redatta in fretta dalla direzione del partito, la cui formulazione mi ha molto ricordato la propaganda nazionalista dell’inizio del XX secolo. Vi si ribadisce la fierezza di essere olandesi (un tema in totale armonia con il nome del partito di Rita Verdonk), cosa che mi ha scioccato molto. È giusto essere fieri delle cose positive che hanno realizzato i nostri antenati, ma non si devono dimenticare le cose di cui bisogna vergognarsi. Il nazionalismo e la xenofobia fanno parte di queste cose di cui bisogna continuare a provare vergogna, che siano 4 secoli di colonialismo (con la deportazione e la riduzione in schiavitù di milioni di persone) o la Shoah (quasi la totalità degli ebrei di Amsterdam è stata deportata e assassinata). Ed è qui che questo orgoglio aggressivo senza alcuna vergogna mi angoscia.

In occasione della campagna elettorale, la direzione locale del partito mi ha costretto ad andare a discutere di questa nota, e attraverso un questionario adescare gente, al mercato Albert Cuyp, vicino casa mia.

Mi sono ritrovato davanti una piccola vecchietta venuta dalle colonie probabilmente almeno mezzo secolo fa e ho provato tanta vergogna di ciò che il partito cercava di farmi fare che ho rischiato di svenire. Incitato dai miei colleghi laburisti a fare l’uomo e a riprendere il controllo, ho dovuto chiamare mio marito affinché venisse a cercarmi e a estrarmi da questo pantano, talmente mi stavo sentendo male.

Ne ho parlato in seguito sul mio blog, cosa che mi ha valso una sorta di processo staliniano a porte chiuse e una campagna interna di denigrazione da parte di qualche membro del partito, tutti emersi da minoranze etniche e/o sessuali.

Eccolo, il tocco Wilders: non solo si organizza una campagna xenofoba di una violenza simbolica terribile, ma per farlo si mobilitano le minoranze oppresse di ieri. I più ferventi attivisti di questa campagna di odio sono coloro che ne hanno sofferto solo qualche decennio fa, ebrei, omosessuali, discendenti degli Indonesiani rimpatriati nel territorio metropolitano al momento dell’indipendenza. Come a Anversa.

Anche se non è il luogo per entrare in dettagli, questo mini-dramma ha fatto sì che fossi messo all’ultimo posto nella lista laburista (che ho rifiutato, mi resta ancora un po’ di senso dell’onore malgrado tutto) per le elezioni di mercoledì scorso (3/3). Coloro che avevano seguito con troppa morbidezza la campagna per l’integrazione sono stati messi in posizione ineleggibile, in modo da rendere le cose molto chiare per tutti.

È successa più o meno la stessa cosa nelle altre circoscrizioni di Amsterdam e comuni del Paese: le tensioni in seno alle frazioni hanno dato luogo a molte esclusioni. Nella periferia ovest di Amsterdam, lì dove ci sono regolarmente sommosse, molti degli eletti nella file laburiste si sono dimessi. Prima delle elezioni c’è stata una lotta tra due politici di origine marocchina, e malgrado la vittoria del sostenitore della laicità (“sono di Amsterdam e che io sia musulmano non riguarda che me”), l’avvocato di quella che è opportuno chiamare la  linea coloniale (“controlliamo l’islam attraverso sussidi comunali e il bastone dell’amministrazione”) è stato spinto con forte raccomandazione dal partito in modo da essere eletto.

 

La destra sguazza nella miscela di Wilders

 

Il più grande concorrente di Wilders è il suo vecchio partito, il Vvd (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie, “Partito del Popolo per la Libertà e la Democrazia”). All’origine era il partito dei ricchi e degli imprenditori, il partito di coloro che non amano troppo pagare le tasse. I temi della campagna del Vvd non sono cambiati da diversi decenni: difendere i diritti degli automobilisti a posteggiare gratuitamente ovunque, lottare contro la criminalità in crescita (nel momento in cui non è mai stata così bassa), tagliare le spese “inutili” dello Stato-provvi-denza.

Ma nei fatti, il partito è totalmente wildersizzato. Si distingue per la sua lotta all’omofobia, cosa che non è ancora una specialità della destra francese, ma anche e soprattutto per la sua equazione arabo=delinquente e islam= pericolo. Il Vvd si guarda bene dal fare grandi dichiarazioni liberticide ma sono persuaso, dopo 4 anni seduto al loro fianco, che simili dichiarazioni arriveranno una volta che Wilders sarà al potere.

Il Vvd ha fatto il pieno dei voti di destra in tutte le città in cui Wilders non si è presentato (anche ad Amsterdam, città di sinistra). È il segno che tutto il discorso securitario e islamofobo di Wilders è servito anche al Vvd.

Le altre lezioni di questa tornata elettorale? I cristiano-democratici (sempre più a destra da quando Jan-Peter Balkenende li dirige) hanno perso voti in favore della destra nazionalista o di Wilders. L’estrema sinistra (Partito socialista, Socialistische Partij, Sp) vede i propri elettori abbandonarla a vantaggio di… Wilders. Il partito laburista si wilderizza… I soli ad aver approfittato dell’avversione di alcuni elettori per Wilder sono i liberali centristi del D66 (Politieke Partij Democraten 66), che non avevano alcun problema a governare con i fortuynisti né con Rita Verdonk. Ma ecco… il D66 ha un problema di etnocentrismo di classe e odia i poveri. È un partito intellettuale ed elitario percorso di darwinismo sociale: è un antidoto al populismo circostante, ma questo è anche il suo handicap sacro. Perché il D66 è incastrato nella sua classe sociale e incapace di mobilitare al di là di questa. Temo che l’avversione nei confronti di Wilders riguardi più la sua arroganza di partito di diplomati urbani intellettuali rispetto agli zotici di periferia che altro.

Fare la valigia?

 

Dunque ricapitolo: Wilders sta per mettere in piazza l’estrema destra 2.0 depurata da razzismo, omofobia e colonialismo. La maggior parte dei partiti ne sono contaminati, dal Vvd che si ingozza di elettori di Wilders dove questi non si presenta, al partito laburista che mette ordine nel suo programma e nei suoi ranghi in funzione dei canoni wildersiani. E i partiti del popolo (il Cda nelle campagne, l’Sp nelle città) si spopolano.

Sì, Wilders non si è presentato che in due città ma la sua ideologia ha guadagnato molto terreno, e per citare il nostro Jean-Marie nazionale, gli elettori preferiscono l’originale alla copia. Non sarebbe dunque sorprendente se il Pvv di Wilders divenisse il primo partito del Paese e non credo che la destra abbia dei problemi all’idea di una coalizione da lui diretta. Per quanto riguarda la sinistra laburista, avendo essa già reso compatibili il suo apparato e il suo programma a quello del Pvv, non dovrebbe opporre enorme resistenza.

Dewinter ha reso xenofoba e nazionalista una gran parte del mondo politico fiammingo e Wilders è in procinto di farlo nei Paesi Bassi. È questa la lezione politica che il Benelux sta dando all’Europa. Marine Le Pen ci lavora in Francia con l’aiuto attivo di Eric Besson, l’estrema destra britannica ci lavora anch’essa. Gli omosessuali, gli ebrei e i neri possono finalmente tirare un sospiro, almeno ufficialmente, ma se fossi musulmano comincerei seriamente a verificare che il mio passaporto sia ancora valido, di avere dei liquidi disponibili e una valigia sotto mano.

Esagero? Sì, lo spero davvero.

Su questo vorrei tanto sbagliarmi.

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