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PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA E SOCIALE. UN APPELLO DALL’ITALIA IN SOSTEGNO ALLA CONFERENZA DI COCHABAMBA

Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 24/04/2010

35548. ROMA-ADISTA. Da quando si è conclusa - nel peggiore dei modi - la Conferenza di Copenhagen sul clima (la 15.ma Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici svoltasi dal 7 al 18 dicembre scorso; v. Adista nn. 129/09 e 1/10), di riscaldamento globale non si sente praticamente parlare più. In attesa che l’attenzione dei mass media si rivolga alla prossima Conferenza in programma a Città del Messico alla fine del 2010 (la Cop 16, a cui ora sono legate le residue speranze dell’umanità), ci ha pensato, però, il presidente boliviano Evo Morales a rilanciare al più alto livello la questione della giustizia climatica, convocando già all’indomani del fallimento della Cop 15, insieme a movimenti sociali, associazioni, forze politiche, scienziati, la prima “Conferenza mondiale dei popoli su cambiamento climatico e diritti della Madre Terra”: una sorta di forum alternativo al vertice di Copenhagen che si svolgerà a Cochabamba, in Bolivia, dal 19 fino al 22 aprile, giornata internazionale della Madre Terra. “Se non prendiamo ora le decisioni che contano – aveva spiegato allora Morales (v. Adista n. 1/10) –, fra 30 anni i nostri figli e le nuove generazioni avranno problemi seri. Se le potenze industriali non vogliono correre ai ripari, dovranno essere i popoli a obbligarle a cambiare strada”.


10 anni di tempo

Proprio per presentare la Conferenza di Cochabamba, l’associazione A Sud ha promosso a Roma, lo scorso 13 aprile, presso la Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), una conferenza stampa a cui hanno preso parte, oltre al portavoce di A Sud Giuseppe De Marzo, il comboniano Alex Zanotelli e il giornalista e scrittore Giulietto Chiesa. Si tratta, ha spiegato De Marzo, di una novità importante nel panorama internazionale, a fronte della scomparsa dall’agenda politica planetaria del tema del riscaldamento globale, la “minaccia più grave che l’umanità abbia mai conosciuto”. Degli (scarsi) impegni presi a Copenhagen non c’è più traccia, cosicché non è dato in alcun modo sapere come impedire l’innalzamento della temperatura globale oltre i due gradi centigradi (meta che non risparmierebbe peraltro all’umanità immani catastrofi). Mentre, in compenso, si sa benissimo che i 20 Paesi più colpiti dall’emergenza climatica sono responsabili per un misero 1% dell’aumento delle emissioni di anidride carbonica e che il 90% dei costi del riscaldamento globale peserà sul Sud del mondo.

Sulla gravità estrema della crisi climatica ha posto l’accento anche Giulietto Chiesa, secondo il quale “le possibilità di un accordo internazionale sono ridottissime, per non dire nulle”, malgrado si abbiano “10 anni scarsi a disposizione” per invertire il fenomeno del riscaldamento globale, che nel frattempo si aggrava, anche grazie all’immissione nell’atmosfera del metano proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai. Non resta così che lavorare per sensibilizzare quanto più possibile l’opinione pubblica, nella consapevolezza che “dai gruppi dirigenti, sia di destra che di sinistra - una sinistra che non si è distinta in nulla su questo campo - non verrà nulla”. E non è meno tenero, Giulietto Chiesa, nei confronti del sistema di informazione, che, dice, “nasconde queste informazioni”, grazie anche a giornalisti incompetenti e a direttori di telegiornali “cialtroni e bugiardi”: “Quando si parla di questi temi, la gente capisce perfettamente cosa c’è in gioco – ha detto, forse con un eccesso di ottimismo nei riguardi della società civile –; il problema è che non viene informata, e dunque non è preparata a fronteggiare quello che avverrà”. E intanto il nostro governo “sta progettando un sistema di centrali nucleari, monumenti alla nostra imbecillità per i prossimi 100mila anni”, quando con gli stessi 30 miliardi di euro destinati al nucleare si potrebbe finanziare la ricerca per le energie alternative”.

Condividendo la critica nei riguardi della stampa – “è incredibile che si parli così poco della tragedia che incombe”, ha detto – Alex Zanotelli ha individuato nella lotta in difesa dell’acqua, e in particolare nel referendum contro la privatizzazione dell’acqua voluta dal governo (e sostenuta anche da settori dell’opposizione), un modo di “riunire la società civile più accorta”, rilanciando così la sfida fondamentale “di una cittadinanza attiva, di un popolo che diventa soggetto politico”. Per poi, partendo dall’acqua, “passare a tutto il resto, cioè al recupero dei beni comuni” senza cui non potrebbe mai darsi “la sconfitta del Mercato”. Ma sulla possibilità di “un salto di qualità” dell’essere umano - di “una rivoluzione culturale, spirituale, etica, morale” che segni il passaggio, per usare le parole di dom Pedro Casaldáliga, da una democrazia di bassa intensità a una democrazia di massima intensità e più esplicitamente a una “biocrazia cosmica” – Zanotelli si è detto ottimista: “12 anni di vita in una baraccopoli mi hanno intriso di ottimismo: non avrei mai creduto di trovarvi tanta vita, tanto coraggio. Sono convinto che quando l’uomo sbatte il naso contro il muro riesce a trovare le soluzioni. Perché la vita è più forte della morte”.

 

Per invertire la rotta

A questo “salto di qualità” si sono richiamate anche diverse personalità del mondo della cultura, dell’associazionismo e della politica italiani, esprimendo il loro sostegno alla Conferenza di Cochabamba. “Abbiamo bisogno – si legge nel loro appello – di impegni urgenti e concreti per ritrovare un’armonia con la natura e garantire la piena realizzazione dei diritti umani. Diritti umani e diritti della natura devono in questo secolo saldarsi se vogliamo impedire danni e sofferenze all’umanità ed alle future generazioni. Noi riconosciamo come gli esseri umani siano parte di un sistema interdipendente e complesso con il quale dobbiamo convivere in armonia ed equilibrio, rispettando la dignità di ciascuno e i diritti di tutti. Aver violato le leggi naturali ha portato al caos climatico e alla distruzione ecologica che minaccia la sopravvivenza di tutti i viventi su questo pianeta e genera ingiustizie, guerre e sofferenze. (…). Solo a partire dal riconoscimento dei diritti della natura e della Madre Terra potremo essere in grado di mettere un freno alla crisi ed invertire la rotta ristabilendo le giuste priorità ed una nuova intesa tra i popoli, basata sulla giustizia climatica e sociale. È questa la sfida più grande che ci attende ed è per questo che ci riguarda tutti e tutte”.

Hanno firmato l’appello Paolo Cacciari, don Angelo Cassano, Franco Cassano, Giulietto Chiesa, Giuseppe De Marzo, don Luigi Di Piazza, Luigi Ferrajoli, don Andrea Gallo,  Haidi Giuliani,  Margherita Hack, Gianni Minà, Emilio Molinari, Tonino Perna, Riccardo Petrella, Carla Ravaioli, Gianni Rinaldini, Rossana Rossanda, Raffaele K. Salinari, don Alessandro Santoro, Alex Zanotelli. (claudia fanti)

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