Nessun articolo nel carrello

Le Acli per i beni comuni Enrico Fiori: al referendum per dire no alla mercificazione di “sorella acqua”

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 40 del 15/05/2010

Il 24 aprile scorso, in molte piazze italiane, è partita la raccolta firme, promossa dal Forum dei movimenti per l’acqua, per presentare i tre quesiti referendari che mirano a modificare l’attuale normativa in materia di servizi idrici che prevede forme obbligatorie di privatizzazione.

Al Forum e alla campagna referendaria partecipano anche diversi organismi cattolici, diocesani e di base. Per comprendere le ragioni del ‘no’ alla privatizzazione dell’acqua e della sua gestione – e per approfondire il punto di vista dell’associazionismo cattolico – abbiamo intervistato il presidente provinciale delle Acli di Arezzo, Enrico Fiori.

 

Presidente, cosa rappresenta l’0rmai decennale esperienza aretina di gestione dei servizi idrici?

Il neoliberismo non è un’entità astratta, ma è una tenaglia che strangola la vita delle persone in carne ed ossa. Ad Arezzo, il racconto neoliberista si è materializzato con la conquista di un bene fondamentale come quello dell’acqua, instaurando un modello che, primo in Italia, doveva essere, a detta dei suoi inventori, esemplare per tutte le successive privatizzazioni. Sono state evocate parole magiche come efficienza e libero mercato, che però sono andate ad infrangersi contro la realtà dei fatti: nel 1999 si è costituita la società Nuove Acque, creata per gestire il servizio idrico aretino con il 54% delle azioni al socio pubblico e il 46% al socio privato. Ma questa ripartizione non deve trarre in inganno: il privato nomina l’Amministratore Delegato della società, il quale concentra nelle sue mani tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione; inoltre il Consiglio di Amministrazione di 9 membri, 5 di parte pubblica, 4 di parte privata, per deliberare qualunque cosa ha bisogno di una maggioranza di 6 voti, consegnando così un potere di veto al socio privato.

 

Se il socio di minoranza può paralizzare ogni decisione, quali sono le conseguenze sul servizio?

Il privato fa il bello e il cattivo tempo e le conseguenze si vedono e si toccano: ad Arezzo, dal 1999 si sono verificati scarsi miglioramenti del servizio; aumenti vertiginosi delle tariffe, che, fra l’altro, sono tra le più alte d’Italia e sospettate di illegittimità; insufficienti investimenti; notevoli esborsi per vaghe “consulenze tecniche”; pesante indebitamento della società.

 

Perché le Acli di Arezzo hanno deciso di scendere in campo nella battaglia referendaria?

Gli Aclisti non si sono mai lasciati incantare dalle sirene del mercato e del profitto e di fronte alla mercificazione di un bene vitale quale quello dell’acqua era impossibile rimanere inerti. L’acqua è un diritto fondamentale che non può essere piegato agli interessi di un’economia speculativa.

E poi abbiamo ascoltato i tanti cittadini, di destra, di centro e di sinistra, stufi e stanchi di pagare bollette elevate per mantenere gli alti guadagni dei privati: non a caso il 25 aprile, giorno di apertura della campagna referendaria che ad Arezzo ha visto l’intervento, tra gli altri, di p. Alex Zanotelli, nelle piazze della città sono state raccolte oltre mille firme. Come Acli, rivolgendoci ai gestori del servizio idrico, abbiamo scritto “Fanno acqua per fare cassa” ed i cittadini lo hanno capito benissimo.

 

In questa contingenza, come si stanno muovendo nel concreto le Acli sul territorio?

Abbiamo promosso una forte mobilitazione, informando e dialogando con le persone: facciamo parte del Comitato Acqua Pubblica la cui sede si trova presso la sede provinciale Acli ed abbiamo aperto i nostri Circoli alla raccolta delle firme ed alle iniziative che di volta in volta saranno prese.

Secondo i sostenitori del decreto Ronchi, l’acqua resta un bene comune e pubblico, mentre è “solo” la gestione dei servizi idrici ad essere privatizzata. Cosa nasconde questa distinzione?

Nasconde tanta paura di presentare la privatizzazione con il suo vero volto e, di conseguenza, il tentativo di truccare le carte. La popolazione rifiuta l’idea che l’acqua sia data in mano ai privati e quindi ci si inventa questa bizzarra distinzione, fingendo di ignorare che la gestione di un bene è parte essenziale del bene stesso.

L’esperienza aretina dimostra che il privato è il vero padrone e decide tutto, mentre i sindaci non hanno voce in capitolo: e così, la questione dell’acqua si intreccia con quella della democrazia.

 

Perché un cristiano/cattolico dovrebbe sentirsi interpellato da questa campagna referendaria? Perché e come dovrebbe votare?

Tutte le culture di tutti i tempi hanno visto nell’acqua un elemento sacro, carico di valori simbolici: per chi crede, l’acqua è un dono di Dio ed è inconcepibile che la fonte della vita diventi strumento di lucro e di guadagno. Anche Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, parla di una “coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni.”

Anche San Francesco parlava di “sorella acqua”: come è possibile privatizzare una persona e, per giunta, una “sorella”? Dietro la consultazione referendaria sono in gioco dei valori fondamentali di fronte ai quali un cristiano non può chiamarsi fuori: i beni comuni vanno protetti e tutelati per essere trasmessi alle generazioni future; privatizzarli è un inaccettabile atto di egoismo. Spero davvero che i cristiani contribuiscano alla vittoria di questi referendum contro la privatizzazione dell’acqua.

 

È possibile individuare nei beni comuni (come l’acqua) una nuova sfida teologica e dottrinale per il popolo di Dio?

Su questo pianeta 1 miliardo e 200 milioni di persone non hanno acqua potabile, mentre 30mila esseri umani muoiono ogni giorno a causa della mancanza di acqua potabile.

E non tutti siamo uguali di fronte all’acqua: un abitante degli Stati Uniti ne usa 1.000 litri al giorno mentre un cittadino del Burkina Faso si deve accontentare solo di 24. Queste cifre ci devono far riflettere sull’attuale modello di sviluppo, segnato dalla logica del consumo, che come una droga ha bisogno di livelli sempre crescenti, e dal saccheggio delle risorse ovunque si trovino: è un meccanismo infernale che porta a depredare per garantire tenori di vita elevati ad una minoranza degli abitanti del mondo. Uomini e territori vengono oppressi e sfruttati per accumulare ricchezza per pochi privilegiati; l’equilibrio umano, sociale, fisico, chimico e biologico di persone, comunità e ambienti viene minacciato dalla sete di profitto.

 

Cosa c’entra la fede con la critica ai modelli di sviluppo?

Il cristianesimo non è un’ideologia, ma la fede non ci toglie dalla Storia: al contrario ci consegna tutta la responsabilità delle scelte concrete in uno spazio ed in un tempo determinati. Il popolo di Dio di fronte a tante terribili ingiustizie ha il dovere di cercare soluzioni nuove partendo dall’idea che esiste una destinazione universale dei beni. Cercare ancora per superare l’attuale modello di sviluppo capitalista: questa è la sfida che si pone al popolo di Dio in cammino verso il Regno. Nel film Mission, quando, per giustificare la strage di indios e missionari, al card. Altamirano viene ricordato che “così va il mondo”, lui risponde: “Così questo mondo l’abbiamo fatto noi, così l’ho fatto io!”.

 

Come interpreta il comportamento del Pd, principale partito del centro-sinistra, di fronte a questa battaglia?

Il Pd deve recuperare una visione indipendente, un punto di vista autonomo su diversi temi, perché altrimenti rischia di rimanere subalterno alla logica del profitto e del mercato. Se le forze progressiste abbandonano la critica ai modelli dominanti e si adeguano al pensiero unico, la gente lascerà le copie e si affiderà agli originali stregoni neoliberisti: il Pd rompa gli indugi e appoggi senza riserve il referendum.

Il caso di Arezzo è emblematico delle contraddizioni che il Pd vive: il centro-sinistra ha guidato la sciagurata privatizzazione del 1999 ed ancora oggi difende quella scelta, anche se sono tantissimi i democratici che hanno firmato i quesiti referendari. Ha firmato persino il sindaco di Arezzo, salvo poi affrettarsi a dichiarare che i referendum sulla privatizzazione con Arezzo non c’entrano niente!

 

E come valuta la posizione di Di Pietro, che ha deciso di “correre da solo”, proponendo un referendum “dissociato”?

Per vincere questa consultazione popolare è necessaria una grande unità e forte coesione: non è il momento di cercare visibilità o di fare i primi della classe.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.