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LA CHIESA CHE NON TACE. E NON SI ARRENDE. IL XXXII INCONTRO DELLE CdB

Tratto da: Adista Notizie n° 86 del 13/11/2010

35850. BORGARO TORINESE (TO)-ADISTA. (dall’inviato) Forse la chiave per “capire” il senso del XXXII Incontro Nazionale delle Comunità Cristiane di Base Italiane, svoltosi a Borgaro Torinese dal 30 ottobre al 1.mo novembre, sta nel piccolo “fuori programma”, andato in scena durante il pranzo di domenica. Il casuale accenno ad un canto della cultura popolare ha dato il via ad un improvvisato coro di canzoni della tradizione operaia e contadina che ha coinvolto tutti i presenti, giovani e meno giovani. Un episodio che rappresenta in maniera efficace non solo la volontà delle CdB di continuare a declinare il proprio impegno a partire dalle lotte e dalle istanze dei senza voce; ma anche la volontà di guardare al futuro in una dimensione di confronto e condivisione che superi le differenze generazionali.

Del resto, nei tre giorni di relazioni, dibattiti, laboratori e tavole rotonde le comunità di base si erano prefisse proprio l’obiettivo di analizzare la crisi (economica, politica, morale) in atto in Italia per dare ragione della loro speranza e ragioni alla propria speranza, per coinvolgersi con chi è impegnato a far uscire il Paese dal tunnel che sta attraversando. E se solo il tempo riuscirà a dire quanto ciò che è stato seminato nel corso dei lavori porterà frutto, l’incontro di Torino lascia intanto la consapevolezza che le CdB ci sono e che intendono rinnovare il proprio contributo di entusiasmo e creatività a servizio della Chiesa e della società italiana.


Quale risposta al pluralismo?

Circa 300 iscritti ai lavori, una consistente presenza di giovani (cui quest’anno è stato affidata l’animazione del dibattito conclusivo), tre giornate di intenso lavoro caratterizzate da tavole rotonde, laboratori, celebrazioni, attività di animazione, momenti di convivialità. Si è cominciato con un confronto su “Religioni e Chiese nella crisi della società italiana a 150 anni dall’Unità”. A discutere con le CdB, coordinati da Gilberto Squizzato, c’erano Rosy Bindi (vicepresidente della Camera dei Deputati), Monica Lanfranco (giornalista, formatrice sui temi della differenza di genere), Sergio Tanzarella (docente di Storia della Chiesa), Luciano Guerzoni (presidente della Fondazione "Ermanno Gorrieri") e Paolo Ribet (pastore della Chiesa valdese di Torino). In apertura del dibattito, Guerzoni ha sottolineato che “le società occidentali moderne hanno come caratteristica quella di essere pluraliste. Ma il pluralismo di opzioni religiose è, di fatto, limitato alle confessioni cristiane”. Il contesto attuale, ha detto Guerzoni, “mette a coesistere opzioni religiose radicalmente diverse una dall’altra, tradizioni, opzioni culturali e stili di vita radicalmente diversi”. “Una sfida che ci impegnerà a lungo”, ha chiosato. Soprattutto cristiani e cattolici, che ancora “non sono usciti dalla tentazione integralista”. Ma non c’è altra strada: “La democrazia pluralista non sta in piedi se c’è guerra tra etiche contrapposte che si ritengono depositarie di una verità che dichiarano indisponibile ad ogni confronto”.

Concetto immediatamente ripreso dalla Bindi, che ha citato una frase di mons. Pierre Lucien Claverie, domenicano, vescovo di Orano (Algeria), ucciso in un attentato nel 1996. “Io sono credente -  scrisse il vescovo algerino - credo che c’è Dio, ma non ho la pretesa di possederlo, né attraverso Gesù che me lo rivela, né attraverso i dogmi della mia fede. Dio non si possiede. Non si possiede la verità e io ho bisogno della verità degli altri”. Se il modello proposto da Claverie è efficace sul versante religioso, su quello politico, le democrazie occidentali si sono sempre basate sul principio di maggioranza. Che oggi però, ha rilevato la Bindi, “vacilla di fronte alla sfida del pluralismo”, che richiede che diverse opzioni e visioni del mondo, non solo quelle prevalenti, trovino cittadinanza e possibilità di esprimersi. Per questo, “su alcune grandi questioni, il senso del vivere e del morire, dello stare insieme, prima di affidarsi al voto, le comunità politiche devono diventare luogo di dialogo e ricerca e di paziente confronto”. Oggi, al contrario, per la Bindi si corre il rischio del “bipolarismo etico”: “Chi vince impone la propria visione della famiglia, del proprio modo di intendere la convivenza”. Al contrario, in presenza di società come la nostra “la legge dovrebbe indurre i comportamenti, non dettarli, cercare cioè di responsabilizzare i cittadini, ciascuno all’interno della propria visione del mondo”. È in fondo, ha detto la Bindi, quello che i giuristi chiamano “diritto mite, che non penetra nella coscienza, non si sostituisce ad essa, non impone un punto di vista rispetto ad altro ma cerca un punto di vista comune”.

 

Laicità e Costituzione: principi irrinunciabili

Eppure, ha precisato Monica Lanfranco, se è vero che “diverse visioni devono poter convivere insieme, è altrettanto vero che esse non possono godere di un diritto di cittadinanza assoluto, ma condizionato al rispetto di certi principi irrinunciabili”. Quali? “Quelli indicati dalle leggi che proprio le donne hanno prodotto”, come quelle sul diritto di voto, il divorzio, la legge 194. Leggi che insegnano “autodeterminazione e responsabilità”, principi cardini per attraversare qualsiasi territorio, per dialogare con qualsiasi cultura”. In ogni caso, ha detto la Lanfranco, “le tradizioni si studiano, ma non per forza si condividono. E la storia è soprattutto fatta dai movimenti che hanno cambiato le tradizioni, che hanno rotto con il passato. Non c’è spazio pubblico di confronto tra culture se non si tiene conto anche di queste differenze”. Ma alla fine, ha aggiunto Guerzoni, “un’etica fondamentale comune che precede l’assetto dell’ordinamento dello Stato, non può che nascere dall’accettazione dei valori della nostra Costituzione, principi che ormai, dopo una lunga sedimentazione storica, sono i valori costitutivi della nostra convivenza civile. Analisi condivisa anche dalla Bindi, per la quale, in ultima analisi, “l’unico valore non negoziabile è la laicità, perché è quel valore che rende possibile quello spazio di dialogo e confronto tra le culture”.

Laicità possibile, anche nelle Chiese, ha sottolineato il pastore Paolo Ribet: “Nel momento in cui la Chiesa valdese e metodista ha deciso di firmare un’Intesa con lo Stato, lo ha fatto ponendo dei precisi paletti di laicità: ad esempio – ha spiegato – la nostra Chiesa promuove la presenza dei nostri pastori negli ospedali solo se ci sono malati valdesi; e comunque senza oneri per lo stato. Allo stesso modo, siamo presenti nelle scuole, ma solo se ci invitano; e senza gravare sulle amministrazioni pubbliche”. Lo stesso discorso vale per l’8 per mille: “Abbiamo discusso dieci anni, ma poi abbiamo deciso di aderire ad un sistema che pure non ci convince, utilizzando i soldi dei contribuenti in modo diverso dalle altre confessioni religiose. Non per il culto, ma per sostegno alla diaconia ed alla cultura”. “Anche quando, dopo anni di discussione, abbiamo chiesto di poter accedere alle quote che arrivano dalle firme non espresse, lo abbiamo fatto aumentando in proporzione gli stanziamenti a favore di progetti esteri”. Una scelta di laicità compresa ben oltre i confini della nostra Chiesa, ha sottolineato Ribet: “Firmano per i valdo-metodisti 350-400mila contribuenti. Ma nella nostra Chiesa siamo poco più di 20mila…”. Insomma, bisogna essere segno di contraddizione, anche nella sfera religiosa. Anche per ricordare a tutti, credenti e non credenti che “il Vaticano non è tutto il cristianesimo”. E che anche le battaglie di minoranza sono utili e preziose. “Non bisogna avere paura dei piccoli numeri”, ha detto Ribet. Anche perché, “spesso i piccoli numeri consentono di camminare con gambe più svelte”.

 

Cristiani sotto assedio

“La cristianità stessa è sotto assedio”, ha esordito Sergio Tanzarella. Ma non, come indica il senso comune, a causa dei migranti o degli islamici. “È sotto assedio da parte della categoria degli atei devoti. Sono loro che vogliono scatenare guerre di religione, insieme a politiche migratorie che si sono rivelate inumane e persecutorie”. La conseguenza è l’inasprimento dell’odio e della violenza tra i popoli e le religioni. E la paura. “Il dominio della paura è deleterio. Serve a giustificare le guerre, ma non possiamo pensare che la politica militare dell’occidente in Iraq e Afghanistan non abbia conseguenze su coloro che vivono qui”.  Insomma, una spirale che sembra non avere sbocchi. E che fa tornare un clima da editto di Tessalonica. Oggi infatti, ha detto Tanzarella, l’ideologia dominante sancisce che “è proibito non essere cristiani. E punisce chi dissente e rifiuta questa logica”. Una “religione civile”, cui hanno contribuito anche le istituzioni. Compreso l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, “per il quale essere italiani significava possedere la bandiera o conoscere l’inno. E celebrare il 2 giugno con il ritorno della parata militare”. Ma noi cristiani, ha sottolineato Tanzarella, “con quella logica non abbiamo nulla a che fare. E dobbiamo ribadirlo in ogni occasione”.

“Nella base della Chiesa – ha rassicurato la Bindi – il Concilio non è stato spazzato via. La Settimana Sociale di Reggio Calabria lo ha dimostrato. C’era fermento, anche se il documento preparatorio tentava di intervenire su questioni sociali con una neutralità politica che nella storia non ha mai portato i cattolici a risolvere le questioni sociali”. Semmai – ha rilevato la presidente del Pd – il problema sta ancora una volta nei vertici ecclesiastici, “che invitano il presidente dello Ior a parlare ai laici cattolici”. E se discutibile è la scelta stessa di Gotti Tedeschi, ancor più lo è il contenuto della sua relazione. Il presidente dello Ior, ha spiegato la Bindi, “non si è peritato di sostenere che i banchieri non hanno colpe nella crisi attuale, perché in assenza di ricchezza economica sono stati costretti a puntare sulla crescita finanziaria. E se la ricchezza economica non c’è secondo Gotti Tedeschi è perché non si fanno figli”. “Un discorso che ha offeso l’intelligenza dei 1.500 presenti”. (valerio gigante)

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