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VINO NUOVO IN OTRI NUOVI. LA NECESSARIA RIFORMA DELLA CHIESA NELLA VISIONE DI UN VESCOVO CONCILIARE

Tratto da: Adista Notizie n° 88 del 20/11/2010

35867. ROMA-ADISTA. Concilio, “Chiesa povera tra i poveri”, collegialità, primato dei laici nella sfera temporale, comunione ai divorziati risposati, viri probati. Questioni che oggi anche un teologo progressista o un laico impegnato nella sfera ecclesiale avrebbe timore ad affrontare. Eppure ad aver scritto Per riformare la Chiesa. Appunti per una stagione conciliare (la meriadiana, pp. 80, euro 12: il libro può essere richiesto senza spese aggiuntive ad Adista, tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it, oppure acquistato online sul sito www.adista.it), è un esponente della gerarchia cattolica, mons. Giuseppe Casale, vescovo emerito di Foggia. E il suo libro, agile nella forma e nella struttura quanto denso di suggestioni e temi, affronta “a viso aperto” tutti i nodi (irrisolti) che caratterizzano l’attuale fase ecclesiale: dai temi eticamente sensibili all’omosessualità, dai divorziati risposati all’alleanza trono altare, dai “ministeri” nella Chiesa alla riforma del ministero episcopale. E lo fa con franchezza e libertà d’animo e di parola. “Non è tempo di battaglie di retroguardia”, ammonisce il vescovo, quasi a motivare l’approccio “radicale” della sua analisi. “Bisogna uscire in campo aperto e camminare tutti insieme, con gli uomini e le donne di buona volontà”. Del resto, è lo stesso Casale a criticare quei “cattolici plaudenti” che “vivono tranquilli nelle loro posizioni di comodo, all'ombra dell'autorità. Ma che non sanno correre il rischio di mettersi in discussione e di esaminare con lucidità cosa sta avvenendo nella società oggi”.

“Curia” da cavallo

E allora, senza tanti giri di parole, Casale auspica che il primato del vescovo di Roma (a cui l’autore rivolge l’“affettuoso e fraterno” consiglio di rinunciare al ruolo di capo di Stato della Città del Vaticano, per rendere più libera ed indipendente la sua testimonianza di leader religioso) non renda “i vescovi sudditi, ma partecipi” e che quello del papa non sia un “governo solitario” che “crei problemi alla collegialità episcopale e il dialogo ecumenico”. Per “garantire un’effettiva collegialità” ed una reale partecipazione delle Chiese locali alla vita della Chiesa, che non sia “puramente simbolica”, sostiene inoltre Casale, “non bastano pochi vescovi cooptati nella Congregazioni Romane”. La Curia infatti, “ancorché migliorata e rinnovata”, non è in grado di svolgere un ruolo che l’attuale universalità della Chiesa richiederebbe. In questo stesso senso, mons. Casale auspica invece un maggiore coinvolgimento delle comunità locali nella designazione dei candidati all’episcopato e chiede si interrompa la prassi dei trasferimenti dei vescovi da una diocesi all’altra. Una prassi, sottolinea, certamente funzionale al carrierismo ecclesiastico, ma che non ha alcuna motivazione teologica o pastorale.

Più in generale, nel rilevare la crisi del ministero ordinato, Casale sottolinea come sia ormai un fenomeno diffuso quello delle piccole comunità che non hanno un presbitero. “Anche in Italia sono frequenti i casi di sacerdoti che hanno la cura di tre o più parrocchie. Essi sono diventati pendolari del sacro. Corrono da una parrocchia all’altra”. Per evitare questa burocratizzazione del ministero, il vescovo rilancia l’idea dell’ordinazione di viri probati uxorati, ossia “di uomini sposati che per età e maturità umana e spirituale siano ritenuti idonei ad assumere i compiti del presbitero”. Una soluzione che andrebbe incontro, scrive il vescovo, alle esigenze delle comunità, senza per questo intaccare l’essenza del ministero presbiterale.

 

Io “Dico” sì

La seconda parte del libro si occupa invece prevalentemente dei laici. Ad essere affrontato è anzitutto lo spinosissimo tema dell’omosessualità. È forse la questione in cui Casale usa i toni più prudenti. Il vescovo afferma però con chiarezza che “gli omosessuali non sono persone menomate. Sono persone che scoprono in sé un orientamento sessuale che, anche se è al di fuori di quella che noi riteniamo normalità, esprime un bisogno di affetto e può raggiungere forme di dedizione e di generosità”, che possono portare “alla formazione di coppie stabili e capaci di realizzare una condivisa esperienza di vita”. In questo senso, Casale apre anche a forme di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, purché distinte dal matrimonio.

Toni certamente più netti su Eluana Englaro (vicenda nella quale mons. Casale più volte intervenne per difendere le ragioni di papà Beppino e contro ogni “accanimento” sul corpo di Eluana) e sui divorziati risposati. La loro esclusione dall’eucarestia, scrive il vescovo, si fonda “sulla considerazione che la rottura dell’unità coniugale contraddica oggettivamente quell’unione tra Cristo e la Chiesa significata e attuata nell’eucarestia”. Una lettura che per Casale “risente dell’interpretazione contrattualistica del matrimonio e sembra poco attenta alla dimensione dell’amore come rapporto interpersonale”: “La via della misericordia (che, ripetiamolo con forza, non è lassismo) non risulterebbe più idonea a garantire, attraverso un itinerario penitenziale, la ripresa di una vita cristiana coerente e responsabile?”.

 

Laici plaudenti o pensanti?

La conclusione del libro si concentra maggiormente sul precipitato politico dell’attuale crisi della Chiesa che, scrive Casale, si cerca inutilmente di occultare attraverso l’apparente “clima di unità fittizia”. “Il conformismo non è unità”, afferma il vescovo, e “bisognerebbe preparare momenti in cui sia possibile dirci tutta la verità”. Servirebbe, tanto per cominciare, un giornale dei cattolici. Ma se Avvenire, continua ad essere “voce dei vescovi (in realtà solo del vertice Cei) e non favorisce il dialogo tra le varie realtà ecclesiali” è uno strumento che “non serve. Anzi, può essere dannoso”. La gerarchia però non se ne rende conto, e preferisce un’opinione pubblica cattolica silente. E silenziata: “Messe a tacere le voci che invocavano riflessione attenta, confronto sereno, verifica del rapporto Chiesa-società si sono fatte forti e insistenti le voci dei cattolici plaudenti”. Laici impegnati in politica che la gerarchia vuole senza autonomia, semplice cinghia di trasmissione dei propri desiderata. Ma la strada è un’altra. E non passa certo per la difesa ad oltranza dei “valori non negoziabili”: “I valori, le richieste morali che emergono dalla fede - ammonisce Casale - non devono venire messe tra parentesi dal cristiano nell’agire politico, ma devono venire assunte e creativamente mediate in modo da manifestarsi nella loro capacità universalizzante e nella loro potenzialità umanizzante”. Lo spazio politico, inoltre, deve tornare ad essere, anche per i cattolici, “come una moderna agorà, spazio del conflitto e della discussione in vista della ricerca di buone mediazioni che ottimizzino valori umani condivisi”.

 

Né “otto” né argento

Nelle ultime pagine del libro il vescovo emerito di Foggia tira le somme, e lancia un accorato appello per una Chiesa “povera tra i poveri”. Né oro, né argento, scrive il vescovo citando gli Atti degli Apostoli. Il che esclude strumenti di finanziamento come l’8 per mille, con i preti diventati “salariati dipendenti”, le costose campagne pubblicitarie fatte per invogliare i contribuenti con slogan tipo: “Firmate che tanto non costa nulla”. Un messaggio mistificatorio, sostiene Casale, perché “il sostegno alla Chiesa, se ci si crede sul serio, deve costare qualcosa, deve essere fatto con sacrificio e deve comportare anche una responsabilità nella gestione”. Meglio, allora, sperimentare “il versamento libero della decima e dar vita a una effettiva partecipazione dei fedeli”. La Chiesa dovrebbe rinunciare ai segni del potere e diventare la “Chiesa con il grembiule”, come chiedeva don Tonino Bello.

Il rigore dell’analisi e nell’individuazione dei mali che affliggono la Chiesa non deve però indurre allo sconforto o al pessimismo. “Dopo l’ora della tribolazione viene il giorno del Signore”, assicura Casale, per il quale le difficoltà di questa delicata fase “non devono scoraggiarci”. “Né diminuire l’impegno affinché la Chiesa non continui a guardare con diffidenza il nuovo che avanza, ma sappia vivificarlo col lievito evangelico”. (valerio gigante)

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