Chiesa di frontiera Le Piagge, periferia di liberazione e di fraternità
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 96 del 11/12/2010
Se vi è capitato di viaggiare sul treno che da Livorno va a Firenze o viceversa, sicuramente, arrivando nei pressi del capoluogo toscano, avrete costeggiato un quartiere all’estrema periferia nord-ovest della città, una lunga striscia verde e grigia (verde d’erba e grigia di cemento) dalla quale spuntano grandi palazzi, alcuni dei quali con una forma particolare che li fa assomigliare ad enormi navi.
Ad un primo sguardo la zona non vi sembrerà male: grandi prati, poco traffico, il fiume cittadino che costeggia tutta l’area, insomma, un’area residenziale come ce ne sono altre in Italia, tranquilla e defilata dal centro cittadino, caotico e convulso.
Ma se decidete di scendere dal treno, alla piccola stazione Le Piagge, vi accorgerete che il verde dei prati non è interrotto, quasi mai, da presenze umane e che il grigio delle strade senza sfondo fa pensare di più a grandi parcheggi che a strade di quartiere. E soprattutto, l’idea di tranquillità che fino a pochi minuti prima vi trasmetteva questa zona, ora lascia il posto ad un senso di vuoto, di troppo grande, di poco umano. Sì, perché la maggior parte della vita, alle Piagge, non si svolge nelle strade o nei giardini pubblici. No, rimane chiusa dentro le “navi”, e ancor di più dentro ai singoli appartamenti (che in ogni nave sono 150); perché le Piagge non sono state pensate in funzione delle persone che le avrebbero abitate; sono state progettate secondo linee architettoniche solo teoriche e piani di attuazione che tendevano al risparmio economico, e basta.
Alle Piagge abitano circa 10mila persone dislocate fra stabili di edilizia popolare e strutture abitative private, su un terreno di esondazione dell’Arno che il Comune di Firenze, a più riprese, ha definito a rischio idrogeologico e posto sotto vincolo edificatorio… Ma alle Piagge si è continuato a costruire ed ancora si continua a farlo, in barba ai rischi e alle direttive, in una specie di schizofrenia istituzionale che si protrae nei decenni. L’Arno scorre a circa 150 metri dalle abitazioni, si può far finta che non ci sia, perché è nascosto dalla ferrovia, appunto, e si può accedere alle rive soltanto da due sottopassi quasi pedonali, ma c’è, è presente, anche se assolutamente non avvertito e non vissuto dagli abitanti.
Vi accorgerete poi, girando per il quartiere, che una piazza non c’è, non c’è il luogo di incontro per eccellenza di una comunità di abitanti, ma c’è invece un grande centro commerciale con piazzale interno che segue gli orari di apertura e di chiusura dell’esercizio, e questo sembra sia sufficiente a parere dell’amministrazione comunale.
Continuando a passeggiare per il quartiere vi potrete imbattere in una zona diversa dalle altre, con un continuo andirivieni di persone, raccolta intorno ad un piazzale. Avvicinandovi vi troverete in una porzione di uno dei grandi prati inutili, delimitata dalla strada da una staccionata di legno, nella quale si trovano delle strutture completamente atipiche. Nel piazzale c’è un grande prefabbricato bianco, una casetta in legno, tipo baita di montagna, un campetto da calcio molto artigianale, due serre vicino ad un laghetto, una tettoia in legno e lamiera che protegge cumuli di metalli diversi. E si coglie uno sventolio di bandiere, una con i colori dell’arcobaleno, l’altra con scritto sopra clandestino.
Se decidete di seguire la vostra curiosità e di farvi avanti, entrando nel prefabbricato bianco incontrerete sicuramente qualcuno che magari vi indicherà qualcun altro, perché, vi dice, non comprende ancora molto bene la lingua italiana, e scoprirete che la struttura in cui vi trovate si chiama Centro sociale “Il Pozzo”, uno spazio polivalente nel quale si praticano la gran parte delle progettualità della Comunità di Base delle Piagge.
In questo grande capannone, un po’ precario, ogni giorno passano centinaia di persone con vite e storie diverse: alcune per svolgere il loro inserimento lavorativo, altre per studiare o insegnare la lingua italiana, altre ancora per aiutare o essere aiutate nello svolgimento dei compiti, altre per passare del tempo insieme ai bambini e ai ragazzi del quartiere, alcune soltanto per salutare e scambiare due parole. Alcune vengono per incontrare le persone che si impegnano nel progetto di microcredito di prossimità, altre per discutere e confrontarsi nelle innumerevoli riunioni che hanno luogo, altre cercano di tirare i fili delle tante attività che lì vengono portate avanti e altre ancora per parlare con il prete della comunità, don Alessandro Santoro, che si siede ad un tavolo ad ascoltare vestito ancora in tenuta da lavoro; lavora come operaio dentro a una delle cooperative della comunità: insieme ad altre persone raccoglie e ricicla materiale ferroso.
Dentro al centro sociale ogni domenica si celebra e si partecipa la messa, i bambini si riuniscono all’interno del loro percorso di incontro con il Vangelo ed ogni giovedì sera ci si trova intorno alla Bibbia, per farne una lettura popolare e contestualizzata.
Scoprirete poi che quella che sembra una baita di montagna è una bottega di economie solidali che prova, nel proprio piccolo, attraverso percorsi di economie critiche ed alternative, ad inserire un granellino di sabbia nel gigantesco ingranaggio economico e commerciale.
Dal 1994 la comunità delle Piagge tenta di vivere una Chiesa della convivialità, all’interno di percorsi nei quali camminano fianco a fianco persone credenti e non credenti o che si riconoscono in altre religioni. Ma per tutti è imprescindibile il valore della spiritualità in ogni ambito della vita, sia sociale che economico, educativo o di fede. La spiritualità è riconosciuta come il filo rosso che attraversa ogni pensiero, ogni progettualità, ogni pratica che prende avvio dalla comunità e si intreccia alla dimensione della scuola, come acquisizione di voce e di parola per diventare “cittadini sovrani”, persone consapevoli e critiche.
All’interno di un tale terreno quindi c’è posto per tutti, la porta è aperta, non ci sono soglie da varcare o tessere da timbrare, c’è soltanto da accettare di mettersi in gioco all’interno di un percorso nel quale l’obiettivo è rendere dignità, umanità, capacità critica e di sogno alle persone. Non ci sono maestri ma compagni di strada, una strada verso la liberazione, non personale o intima, ma collettiva, di più, comunitaria.
È una comunità che cerca di essere ecclesiale nel senso più ampio del termine, accogliente, fraterna, non escludente né esclusiva, inserita profondamente nel territorio in cui è nata e cresciuta.
La comunità delle Piagge è un’esperienza fatta di tante persone del quartiere e anche di coloro che non abitano alle Piagge ma che hanno scelto, e scelgono ogni giorno, da che parte stare, da quale prospettiva guardare il mondo.
Cercando di fare nostre le parole di don Lorenzo Milani “Non si può fare parti uguali fra disuguali”, sperimentiamo quanto sia diverso osservare la realtà dal centro o dalla periferia. Quanto diversi siano i percorsi e le scelte guardando il reale dai margini urbani, sociali e umani: cadono le certezze imperturbabili e le costruzioni superflue, ci si ritrova in mano l’essenziale delle vite proprie ed altrui, e da quello, dal basso delle esistenze di ognuno, si cerca di ricominciare a costruire percorsi comunitari di liberazione e di dignità con un continuo confronto con l’altro da sé, con le altre persone, con la Parola.
Poi tornerete verso la piccola stazione Le Piagge e, una volta saliti sul treno, con ancora negli occhi le tante storie e i tanti visi incontrati, forse farà capolino il pensiero che soltanto dai tentativi piccoli e periferici di comunità umane “resistenti” può realizzarsi il sogno di Dio “Che tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
* Comunità di Base delle Piagge. Autrice di “Le Piagge. Storia di un quartiere senza storia” (Edizioni Piagge, 2009)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!