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L’AMORE “A PERDERE” DI DIO. UN LIBRO SULLA PARABOLA DEL “PADRE CHE FU MADRE”

Tratto da: Adista Notizie n° 99 del 25/12/2010

35927. VERONA-ADISTA. Un affresco del modo di agire di Dio - il metodo dell’amore gratuito che esiste per sé e non per quello che riceve - che è la prova stessa della sua esistenza e della rivelazione del Vangelo, e che può accettarsi solo per grazia, non per ragione, perché sovverte il concetto stesso di giustizia così come concepito dall’uomo. È così che Paolo Farinella, biblista, scrittore e saggista, parroco a Genova, ci presenta nel suo nuovo volume Il padre che fu madre. Una lettura moderna della parabola del Figliol Prodigo (Il Segno dei Gabrielli Editori, pp. 311, euro 16; il libro può essere richiesto senza spese aggiuntive ad Adista, tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it, oppure acquistato online sul sito www.adista.it) quella che considera “la chiave ermeneutica di tutta la rivelazione cristiana”: la parabola lucana del figliol prodigo.

“L’uomo della parabola - scrive Farinella nel volume che raccoglie le puntate dedicate alla parabola apparse nella rubrica ‘Così sta scritto’ della rivista Missioni Consolata - è il perno attorno a cui girano i due figli, uno peggiore dell’altro, perché il maggiore, pur restando a casa, non è migliore del minore che se n’è andato via. Il padre, a sua volta, lacerato tra i due non impone mai la sua autorità e, quindi, non fa prevalere il principio dell’‘ego dixi’ ma lascia intatti gli spazi vitali e il tempo della sperimentazione perché i figli, camminando con le proprie gambe, possono arrivare a quella profondità e senso della vita che ‘adesso’ non vedono”. “È la parabola della Chiesa - continua l’autore -, dove spesso la gerarchia si impone non per argomenti, ma per imposizione trasformando l’autorità in autoritarismo e vanificando la sua credibilità di fronte ai figli che vogliono volare nell’immensità del cielo e non essere tarpati per razzolare nella polvere dell’ovvio e del banale”.

Per mettere in evidenza le due caratteristiche di Dio Padre che è “‘giusto perché misericordioso’” Farinella suggerisce di chiamare la parabola lucana, la parabola de “Il padre che fu madre”: un titolo che offre “la chiave di lettura per entrare nel cuore di Dio il cui mestiere è il perdono”. Esso esprime infatti, secondo l’autore, “la totalità dei sentimenti che la parabola descrive: l’amore che si perde letteralmente, si smarrisce dietro il testardo recupero dei figli. Attorno al suo amore senza senso logico ruotano tutti: il figlio minore che da questo amore mai è stato abbandonato, il figlio maggiore che non ammette l’amore gratuito per cui diventa omicida, i servi che corrono avanti e indietro quasi a ingigantire ancora di più l’amore contagioso del padre, il lettore che sogna un’esperienza uguale in una Chiesa che sia sempre Madre, mentre si rivela matrigna arcigna, incapace di tenerezza perché preoccupata di tenere in ordine i principi”.

La parabola lucana secondo Farinella è “la chiave di volta, l’Ermeneutica, di tutta la Scrittura”: “La ragione si ribella di fronte al comportamento del padre che ama anche quando dovrebbe punire. Non per ragione, ma solo per grazia si può accettare questa Parola che sconvolge il senso di giustizia come gli uomini lo hanno codificato”: “‘Fare la parti uguali’ anche tra diseguali”. “La giustizia umana è relativa come ogni realtà che appartiene alla sfera dell’umano. In Dio però non è così, perché la parabola del padre che fu madre, ci conferma che per lui la Giustizia si identifica con l’Agàpe che trova nel perdono la sua massima compiutezza e realizzazione. Dio è giusto perché ama e perdona”. Luca, scrive ancora Farinella, “con la parabola ‘dell’amore a perdere’ di un padre verso due figli tragici, ci consegna il mandato missionario di un Vangelo aperto a ogni popolo il quale ha il diritto di accesso alla fede senza condizione preliminare. Gesù compie in territorio pagano gli stessi miracoli che compie in terra d’Israele, con le stesse modalità e alle stesse condizioni. Israele e Pagani per Gesù di Nazareth sono sullo stesso piano e nessuno può vantare diritti superiori a quelli degli altri”. “L’ebreo Gesù - prosegue l’autore - supera i confini nazionalisti d’Israele, ma spazia spesso oltre i confini del suo popolo per navigare nell’oceano aperto dell’umanità intera”. L’orizzonte della vicenda di Gesù, continua Farinella, “non è più Betlemme, ma la Palestina; non è più la Palestina, ma tutta la storia di Israele; non è più la storia di Israele, ma l’umanità intera; non è solo l’umanità, ma questa in rapporto con Dio creatore che si prende cura del mondo che ha creato”.

La parabola lucana, secondo l’autore, “non è un racconto edificante, non intende esporre una morale o un sistema di valori, ma vuole essere un affresco del nuovo metodo di agire di Dio: il metodo dell’‘amore a perdere’ o, come suole dirsi, dell’amore gratuito che esiste per sé e non per quello che riceve”. (ingrid colanicchia)

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