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DEMOCRAZIA ILLUSORIA

- Turchia: nonostante le recenti “aperture democratiche”, la minoranza curda continua ad essere discriminata

Tratto da: Adista Contesti n° 64 del 10/09/2011

Muharrem Erbey è avvocato e attivista dei diritti umani curdo. Tratto dal portale di informazione politica Opendemocracy 23 agosto 2011. Titolo originale: The 'democratic opening' and the illusion of advanced democracy in Turkey

Voltaire disse: "Coloro che hanno perso la loro libertà l’hanno persa perché non l’hanno difesa". La Dichiarazione d'Indipendenza Americana nel 1776, la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino nel 1789, e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite del 1948, sottolineano tutte la resistenza alla repressione come un dovere e diritto personale. I diritti e le libertà possono essere limitate in ogni società, il problema è se e in che misura e fa pendere da una parte la bilancia della giustizia. I difensori dei diritti umani e tutte le persone di coscienza hanno il dovere di rispondere quando la repressione nella difesa del potere si intensifica e sconvolge queste bilance - sia nelle società autenticamente democratiche sia in quelle in cui l'esercizio dei diritti è un’apparenza, mantenuta attraverso un'illusione. Noi difensori dei diritti umani abbiamo adottato come principio la tutela della dignità umana senza distinzione di razza, lingua, identità etnica, religione, classe o sesso.

Fondata nel 1986, l'Associazione per i diritti umani della Turchia (Ihd) ha lottato per contribuire alla ricerca della libertà di accesso alla giustizia delle persone. Ventitré dei nostri membri sono stati giustiziati extra-giudizialmente a causa del loro lavoro per i diritti umani, centinaia di membri e dirigenti sono stati imprigionati per periodi prolungati, e l'organizzazione è stata al centro di migliaia di cause legali.

Ihd documenta le dilaganti violazioni commesse nella nostra regione con dati, relazioni e monitoraggi, e supporta le vittime sia nel processo legale sia nella lotta più ampia per la giustizia. Condividiamo i nostri dati con la comunità locale, nazionale e internazionale. Solleviamo critiche. A coloro che sostengono che le violazioni dei diritti umani sono terminate, diciamo no, stanno continuando. Siamo stati e siamo tuttora presi di mira per questo motivo.

Il presidente della sezione dell’Ihd di Diyarbakir, la più grande città nella regione curda della Turchia, è stato arrestato l'ultima volta nel 1995, durante uno dei periodi più oscuri del conflitto in questa zona. Nessun altro presidente di sezione è stato arrestato negli ultimi 15 anni, anche se molti sono stati sottoposti a circa 300 indagini e azioni legali. Io sono stato arrestato all’improvviso nel dicembre 2009 nell'ambito dell’indagine attualmente in corso contro di me. Non sono coinvolto in altre cause o indagini al momento.

I diritti umani sono diventati gomma da masticare per tutti, mentre noi siamo stati messi a tacere.

Quando il vice primo ministro Bülent Arinç e il ministro degli interni Besir Atalay sono venuti a Diyarbakir per incontrarsi con noi, gli abbiamo detto che sostenevamo con tutto il cuore la cosiddetta 'apertura democratica' avviata dal governo alla fine del 2008. Abbiamo sottolineato che volevamo aiutare a potenziare l'iniziativa, e che erano urgentemente necessari passi concreti per fermare la violenza e porre fine alle morti. Per quanto riguarda la questione curda, abbiamo sottolineato che la soluzione avrebbe dovuto includere la legalizzazione dell'uso della lingua curda nella sfera pubblica, il trasferimento dell’autorità alle amministrazioni locali, la creazione di una Costituzione civile, egualitaria e pluralista, e il permesso per l'ingresso dei membri del Pkk nella politica attraverso un’amnistia incondizionata. Le nostre proposte hanno causato disagio.

La questione curda, che è la più antica della Turchia e quella che ha fatto più vittime, può essere risolta attraverso la partecipazione e lo sforzo congiunto di una vasta gamma di istituzioni, organizzazioni e altri attori. La maggior parte delle violazioni dei diritti umani in Turchia è legata alla questione curda, in un modo o nell'altro. Ci sono state 29 successive ribellioni curde importanti negli ultimi 205 anni, la prima delle quali a Mosul nel 1806. I 40 milioni di curdi in Turchia, Iran, Iraq e Siria sono privati dei diritti e delle libertà fondamentali, sono percepiti come cittadini di seconda classe, esposti a tortura e maltrattamenti, non possono esercitare liberamente la loro lingua e la  loro cultura, sono senza status, e esclusi da qualsiasi reale partecipazione nell'amministrazione.

È significativo che, anche se la storia conosce i curdi da migliaia di anni, né i poteri dominanti nelle terre curde, né le forze internazionali li riconoscano, scegliendo invece di ignorare la posizione adottata contro di loro.

Sono stato in prigione dal 24 dicembre 2009, per circa 18 mesi, a causa di accuse secondo le quali avevo 'sminuito' lo Stato in discorsi sui diritti umani e sulla questione curda che avevo tenuto presso l'edificio delle Nazioni Unite a Ginevra, nonché nei parlamenti inglese, belga e svedese. Ho anche consigliato le vittime nei loro ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo; ho preparato progetti sui diritti umani di donne e bambini; ho partecipato ai lavori per la preparazione di una Costituzione civile, pluralista; ho frequentemente partecipato nell’elaborazione di comunicati stampa forniti da diverse ong. Secondo lo Stato tutte le mie azioni hanno rafforzato l’‘etica’ del Pkk. Ho anche scritto a pubblici ministeri e alla commissione diritti umani del parlamento turco per conto delle vittime (anzi, il procuratore del governo in seguito ha definito questi scritti elementi che hanno favorito gli obiettivi del Pkk), e lo Stato ha anche detto che ero un membro dell’Assemblea Turca dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (Kck / Tm), un'organizzazione considerata un prolungamento del Pkk.

Quando sono andato davanti al pubblico ministero e al giudice, ho ammesso tutte queste attività (tranne di essere un membro del Kck). Ho anche affermato che difendo il mio operato e non ho rimpianti, e che l’avrei ripreso non appena fuori dal carcere.

Nel maggio 2010, è stato pubblicato un atto d'accusa di 7.500 pagine. Il dossier, che cita 152 sospetti, 104 dei quali sono in carcere in attesa del risultato del processo, arriva a 132.000 pagine se si includono 'prove' supplementari. Tra coloro che sono perseguiti vi sono 15 sindaci eletti, 2 presidenti di consigli provinciali generali, e decine di politici. Siamo stati in prigione chi 18, chi 20,chi 24 mesi. Le prove contro di me comprendono la testimonianza di un 'testimone segreto' e dichiarazioni false e immaginarie. Nel nostro primo processo, abbiamo dichiarato che avremmo fatto le nostre dichiarazioni nella nostra lingua madre, il curdo, così come in turco. Il giudice supremo ha disattivato i nostri microfoni, definendo il curdo come una "lingua sconosciuta", e il  processo si è bloccato.

Da quando la Repubblica Turca è stata fondata nel 1923, c'è stato un tentativo di omogeneizzare tutte le identità etniche attraverso metodi come la repressione, le migrazioni forzate, l'assimilazione, gli arresti e le esecuzioni extragiudiziali effettuate da ignoti.

Il sistema turco ha sempre resistito al cambiamento, adottando una posizione conservatrice contro le diverse identità e le richieste di libertà. Nel 2002, c'erano 52mila detenuti e persone sospette nelle carceri turche; ad aprile 2011, i detenuti sono 123mila, molti dei quali condannati.

L'incarcerazione di politici dell'opposizione, di giornalisti critici e di difensori dei diritti umani dimostra che il regime della Turchia è diventato totalitario? Tutti gli sviluppi sono attuati in nome di una democrazia avanzata. L'accettazione della differenza è l'essenza della vera uguaglianza. I tentativi di sopprimere la differenza sono l'indicazione della disuguaglianza. Tutto quello che chiedo è un po' più di tolleranza, di cooperazione e di empatia. Non dimentichiamo che ognuno ha il diritto di esprimersi sullo sviluppo della società in cui vive. Inoltre, è un dovere morale.

La gente deve sapere come accettare la sofferenza e il dolore per la libertà, come trarre nutrimento  da queste difficoltà. Nonostante coloro i cui cuori sono induriti, che si alimentano della loro rabbia, che pongono insopportabili fardelli emotivi su di noi, troviamo ostinatamente nutrimento e forza nella libertà. Uguaglianza, libertà e giustizia meritano tutto quello che possiamo dare.

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