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Libertà del Vangelo e schiavitù del potere

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 66 del 17/09/2011

Chi gliela dà, oggi, la buona notizia ai poveri? Chi annunzia loro la liberazione da una falsa democrazia che cammina inesorabilmente verso la creazione di due grandi blocchi: quello dei ricchi e dei potenti e l'enorme massa dei diseredati, degli affamati, dei precari a vita, dei disoccupati, dei senza futuro?

Gesù diede la “buona notizia” (questo significa Vangelo) quando nella sinagoga di Nazareth fece sua la profezia di Isaia e proclamò: «Oggi è compiuta questa Scrittura» (Luca 4, 21). L'oggi di Gesù è l'oggi della Chiesa. Ma per troppo tempo la “buona notizia” è stata appena sussurrata o è stata tradita dai continui compromessi col potere politico. Per un piatto di lenticchie si è rinunziato alla gloria della povertà alla testimonianza del Vangelo e si è preferito farsi coinvolgere nella ricerca del potere che spegne ogni volontà di «rovesciare i potenti dai troni, di innalzare gli umili, di ricolmare di beni gli affamati, di rimandare i ricchi a mani vuote» (Luca 1, 59-64). Il canto di Maria è risuonato ogni sera a conclusione della preghiera vespertina, ma si è continuato a intessere affari e a ricercare protezioni dimenticando l'esempio di Cristo che assunse la nostra povertà e la innalzò all'altissimo livello di “beatitudine”.

Non sono mancati uomini e donne di Chiesa che hanno vissuto poveramente, che si sono dedicati al servizio dei poveri e che, come Francesco, hanno sposato Madonna povertà. Ma l'istituzione Chiesa ha pensato più a difendere i suoi diritti, a sostenere le varie sue opere e a fare continui patteggiamenti con il potere. In fondo, si dice, i soldi servono per la vita stessa della Chiesa. Senza soldi, si dice, non si campa e non si opera.

Non solo in anni lontani, ma anche oggi, si chiede allo Stato di sostenere economicamente la Chiesa, e non ci si rende conto che anche quando ci sono da sanare situazioni di abuso da parte dello Stato (incameramento dei beni ecclesiastici) ogni patteggiamento è sempre un limite alla libertà di proclamare a gran voce l'ingiustizia di decisioni politiche che favoriscono i ricchi e i potenti a svantaggio dei poveri. I compromessi hanno preso il sopravvento, e tutte le grandi e piccole imprese pastorali rese possibili dai soldi dell'8 per mille, al di là del clamore immediato, sono destinate a rimanere testimonianza del “mal della pietra” che edifica non per la gente ma per la vanità di tanti responsabili nella Chiesa.

La Chiesa deve essere sostenuta dall'apporto anche economico dei fedeli. Impegno che esige collaborazione responsabile, partecipazione alla programmazione e verifica attenta di entrate e uscite. La Chiesa deve essere libera dalla schiavitù del potere economico per essere sempre pronta a denunziare i guasti di un capitalismo globalizzato che come serpe velenosa si insinua nelle coscienze dei credenti e li rende succubi di una pericolosa deriva spirituale. Si rende onore a Dio con formali atti di culto e si calpesta l'amore di Cristo povero e umile.

Il Concilio Vaticano II iniziò e si concluse con l'impegno a liberare la Chiesa dal peso del potere economico, per farne la testimone dell'amore di Cristo povero e umile. Giovanni XXIII, nel discorso di apertura del Concilio, proclamò: «Al genere umano oppresso da tante difficoltà, la Chiesa, come già Pietro al povero che gli chiedeva l’elemosina, dice: Io non ho né oro né argento, ma ti do quello che ho. Nel nome di Gesù Cristo nazareno levati e cammina».

Chiedo al Signore che ci aiuti ad avviare una revisione di vita comunitaria a tutti i livelli perché strutture e stili di vita cambino radicalmente. Per poter dire al povero di oggi (e sono milioni): «Alzati e cammina». Non «ricevi e continua a patire». Ma «alzati, prendi coscienza della tua dignità e cammina per fare insieme con gli altri fratelli e sorelle la nuova storia della civiltà dell'amore».

* Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino

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