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Ieri, oggi e domani

- Spartaco, modello di liberazione, dalla schiavitù di allora e dalle schiavitù odierne

Tratto da: Adista Contesti n° 16 del 28/04/2012

Tratto dal blog cileno blogs.cooperativa.cl (15 marzo 2012). Titolo originale: Protestas: El misterio de Espartaco

È a Sallustio, Appiano e Floro che dobbiamo la trasmissione della storia di Spartaco, lo schiavo che mise in scacco la repubblica di Roma nel 72 a. C. L’episodio è conosciuto oggi come la III Guerra Servile e più conosciuto ai giorni nostri nella sua versione hollywoodiana che aveva per protagonista Kirk Douglas.

Spartaco ci chiama, ci obbliga a parlare delle lotte emancipatorie della storia umana. È chiaro che non è né il primo né l’ultimo. Tuttavia, sorge la questione di questo primo uomo, il primo Spartaco che concepì la libertà come orizzonte possibile. Quell’anonimo e lontano primo Spartaco “immaginò” quello che non c’era, come negazione di un mondo che gli appariva ingiusto. La questione fondamentale ha le sue radici in questo passaggio sottile e radicale, l’atto poetico di immaginare “dignità” proprie dell’umano. Questo atto creativo è un mistero ed è il seme di ogni rivoluzione, di ogni cambiamento possibile. In definitiva, la schiavitù si rivela indegna a questo primo Spartaco, in un mondo di schiavi in cui la sottomissione era naturalizzata dai potenti, al punto che neanche una mente brillante come quella di Aristotele si pose il problema.

Osservando la storia, richiama l’attenzione il diffondersi di una certa coscienza della “dignità umana”. Non possiamo negare che ci siano state regressioni, cadute; è certo che l’astuzia dei privilegiati si ammanta di nuove vesti per perpetuare nuove forme di assoggettamento. Tuttavia, al di là di questa evidenza, persiste il mistero posto dal primo Spartaco, la creazione di nuovi orizzonti di realizzazione dell’umano. Solo “dopo” questa “creazione idiolettale” (individuale, ndt) è possibile che altri condividano un sogno di emancipazione morale, sociale o estetica; solo “dopo” irrompono i movimenti storici e sociali, la “dimensione sociolettale” (di gruppo, ndt). “I diritti dell’essere umano” come credenza fondamentale o cliché di moda.

Poco importa che un determinato sogno si sia plasmato o no in società storiche, certo è che ogni nuovo orizzonte dell’umano resta per sempre come uno dei possibili percorsi della storia futura. I sogni sono, inevitabilmente, atemporali e, in questo senso, perenni. Il mistero continua, andando al di là di migliaia di crocifissi, al di là di massacri immisericordiosi. In ogni essere umano è radicata in potenza la possibilità di creare questa scintilla che incendia la prateria. Un’idea può essere più pericolosa di un’arma nucleare.

Così come oggi ci sembra aberrante la schiavitù umana, nei secoli a venire sembrerà indegno, irrazionale e grottesco il modo in cui trattiamo l’ambiente, o i principi morali che presiedono alla nostra vita sociale e politica, che convertono in merci l’educazione, la salute, il cibo, l’acqua, il sesso, la vita stessa.

L’idea tanto elementare che non sia corretto che pochi si approprino del lavoro di molti, è il grido morale e politico dei deboli, emarginati e poveri della terra, che siano o meno coscienti di questo. Per ottemperare al compito di emancipazione che grava, inevitabilmente, sulle generazioni future, non ci sono dogmi né ricette. C’è però un’esigenza morale: lavorare per la continuità della vita, per far sì che la libertà non sia una statua e la dignità sia molto più di un pio desiderio.

Dobbiamo a quel primo Spartaco l’idea, oggi luogo comune, che la schiavitù sia inaccettabile. Sospettiamo che ci siano altri Spartaco con sogni inconcepibili in questa preistoria umana che viviamo, ma che saranno mero senso comune per gli esseri umani di domani.

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