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PER UNA CIVILTÀ DELLA SOBRIETÀ CONDIVISA

Tratto da: Adista Documenti n° 39 del 03/11/2012

Nell’Agenda del 2012 ci siamo chiesti quale Umanità possiamo e desideriamo essere, che vita possiamo e vogliamo vivere, a che tipo di convivenza aneliamo. Questa Agenda 2013 si schiera nel campo di battaglia dell’Economia, luogo in cui si determinano la volontà e la possibilità che tutta l’Umanità viva e conviva con vera dignità umana.

Emmanuel Mounier ci ha ricordato che tutto è politica, benché la politica non sia tutto. Da sempre ideologie e poteri hanno ridotto tutto a Economia. Churchill diceva che «al fondo di ogni questione c’è una sterlina».

L’Agenda affronta l’Altra Economia. Non si tratta di un tema nuovo in assoluto, piuttosto si raccorda con la lotta utopica di tanta parte dell’Umanità, con movimenti e rivoluzioni dai diversi nomi, ma sempre alla ricerca della giustizia, contro la fame e la schiavitù, contro tutti i regimi politici che hanno negato il sole e il pane all’immensa maggioranza dell’Umanità intera.

Parliamo dell’Altra Economia, veramente altra, radicalmente alternativa, non semplicemente di «riforme economiche». Dai riformismi a buon mercato ci liberi il Dio della Vita. L’Altra Economia non può essere solamente economica; deve essere integrale, ecologica, interculturale, al servizio del Ben Vivere e del Ben Convivere, capace di costruire la pienezza umana smontando la struttura economica attuale che si pone esclusivamente a servizio del mercato totale, apolide, omicida di persone, genocida di popoli. Sogniamo un cambiamento di sistema che si occupi delle necessità e delle aspirazioni di tutta la famiglia umana riunita nella casa comune, l’Oikos. «Oiko-nomía» significa «amministrazione della casa», la cui legge è la fraternità/sororità.

Quest’Altra Economia può realizzarsi soltanto a partire da una coscienza umana e umanizzante che si neghi alla diseguaglianza scandalosa in cui è strutturata la società attuale. Un’Economia per tutte le persone e per tutti i popoli, in comunione di lotte e speranze. Come sognava quel contadino per i suoi nove figli: «Più o meno per tutti». A livello di famiglia, di vicinato, di città, di Paese, di continente, di mondo. Che operi sempre a partire dai poveri e dagli esclusi; dalla terra del Popolo, dal suo sudore, dal suo grido e dal suo canto, dal sangue sparso dalla grande moltitudine dei martiri testimoni.

Riguardo alla radice della grande crisi scriveva la rivista Iglesia Viva, nel numero 248: «L’unico modo per uscire dalla crisi ed evitarne altre più grandi è combattere la diseguaglianza in tutte le sue manifestazioni». I rapporti del UNDP ci ricordano che il 20% più ricco della popolazione mondiale assorbe l’80% delle ricchezze mondiali, e che il 20% più povero deve accontentasi dell’1,6%. Secondo Noam Chomsky, 230 famiglie possiedono l’80% della ricchezza mondiale. Fintanto che perdurino queste cifre di diseguaglianza mostruosa non ci saranno né pace né giustizia nel mondo. L’altra economia deve realizzare la socializzazione dei beni più importanti, che sono patrimonio di tutta l’Umanità: terra, acqua, cibo, salute, educazione, lavoro, comunicazione, mobilità…

L’economia di mercato speculativa e finanziaria regge il mondo, e così tutto è sottoposto alla macrodittatura dell’economia capitalista neoliberale. Al posto di una politica sociale si è imposto il mercato totale e la sua economia speculativa finanziaria globalizzata. La civiltà che oggi domina è la strutturazione capitalista dell’egoismo, della prepotenza, dell’esclusione, della fame, della morte prematura e per cause inique…

Il teologo martire Ellacuría propugnava la «civiltà della povertà». Io la tradurrei come «la civiltà della sobrietà condivisa». Se continuiamo a considerare il guadagno a tutti i costi come la regola dell’economia, la fame, la miseria, la violenza, la depredazione continueranno a crescere. La crescita capitalista neoliberale può essere vinta solo con una «decrescita» armonica e mondiale. «Il Ben Vivere e il Ben Convivere» esigono e rendono possibile che l’Umanità cresca realmente, umanizzandosi a tutti i livelli. «Umanizzare l’Umanità» è la consegna. Ecologicamente, pluriculturalmente, uguali e diversi nella casa comune, nell’Oikos.

Alla luce della fede religiosa, in particolare, quell’economia altra sarà una vera spiritualità: di compassione solidale a tutti i caduti ai margini delle strade; d’indignazione profetica di fronte a tutti gli idoli di menzogna e di morte; di convivenza amorosa con tutti gli esseri viventi. Presuppone un’autentica conversione al Mistero della Vita, al Dio di questo Mistero, all’Oikos che coabitiamo.

Si dirà che questa è utopia; e lo è. Un’utopia legittima se vissuta giorno per giorno e costruita a forza di amore e di speranza. È un’economia-utopia che dev’essere inventata nella pratica quotidiana. Obbligherà a rivedere a fondo la nozione e la pratica della proprietà privata, considerata sacra e illimitata. Le Religioni, la Chiesa concretamente sono servite per giustificare l’insediamento di una proprietà privata che è privativa e privante. Nei primi tempi della Chiesa, di contro, quei venerabili vescovi teologi dettavano categoricamente: «Quello che è in più non è tuo». Accumulando in poche mani ed escludendo la maggioranza, la proprietà diventa una guerra mortale tra oppressori e oppressi, come direbbe il teologo Comblin, tra chi possiede e chi non possiede, direbbe Cervantes.

Nel linguaggio biblico-teologico è contenuta la parola chiave per parlare dell’Altra Economia, veramente altra: il regno, l’economia del Regno. Ossessione di Gesù di Nazareth, rivoluzione totale delle strutture personali e sociali. Utopia necessaria, «obbligatoria», perché è la proposta del Dio della Vita, Padre-Madre di tutta la famiglia umana.

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