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La rivoluzione dei piccoli

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 40 del 10/11/2012

Dopo gli incontri di Firenze (maggio 2009 e febbraio 2010), Napoli (settembre 2010) e Roma (settembre 2011), si è tenuto al Centro Paolo VI di Brescia il quinto incontro della serie “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”. Animato da Francesco Castelli, Paolo Giannoni, Luciano Guerzoni, Maria Cristina Bartolomei e con relazioni di Romano Penna, Carlo d'Adda e Giuseppe Ruggieri, l'evento ha potuto immergersi, in sintonia con il convegno romano del 15 settembre “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri”, nella sostanza della fede cristiana e dell'identità ecclesiale. È urgente creare «spazi sinodali», si è detto, per una ricerca comune e un pensare plurale atti a superare la realtà di una Chiesa che vuole solo parlare e insegnare, afflitta dalla dittatura dei grandi numeri e dal gusto della teatralità.

Il terreno negli anni si è fatto duro per la mancanza di proposte evangeliche. Premonitrice è parsa una frase del card. Ratzinger del 2001: «Una Chiesa che esiste solo per se stessa sarebbe superflua», esposta a scontri di potere. L'incontro, nutrito di teologia conciliare e di solenne preghiera, ha affrontato anche l'impervio terreno economico-politico, cercando di mettere a fuoco, nel vivo dell'attuale tempesta finanziaria, il tema Vangelo-povertà-potere e di andare all'essenziale: conformarsi al Vangelo, saper ascoltare e ricevere, lodare e contemplare, raccontare “la lieta notizia”, ricercare segni del Regno, “mangiare assieme” con gioia conviviale, edificare una “Chiesa di relazioni” che non sarà mai il Regno ma può mostrarlo con la vita.

Meditare sul Regno vuol dire affidarsi alla sovranità di Cristo operante nella storia, aprirsi a uno spazio-tempo nuovo, plasmare una convivenza fraterna. Viene in mente la discussione dei discepoli sul più grande nel Regno dei cieli e la risposta di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli. Chi dunque si fa piccolo come questo fanciullo, questi sarà il più grande nel Regno dei cieli» (Mt 18,2). Notevole la preghiera di ringraziamento al Padre (Lc 10,21) perché ha nascosto i misteri del Regno ai sapienti e li ha rivelati ai piccoli. Sconcertante l'espressione di Matteo (21,31) sui pubblicani e le prostitute che precederanno molti nel Regno. Splendide le parabole nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo, soprattutto quella del chicco di senape, «il più piccolo di tutti i semi», sepolto per diventare un grande albero. Insomma, la buona notizia del Regno è una rivoluzione: il più grande è colui che si fa piccolo, che si disarma dell'arroganza di comando e della pretesa di possesso. Non è chiesto di regredire ma di generare una matura novità, di essere-fare giustizia e pace, di diventare quello che non siamo mai stati.

La sapienza evangelica è paradossale e alternativa. È imparare a rinascere. Il Regno è vicino dove si afferma la sovranità dei piccoli e dove è in atto la conversione all'infanzia come dono, gioco, stupore. Dove, cioè, una comunità cristiana è pronta a rinascere in relazioni gratuite, gioiose, amichevoli. Per questo occorre alimentare la fiducia nel risveglio di nuove aurore: quella fragile del Concilio per una Chiesa povera e dei poveri ipotizzata da 40 padri conciliari con “Il patto delle catacombe” (1965); quella di una vita ecclesiale semplice, sapiente e sobria secondo il sogno del cardinal Martini (1995); quella di una politica pulita e onesta orientata al bene comune; quella del disarmo della finanza e di una sua radicale riforma tramite itinerari di giustizia sociale; quella di un Concilio delle Chiese cristiane per la pace come proposto da Bonhoeffer, a partire dalla prossima convocazione ecumenica di Busan in Corea (2013).

In momenti come questi si intrecciano spesso due esigenze: la formazione e l'azione, l'istanza personale e quella popolare, il rispetto della marginalità e il bisogno di universalità, l'interiorità e «la vita nelle strade» (Tertulliano). Le due cose non sono in contrasto. Per Tonino Bello, evocato con la sua «convivialità delle differenze», l'acqua della pace, ad esempio, va certamente accolta senza inquinarla, manipolarla e disperderla, ma va anche condivisa senza trattenerla e accaparrarsela, ha bisogno di canali e condutture (di Tonino Bello, a questo proposito, si può leggere Vegliare nella notte, San Paolo, pp. 14-15; e Sui sentieri di Isaia, la meridiana, pp. 110-111). Va diffusa per «far fiorire il deserto», osserva il recente Sinodo dei vescovi, alludendo al pozzo di Sichar. Ha bisogno, cioè, di pratiche profetiche che sappiano impastare sabbia e sogni. Le ha cantate Amos (5, 14) che vede il diritto scorrere come acqua di sorgente e la giustizia come torrente impetuoso. La conversione personale diventa necessariamente capacità di inventarsi e di vivere insieme il Regno che è «giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rom 14,17).

* Vicepresidente nazionale di Pax Christi

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