Nessun articolo nel carrello

Sulle spalle della comunità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 15/12/2012

La difesa dell’ambiente consiste nel prevedere e nell’attenuare le azioni distruttive esercitate dalle attività umane, a cominciare da quelle che pur sono “buone”: per trarre raccolti dai terreni agricoli occorrono concimi e pesticidi che inevitabilmente inquinano le acque superficiali e sotterranee; per fabbricare merci, dall’acciaio, alla plastica, alle scatolette di carne, occorrono prodotti petroliferi, minerali, vernici, ciascuno dei quali si ottiene per trasformazione di altre materie con inevitabile produzione di scorie gassose, liquide e solide; le operazioni di uso (il cosiddetto “consumo”) delle merci producono rifiuti che finiscono nell’aria, nelle acque, nel sottosuolo; per abitare, dai modesti appartamenti, alle lussuose ville, occorrono cemento, mattoni, metalli e occorre occupare spazio.

Spazio che spesso in passato era occupato da rigagnoli, fossi, fiumiciattoli, talvolta torrenti o rive dei fiumi, che erano coperti magari da boschi o prati. La conseguenza è che le acque piovane nel loro cammino verso il fondo valle e il mare, incontrano ostacoli costituiti da strade, ponti, fabbriche, abitazioni, passano per stretti canali artificiali e sempre più spesso allagano campi e città. “Purtroppo” il fare, anche cose buone e necessarie, in un territorio, nel regno della natura, lascia la natura impoverita, contaminata e più fragile. Il “governo” dell’ambiente consiste nel produrre norme e divieti per rendere meno violento l’impatto umano sull’ambiente; ciò può essere fatto imponendo filtri o depuratori o differenti procedure di produzione delle merci, oppure ponendo vincoli nella localizzazione degli insediamenti umani. E tutto questo costa: un ingenuo principio di economia ambientale da anni ripete che chi inquina paga, ma è facile vedere che, in realtà, alla fine paga sempre la comunità: lo Stato. Se un imprenditore deve pagare per filtri e depuratori recupera le spese licenziando gli operai, al cui salario bene o male deve poi provvedere la comunità. Se poi lo Stato si mette a sanare i guasti arrecati dai privati, aumentando gli ospedali per curare gli inquinati, creando laboratori per misurare i veleni dell’aria, con opere pubbliche di rimboschimento, di regolazione del corso dei fiumi, di pulizia di torrenti, deve affrontare dei costi con soldi presi dai propri bilanci. Dopo decenni di abusivismo edilizio, di abbandono del suolo, di inquinamenti, i costi non solo sono elevati, ma aumentano ogni anno per una specie di reazione a catena; la società del libero mercato impone di porre meno vincoli alle imprese e alle iniziative private; l’impegno del risanamento dei bilanci statali impone di spendere meno soldi per le opere di difesa ambientale, per imporre il rispetto dei vincoli, per la cura delle malattie. Solo per la difesa del suolo il ministro dell’Ambiente ha previsto spese per 40 miliardi di euro in quindici anni, ma con circa tre miliardi di euro all’anno si coprono appena le spese per il rimborso agli alluvionati, per la ricostruzione delle strade e dei ponti dissestati dalle frane, per il costo dei raccolti perduti. I morti, i dolori non rientrano nei conti monetari. Dopo la grande alluvione di Firenze e Venezia del 1966 la Commissione De Marchi preventivò, per la difesa del suolo, investimenti per 10mila miliardi di lire di allora in dieci anni, che corrisponderebbero a 100 miliardi di euro attuali in dieci anni. Impossibile?

Si confronti questa cifra soltanto con i 300 miliardi di euro all’anno di economia sommersa, che comprende evasione fiscale e attività criminali e con le spese per gli armamenti, si tenga conto che si tratta di investimenti, cioè di spese che di anno in anno creano occupazione per centinaia di migliaia di lavoratori sulle colline, nell’alveo dei fiumi, per idrologi e geologi, per la revisione dei piani regolatori, per il rimboschimento. Investimenti nel senso che in questi dieci anni lo Stato recupererebbe le spese sotto forma di minore esborso per il risarcimento dei danni che verrebbero evitati dalle opere di difesa del suolo.

Negli anni trenta Roosevelt lanciò il New Deal proprio investendo pubblico denaro nelle opere di sistemazione del corso dei fiumi, con aumento della produzione di energia idroelettrica rinnovabile, con aumento della produzione agricola, con abitazioni per le classi meno abbienti e per i migranti.

Un’impresa che riuscì anche perché tutte le competenze nel campo delle risorse naturali furono concentrate in due ministeri, quello dell'Agricoltura e quello dell’Interno, affidati a due persone, H. A. Wallace e Harold L. Ickes, singolari come competenze e devozione al loro mandato. E qui mi metto zitto.

* Docente universitario e già parlamentare della Sinistra Indipendente (1983-1992). È uno dei più importanti teorici dell'ambientalismo italiano.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.