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DON GIOVANNI NERVO, IL PRETE PARTIGIANO CHE AMAVA IL VANGELO E LA COSTITUZIONE

Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 06/04/2013

37103. PADOVA-ADISTA. Ha cercato per tutta la vita di coniugare i valori civili della Resistenza e della Costituzione con quelli di una Chiesa in ascolto e dialogo con i tempi. Mons. Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas Italiana, padre della Fondazione Emanuela Zancan (che svolge attività formativa e culturale sulle politiche sociali), esponente di spicco della Chiesa conciliare, è morto a Padova, a 94 anni, il 21 marzo scorso. Nato nel 1918, da una famiglia profuga, proveniente da Solagna (VI), Nervo fu ordinato prete a Padova, nel 1941. Dopo l’8 settembre del 1943, partecipò attivamente alle attività della Resistenza come staffetta partigiana all’interno di un gruppo animato dall’amico Luigi Gui, costituente ed esponente di primo piano della sinistra democristiana.
Dopo la guerra fu assistente provinciale delle Acli (dal 1945 al 1950), docente di religione cattolica, cappellano di fabbrica con l'Onarmo (Opera nazionale Assistenza religiosa e morale agli operai), direttore della Scuola Superiore di Servizio Sociale di Padova, da lui fondata nel 1951. Proprio questa sua crescente attenzione verso il sociale lo portò, nel 1964, assieme a mons. Giuseppe Pasini (che sarà per anni il suo vice alla Caritas Italiana, per poi succedergli, nel 1986) e ad altri docenti della Scuola di servizio sociale di Padova, ad istituire un centro di studio, ricerca e formazione nel settore delle politiche sociali e dei servizi sociali e sanitari; il Centro diventò presto una Fondazione, intitolata ad Emanuela Zancan, la vice direttrice della Scuola, morta nel 1963. Della Fondazione Zancan mons. Nervo fu presidente ininterrottamente dal 1964 all'ottobre 1997. Dal 1986 al 1991 svolse la funzione di coordinatore per i rapporti Chiesa-Istituzioni, nella segreteria generale della Conferenza episcopale italiana. Dal 1992 quella di coordinatore per i rapporti Chiesa-Istituzioni-Territorio nella Diocesi di Padova.
La guida della Caritas Italiana arrivò nel 1971, quando Paolo VI sciolse la Pontificia Opera di Assistenza affinché la Cei costituisse un proprio organismo pastorale. Chiamato ad organizzare e dirigere la nuova struttura, mons. Nervo fu tra i primi sostenitori dell’idea che la carità non è elemosina e nemmeno mera erogazione di servizi assistenziali, ma profezia e denuncia dello status quo, oltre che dimensione costitutiva dell’essere cristiano. Di qui la sua espressione del “valore pedagogico” della carità e la sua azione affinché in ogni diocesi venisse costituita una Caritas locale, con una sua struttura organizzativa, operativa e direttiva. Gli anni ‘70 furono fortemente segnati dal I Convegno ecclesiale della Chiesa italiana su "Evangelizzazione e promozione umana", nel quale – era il 1976 – venne lanciata la proposta del servizio civile anche all’interno delle strutture cattoliche.
Quell’anno, la Caritas fondò così una ottantina di strutture diocesane, e fu in prima linea nella formazione degli obiettori di coscienza in servizio civile e nella loro utilizzazione (con tutte le contraddizioni che ne seguirono, in gran parte legate al lavoro nei fatti spesso sostitutivo e non di semplice supporto che gli odc garantivano all’interno delle strutture assistenziali) nei centri della Caritas. Nel frattempo Nervo fu anche uno dei sostenitori del ruolo del volontariato all’interno della Chiesa e della società italiana, come strumento di testimonianza evangelica, di stimolo ecclesiale e civile, di collante sociale: un’altra intuizione non priva di contraddizioni, per il ruolo di “supplenza” cui spesso i volontari furono chiamati da uno Stato sociale che si sentiva legittimato ad arretrare, giungendo negli anni ’90 fino al punto di “appaltare” i propri servizi, con costi al ribasso, al nascente “terzo settore”.
Un primo importante esempio del ruolo profetico che secondo Nervo doveva però avere il volontariato, sulla scia di quella sua spontanea e sorprendente manifestazione nei giorni dell’alluvione di Firenze del 1966, fu il terremoto del Friuli del maggio 1976. Nei mesi successivi il sisma, la Caritas di Nervo organizzò il gemellaggio tra le diocesi del nord e quelle del sud per sostenere la popolazione friulana, realizzò spazi per l’animazione sociale e il doposcuola, attivò una rete di volontariato che fu il modello anche per un altro drammatico terremoto: quello del 1980 in Irpinia, così come di molte altre emergenze in Italia. A seguito di una modifica dello Statuto della Caritas, quell’anno la presidenza fu assunta da uno dei vescovi vicepresidenti della Cei (mons. Guglielmo Motolese). Nervo resterà però vicepresidente e, di fatto, principale animatore della Caritas fino al 1986.
Negli anni ’80 Nervo accentuò l’impulso al mondo del volontariato, favorendo la nascita della Consulta delle opere caritative e assistenziali (poi diventata Consulta ecclesiale degli organismi socio-assistenziali), un coordinamento, a livello nazionale e diocesano, degli organismi di ispirazione cristiana operanti nel settore socio-assistenziale. Intanto, dal Convegno ecclesiale di Loreto, nel 1985, arrivava la proposta degli "Osservatori permanenti dei bisogni e delle povertà". Dopo la conclusione del suo mandato, nel 1986, Nervo venne nominato membro a vita del Consiglio nazionale della Caritas. A lui succedette, con il ruolo di direttore, l’amico e collaboratore mons. Pasini, che resterà in carica fino al 1996,Christian Louboutin Sale.
La sua attiva militanza a fianco dei più deboli lo aveva portato, anche in tarda età, a denunciare i provvedimenti del governo Berlusconi contro i migranti, in particolare contro la legge Bossi-Fini del 2002 (v. Adista n. 54/02) e il “Pacchetto Sicurezza”, una legge contro la quale, assieme ad oltre cento preti, religiose e religiosi, nel 2009 arrivò ad annunciare la propria disobbedienza civile: «I diritti umani degli immigrati sono violati in vari punti del Pacchetto Sicurezza», ebbe all’epoca occasione di dichiarare mons. Nervo: «Siamo – disse – in una situazione di grande decadenza culturale, politica e morale». Anche sul fronte ecclesiale l’ex direttore della Caritas si pose non di rado su posizioni di aperto dissenso nei confronti della linea impressa alla Chiesa italiana dal governo del card. Ruini, arrivando a criticare (v. Adista n. 79/97) il fondamento stesso della sua strategia di presenza della Chiesa nella società e nella vita politica italiana: il Progetto Culturale cristianamente ispirato. Anche per questo, dagli anni ’90 in poi, Nervo venne progressivamente marginalizzato dai vertici ecclesiastici. (valerio gigante)

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