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USA: LA CHIESA NON “DOMA” IL MATRIMONIO GAY. CHE ARRIVA ALLA CORTE SUPREMA

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 13/04/2013

37118. WASHINGTON-ADISTA. Come andrà a finire non si saprà prima di giugno, ma intanto negli Stati Uniti la Chiesa cattolica sta dispiegando tutte le sue forze per impedire che la Corte suprema assesti il colpo finale al Defense of Marriage Act (Doma), la legge federale che definisce il matrimonio come unione fra un uomo e una donna (negando una serie di benefici federali alle coppie dello stesso sesso regolarmente sposate – come è possibile in alcuni Stati –, riconosciuti invece alle coppie eterosessuali), e alla Proposition 8, la misura che, dal 2008, ha vietato nello Stato della California il matrimonio omosessuale.
Investita della questione della legittimità costituzionale delle due norme (già oggetto di diverse sentenze da parte di alcuni tribunali federali che ne hanno dichiarato l’incostituzionalità), la Corte suprema ha iniziato il dibattimento dei due casi alla fine di marzo (la decisione è attesa appunto per giugno). E la Chiesa non si è fatta trovare impreparata.
Il 26 marzo – mentre la Corte affrontava la discussione del caso Dennis Hollingsworth vs Kristin M. Perry, incentrato sulla Proposition 8, e si preparava alla discussione, iniziata il giorno successivo, del caso United States vs Edith S. Windsor, che verte invece sul Doma – qualche migliaio di manifestanti ha marciato per le strade di Washington in difesa della famiglia “tradizionale”, con la benedizione dell’arcivescovo di san Francisco, Salvatore Cordileone, presidente della Commissione per la Promozione e la Difesa del Matrimonio della Conferenza episcopale statunitense (Usccb). «La mia speranza e la mia preghiera – ha dichiarato Cordileone – sono che la Corte suprema sostenga la Proposition 8 e il Doma, rispettando la vera natura dell’essere umano e la natura del matrimonio come unione tra un uomo e una donna». «L’intrinseca dignità di ogni essere umano deve essere affermata, ma questo non si realizza con una ridefinizione del matrimonio». «Il matrimonio è radicato nella naturale realtà che un uomo e una donna sono diversi, complementari, e che i bambini meritano un padre e una madre. Dal rispetto di questa verità – è la conclusione dell’arcivescovo – derivano benefici per tutti».
Ma c’è di più. Già dalla fine di gennaio la Conferenza episcopale statunitense ha presentato alla Corte suprema due memorandum a sostegno delle norme sotto esame.
Il Doma, scrive la Usccb nel primo dei due, non «viola nessun diritto fondamentale», non essendoci «un diritto fondamentale a sposare una persona dello stesso sesso». Nello specifico, prosegue il documento, «il riconoscimento civile delle relazioni omosessuali non è profondamente radicato nella storia e nella tradizione della Nazione, anzi, è vero il contrario». Secondo la Usccb, Edith Windsor – la ricorrente costretta a pagare 363mila dollari di tasse federali per non aver potuto beneficiare, alla morte della donna che aveva sposato in Canada, delle deduzioni fiscali sull’eredità previste per le coppie eterosessuali – ha liberamente scelto di coinvolgersi in una relazione omosessuale: «Non fa parte di una minoranza politicamente impotente che necessita di protezione». «Al contrario, gli ultimi due decenni hanno mostrato profondi cambiamenti nel modo in cui le leggi trattano le persone coinvolte in relazioni omosessuali. Cambiamenti che smentiscono qualsiasi pretesa impotenza».
«L’unione tra un uomo e una donna è l’unica unione in grado di creare nuova vita», sottolinea la Usccb nel secondo memorandum, quello sulla Proposition 8. «In secondo luogo, il popolo della California può ragionevolmente pensare che una casa con una madre e un padre sia l’ambiente ottimale per crescere un bambino». Dati questi due elementi, prosegue la Usccb, è «ragionevole per uno Stato trattare l’unione di un uomo e di una donna come qualcosa che ha un valore pubblico assente da altre relazioni interpersonali». «Il fatto che questa Corte abbia affermato che le leggi che proibiscono una condotta omosessuale privata, consensuale, tra adulti manchi di basi razionali, non significa che il governo abbia il dovere costituzionale di incoraggiare o sostenere questa condotta». «Il matrimonio, inteso come l’unione di un uomo e di una donna, non è una reliquia, ma un’istituzione vitale e fondamentale della società di oggi. L’interesse del governo a continuare a incoraggiare e sostenere questa unione non è solo legittimo, ma doveroso». «I mali sociali che derivano dalla dissoluzione del matrimonio e della famiglia – conclude la Conferenza episcopale statunitense – non saranno risolti, ma aggravati, se il governo non rafforzerà l’unione tra un uomo e una donna».
Resta da vedere cosa deciderà la Corte suprema. Certo è che l’amministrazione Obama è di tutt’altro avviso e nelle ultime settimane l’ha fatto presente in più di una occasione. (ingrid colanicchia)

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