ARGENTINA: TOLLERANZA ZERO, MA SOLO CONTRO IL PRETE CHE DIFENDE IL MATRIMONIO GAY
Tratto da: Adista Notizie n° 16 del 27/04/2013
37141. CORDOBA-ADISTA. Si è conclusa con la punizione più grave per un sacerdote la vicenda ecclesiale di don José Nicolás Alessio: è stato dimesso dallo stato clericale. La misura è stata assunta dalla Congregazione per il Clero e comunicata il 6 febbraio scorso al vicario dell’arcivescovato di Cordoba, in Argentina, p. Dante Eduardo Simón, che ha informato i fedeli a metà aprile con un comunicato in cui spiega che Alessio «ha perso automaticamente i diritti propri dello stato clericale» rimanendo «escluso da ogni esercizio del sacro ministero». La sentenza, ha aggiunto, è inappellabile.
Don Alessio, parroco di San Cayetano, nel quartiere Altamira, era stato sospeso a divinis circa due anni fa (v. Adista Notizie n. 23/11), «avendo opposto ostinato rifiuto – diceva il provvedimento – alla dottrina [cattolica] sul sacramento del matrimonio» e perfino «divulgato il suo pensiero tramite i media». Aveva infatti sottoscritto a nome del gruppo di preti “Enrique Angelelli” (composto sia da celibi in esercizio che da sposati e impostato sull’opzione per i poveri) un lungo e argomentato documento, intitolato “Contributo al dibattito sulle modifiche alla legge del matrimonio civile” (v. Adista n. 46/10), in cui difendeva il progetto legislativo, allora in discussione al Parlamento e approvato definitivamente il 15 luglio 2010, che introduceva nell’ordinamento argentino il matrimonio gay. In quell’occasione aveva manifestato un certo stupore ritenendosi «condannato ed espulso» perché di «opinione diversa» su un insegnamento non dogmatico della Chiesa; quella stessa Chiesa, rilevava, che «non ha mai neanche ammonito sacerdoti pedofili come il vescovo Edgardo Gabriel Storni (vescovo fino al 2002 di Santa Fé de Vera Cruz, ndr)», o «Julio César Grassi, entrambi condannati (il vescovo nel 2009) per abusi su minori. Tantomeno ci sono state sanzioni per Christian von Wernich, condannato per delitti di lesa umanità (assassinii, torture e rapimenti in complicità con la dittatura del 1976-83, ndr). L’impressione – concludeva all’epoca – è che questa Chiesa tollera al suo interno torturatori e violentatori, ma non chi la pensa diversamente e si azzarda a dirlo». D’altra parte, l’istituzione ecclesiastica, a suo avviso, dichiarava a Perfil (3/10/10), «si preoccupa più di chi si portano a letto gli argentini» che per esempio di «quello che portano a tavola; non hanno mai fatto una marcia per difendere la tavola degli operai, dei disoccupati, dei poveri».
Oggi, le sue prime reazioni sono di delusione e insieme di indifferenza. Rammenta – parlando con il quotidiano La Voz (12/4) – che non ha voluto difendersi, perché avrebbe significato «riconoscere validità a un giudizio che ho considerato senza fondamento fin dall’inizio. E sarebbe stato inutile: la pena nei miei confronti era già decisa». «Mi fa riflettere – ha commentato – che i miei 30 anni di servizio e oltre non abbiano significato niente per la Chiesa. È bastato dissentire dell’arcivescovo su una questione di carattere civile perché mi buttassero fuori». Comunque la sentenza di espulsione «non mi tocca per niente», ha aggiunto, «continuerò ad impartire sacramenti» e «me li dovranno riconoscere perché non possono cancellare quello che sono: un sacerdote», così come «un medico continua ad essere medico anche se lo cacciano». (eletta cucuzza)
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