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TESTAMENTO

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 18/05/2013

Quest’anno compirò 80 anni. Il numero dà le vertigini. Per quanto nel libro Herejías del catolicismo actual scrivo che mi piacerebbe farlo seguire da un commento al Credo, non so se questo sarà possibile. Per questo vi anticipo il mio credo personale.

1. Già da quasi mezzo secolo, il tema della fede si inquadra per me in due frasi, una di un cristiano e l’altra di un non credente. La prima è la profezia di Emmanuel Mounier: in futuro gli esseri umani non si divideranno tra coloro che credono in Dio e coloro che non vi credono, ma in base all’atteggiamento che assumeranno di fronte ai poveri. L’altra è l’emozionante frase di Atahualpa Yupanki: «Ci sono in questo mondo cose più importanti di Dio: che un essere umano non sputi sangue affinché altri vivano meglio». Frase che ho sempre considerato come una buona sintesi del modo in cui Dio si è rivelato in Gesù Cristo (ci sono cose in questo mondo più importanti di me…).

2. Questa visione della fede si struttura secondo due linee guida del Nuovo Testamento.
2.1 La prima, in positivo, è il ripetuto comandamento dell’amore fraterno che non solo attraversa il testo biblico, ma è presente in quasi tutte le religioni, anche se nel Nuovo Testamento acquista una melodia particolare: è un vecchio comandamento che si traduce in uno “nuovo”, perché riassume e interpreta tutti gli altri. Ed è un comandamento esplicitamente universale: non si tratta di amare solo i “miei” fratelli, perché tutti gli esseri umani sono miei fratelli: l’aggettivo “fraterno” non limita ma amplia il comandamento dell’amore. Il “prossimo” non è chi ti è vicino ma colui a cui tu devi avvicinarti, dice Gesù in una parabola.
2.2. E, in negativo, la visione del denaro come il grande nemico di Dio. Visione che attraversa i vangeli («non potete servire Dio e il denaro»), i testi paolini («l’avidità è idolatria» e «la radice di tutti i mali è l’amore per il denaro») e quelli giovannei («se uno vede il proprio fratello nel bisogno e pur avendone la possibilità non lo aiuta, l’amore di Dio non è in Lui»).

3. Questo doppio riassunto della mia fede (più che di riassunto, parlerei di “cuore”, perché la realtà umana abbraccia tanti altri aspetti) presenta oggi, a venti secoli di distanza dal mondo di Gesù, una imprescindibile componente strutturale (non solo personale) che non si può disconoscere. Se è a partire da qui che guardo oggi al nostro mondo, potrei scrivere un altro Manifesto con le parole iniziali «Un fantasma si aggira per il mondo». Però, ora (senza l’ironia contenuta nell’espressione del Manifesto del XIX secolo), questo fantasma, questa grande minaccia, non è il comunismo, ma il sistema capitalista. Per quanto lo si ammanti di belle parole di libertà e progresso, il cuore di questo sistema non è dato da altro che ricchezza e potere: la ricchezza che dà il potere e il potere che dà la ricchezza. È un sistema antifraterno le cui cellule madre tendono a configurare un mondo in cui pochi (a volte pochissimi) dominano i più. E il tempo che sta vivendo oggi il nostro mondo è quello in cui sta prendendo corpo questa tendenza.
Tendenza che è stata contenuta negli anni addietro da due fattori storici: il socialismo dell’Unione Sovietica che, pur con tutti i suoi disastri, spaventava il capitalismo costringendolo a fare alcune concessioni, e il socialismo della cosiddetta “socialdemocrazia”, che cercava di individuare una terza via tra gli altri due estremi. La caduta dello pseudoimpero sovietico pose fine a questo equilibrio instabile e scatenò la dinamica totalitaria del capitalismo, consentendogli di mostrare il suo vero volto. Non importa che la gente semplice domandi: perché vogliono tanto denaro? Perché qualcuno dovrebbe volere 36 miliardi di litri di acqua se non potrà berli in tutta la sua vita? Per elementari che sembrino queste domande, sono incomprensibili per chi è narcotizzato dal dio Mammona.
In quest’ottica mi sembra che il nostro periodo storico mostri una tendenza quasi inarrestabile non a “sviluppare il Terzo Mondo”, come si diceva una volta, ma a “terzomondializzare” il mondo sviluppato. Da qualche anno abbiamo già cominciato a parlare di “Quarto mondo” (le enclave di miseria in mezzo al primo mondo), ma questa espressione ci sta stretta e ci andrà ancora più stretta quando la crisi economica, passando come un uragano dei Caraibi, avrà distrutto più della metà dello stato sociale che credevamo di aver costruito.
Il mondo si vedrà ridotto a un 1-2% dell’umanità immensamente ricco (per quanto attraversato da lotte intestine per assumere il controllo) e a una grande maggioranza sottomessa a una dittatura camuffata dietro grandi parole (civiltà, progresso, sviluppo, libertà…), brandite a giustificazione della crudeltà di questa tirannia. Non è improbabile che un giorno questa maggioranza esploda in maniera incontrollabile, ma non sarà neppure facile, perché esiste sempre questo cuscinetto ammortizzatore composto da coloro che non appartengono né alla minoranza canaglia né alla maggioranza subumana, coloro che sono stati chiamati “il secondo terzo” e che sono quelli che più temono di perdere la propria posizione cadendo nell’abisso dei miserabili. Senza volerlo, essi possono agire da parafulmine di una rivoluzione disperata e folle. E, inoltre, i tiranni hanno sempre usato l’antica risorsa difensiva del panem et circenses, che oggi potremmo tradurre come “ipad e divertimento”.

4. Ma non si tratta di fare profezie. La conclusione di questa riflessione è che, se il denaro è il maggiore idolo nemico dell’essere umano, lo è perché è il maggior nemico del Dio che ha rivelato Gesù. Come capitalismo e democrazia sono in ultima analisi incompatibili, lo sono altrettanto il capitalismo e la fede cristiana. Le Chiese che oggi si interrogano sul fenomeno della scristianizzazione dell’Occidente non lo capiscono perché anch’esse, a livello gerarchico, sono state complici di questo processo. Neanche gli atei che hanno perso la fede capiscono che ciò è dovuto a un processo di cui non sono che piccole gocce di acqua in uno tsunami epocale. Così, ciò che rimarrà del cristianesimo in Occidente sarà solo un cristianesimo non cristiano: fondamentalista nella sfera dogmatica e servo del denaro in quella morale. Un cristianesimo annunciato già in tante sette nordamericane che sono come le prime nubi della tormenta che alla fine arriverà.

5. Non mi resta che evocare la frase di Ignacio Ellacuría così come sono solito riformularla: «Una civiltà della sobrietà condivisa» (Ellacuría parlava di una civiltà della povertà) è l’unica offerta di vita che resta al nostro mondo. Per credenti e non credenti. Se non la vogliamo prendere sul serio, forse sarà il caso di leggere Marco 13 o Matteo 24 e cominciare a capire che né questo mondo ha un futuro, né Dio può trovare spazio in un mondo come questo.

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