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BILANCIO SICILIANO IN SALSA VATICANA. MA LA CORTE COSTITUZIONALE POTREBBE BLOCCARE TUTTO

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 25/05/2013

37166. PALERMO-ADISTA. La Regione Sicilia finanzia le università del Vaticano. C’è infatti anche la Pontificia facoltà teologica di Sicilia – istituita dalla Congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica l’8 dicembre 1980 – fra gli enti beneficiari di contributi regionali, come risulta dal Bilancio di previsione per l’anno 2013 della Regione Sicilia (una sorta di legge finanziaria) approvata lo scorso 1 maggio dall’Assemblea regionale siciliana. Anche se la giunta guidata da Rosario Crocetta potrebbe essere costretta a ricominciare da capo: sul provvedimento pende infatti un ricorso alla Corte costituzionale presentato dal commissario dello Stato per la Regione siciliana, Carmelo Aronica, che ha impugnato alcune norme della legge, fra cui la Tabella H, il lungo elenco di enti, associazioni, centri studi, fondazioni e, appunto, facoltà pontificie e teologiche beneficiari dei contributi regionali.
Sono tre le università cattoliche che dovrebbero ricevere finanziamenti dalla Regione Sicilia: la Pontificia facoltà teologica di Sicilia (Palermo), per cui è previsto un contributo «quale concorso all’attività ordinaria» per 135mila euro; lo Studio teologico San Paolo di Catania (affiliato alla stessa Facoltà teologica dal 1990), al quale dovrebbero andare 97mila euro; e lo Studio teologico San Tommaso di Messina (aggregato all’Università pontificia salesiana di Roma), per cui sono stanziati 46mila euro, sempre come contributo «quale concorso all’attività ordinaria».
Fra i 137 beneficiari dei fondi regionali inseriti nella Tabella H, per una cifra totale di circa 25 milioni di euro, ci sono anche altri enti e associazioni cattoliche: la Fondazione Banco Alimentare, di area Comunione e Liberazione, con 425mila euro; il Centro studi don Calabria (233mila euro); il Movimento per la vita, con 120mila euro; l’Istituto per la dottrina e l’informazione sociale (Idis), con 31mila euro; il Centro studi sulle nuove religioni (Cesnur) di Massimo Introvigne, con 27mila euro; e poi una serie di piccole associazioni che svolgono servizi di assistenza e promozione sociale nei confronti di alcune fasce deboli della popolazione, dai disabili ai detenuti ed ex detenuti.
Sull’interno provvedimento, però, pende la mannaia del ricorso alla Corte. «La norma dà adito a rilievi di carattere costituzionale perché l'Assemblea regionale interviene nuovamente con un provvedimento ad hoc destinato esclusivamente a determinate istituzioni, da anni fruitrici di provvidenze pubbliche senza ancorare la scelta operata a precisi e confacenti parametri di comparazione e valutazione», spiega il prefetto Carmelo Aronica. Senza contare che molte delle istituzioni beneficiarie «potrebbero essere già destinatarie di provvidenze erogate da altri soggetti pubblici». Quindi, aggiunge Aronica, «se non sono contestabili la valenza ed il rilievo, anche a livello ultra regionale, di talune associazioni e fondazioni destinatarie dei contributi, ciò che costituisce motivo di censura è l'omessa valutazione e comparazione delle loro situazioni con quelle delle altre istituzioni operanti in medesimi settori in Sicilia. Questo esame comparativo avrebbe potuto e dovuto essere effettuato mediante una esaustiva istruttoria amministrativa operata dalla competente commissione legislativa prima dell'adozione della legge». Cosa che invece non è stata fatta, presumibilmente perché molti dei deputati regionali che si sono battuti per l’inserimento in tabella di un ente piuttosto che un altro sono stati mossi da criteri di “amicizia”, o clientelari.
«Io la tabella H non l’ho votata – si difende Crocetta –, non l’abbiamo condivisa e non la vogliamo. Anche il mio partito non era convinto, ma a un certo punto è stato difficile dire di no, perchè all’interno ci sono enti e associazioni meritevoli, oltre a delle schifezze. Tuttavia all’ultimo minuto ci siamo riuniti, la maggioranza si stava convincendo a votare contro la tabella H ma il mio partito, il Pd, ha capito che a quel punto rischiava di far saltare l’intera manovra finanziaria, anche se il governo non è mai stato sotto ricatto. Allora li ho tranquillizzati, ero quasi convinto che il commissario dello Stato avrebbe impugnato la Tabella». E quindi, ora, si attende la risposta da Roma. (luca kocci)

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