«L’austerità è il problema, non la soluzione». La controfinanziaria di Sbilanciamoci! per il 2014
Tratto da: Adista Documenti n° 43 del 07/12/2013
DOC-2577. ROMA-ADISTA. Un Paese in ginocchio: è questa la fotografia dell’Italia che emerge dal Rapporto 2014 della campagna Sbilanciamoci! su «come usare la spesa pubblica per i diritti, l’ambiente, la pace», presentato a Roma il 28 novembre scorso. Che l’austerità non faccia bene al nostro Paese (e all’Europa in generale) è una realtà inoppugnabile: non solo il Prodotto interno lordo continua a scendere (meno 1,8% nel 2013), ma anche il rapporto debito/Pil non fa che peggiorare (dal 120% del 2011 all’attuale 130%). E se la produzione industriale di quest’anno è di un quarto inferiore rispetto al periodo pre-crisi, la disoccupazione ha raggiunto livelli record: un italiano su sei non trova lavoro e, tra chi lavora, uno su quattro ha un lavoro precario. Senza contare che, secondo gli ultimi dati Istat, il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, ha raggiunto a ottobre 2013 il nuovo record dal 1977, arrivando al 40,4%. Inevitabile l’aumento della povertà: 9 milioni 563mila persone (il 15,8% della popolazione) vivono al di sotto della soglia di povertà e 4 milioni 814mila persone non sono in grado di accedere ai beni e ai servizi considerati essenziali per una vita minimamente dignitosa (il 16,6% della popolazione non può permettersi un pasto adeguato, il 21,1% non può riscaldare adeguatamente l’abitazione e il 41,7% non può affrontare spese impreviste di importo contenuto). Così, evidenzia la controfinanziaria di Sbilanciamoci!, «andarsene dall’Italia è diventato un fenomeno di massa, che riguarda soprattutto giovani ad alte qualifiche, impoverendo le capacità del Paese». Ancora: l’Italia è l’unico Paese dell’area Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria (negli altri Paesi è cresciuta in media del 62%), mentre i finanziamenti per le università sono stati tagliati, per il periodo 2008-2015, di 1,5 miliardi di euro (come deciso dai ministri Tremonti e Gelmini nella Legge Finanziaria 2008). Quanto alla spesa pubblica totale per la cultura, nel 2011 l’Italia era all’ultimo posto nell’Europa a 27 (con l’1,1% del Pil contro il 2,2% di media nell’Ue). E se è dato cogliere qualche piccolo, timido segnale positivo da parte del governo Letta, questo non basta certo ad arginare la rovina dell’immenso patrimonio artistico, archeologico e culturale italiano e tantomeno ad arrestare l’interminabile colata di cemento che continua fare scempio della straordinaria bellezza paesaggistica del Paese (poco ci è mancato che si vendessero le spiagge o si decidesse, ignorando l’ennesimo tragico segnale proveniente dalla Sardegna, di dare il via non solo alla costruzione di nuovi stadi ma anche alla creazione di «insediamenti edilizi o interventi urbanistici di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi»: una licenza a cementificare ovunque e per qualunque motivo, con buona pace dell’invocata e sempre disattesa politica di tutela del territorio).
Ma i soldi ci sono
In questo desolante quadro, è ancora una volta di grande rilevanza il lavoro svolto dalla campagna Sbilanciamoci!, il cui Rapporto mostra, con la concretezza e il rigore ben noti, come si possano percorrere strade radicalmente diverse, sia dal lato delle entrate che da quello delle uscite, indicando, con una contromanovra da ben 26 miliardi di euro, come superare la crisi rilanciando l’economia, ridistribuendo la ricchezza, disegnando un modello di sviluppo sostenibile e di qualità. Dedicato a Massimo Paolicelli, il leader del movimento pacifista scomparso il 1° novembre scorso (curatore fin dall’inizio della sezione delle spese militari della controfinanziaria), il Rapporto 2014 boccia senza appello le politiche del governo Letta, univocamente centrate sulla necessità di «continuare a stringere la cinghia» e di accettare i piani di austerità e i vincoli macroeconomici imposti dalla Troika (Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca centrale europea), seguendo il mantra che “è l’Europa che ce lo chiede” e continuando così «ad applicare una teoria economica fallimentare con un’ostinazione che rasenta il fanatismo»: l’obiettivo diventa allora quello di «rispettare parametri del tutto arbitrari, ma che sembrano scritti nella pietra», considerando il welfare, i servizi essenziali, i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e l’ambiente «un “lusso” da finanziare unicamente se le risorse sono sufficienti» o, in caso contrario, «da sacrificare sull’altare dei diktat dei mercati finanziari». Ma c’è di più: anche qualora si volessero accettare i vincoli e le imposizioni della Troika, «non è comunque vero che “non ci sono i soldi”», come per l’appunto dimostra il Rapporto 2014 di Sbilanciamoci!, con le sue 106 proposte dirette a ridurre le inaccettabili diseguaglianze di reddito e ricchezza (attraverso un sistema fiscale improntato a una reale progressività) e a riconvertire l’economia in direzione di una reale sostenibilità economica e sociale. È a questo scopo che la campagna propone una patrimoniale, una tassazione sui capitali scudati, il miglioramento della tassa sulle transazioni finanziarie, il blocco delle grandi opere, i tagli alle spese militari, ai finanziamenti alla scuola e alla sanità private e ai Centri di identificazione ed espulsione, utilizzando tali risorse per una sperimentazione sul reddito minimo garantito, per l’avvio di un piano del lavoro, per gli investimenti nell’istruzione, nella ricerca, nella cultura, nelle politiche di inclusione sociale, nella tutela dell’ambiente e dei beni comuni, nella mobilità sostenibile, nel sostegno alle forme di altraeconomia.
Di seguito alcuni stralci del Rapporto, rimandando al sito di Sbilanciamoci! (www.sbilanciamoci.org) per le proposte nel dettaglio, relative sia alle entrate che alle uscite, per il 2014. (claudia fanti)
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