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Una vita al servizio della causa della liberazione. Omaggio a Pedro Casaldáliga, l’imprescindibile

Tratto da: Adista Documenti n° 7 del 22/02/2014

DOC-2597. SÃO FÉLIX DO ARAGUAIA-ADISTA. Non sorprende di certo il fatto che, negli ultimi anni, non si contino più gli omaggi a dom Pedro Casaldáliga: catalano di nascita, brasiliano di adozione, vescovo, poeta e profeta, dom Pedro, giunto a 86 anni, non solo ha segnato come pochissimi altri la storia della Chiesa latinoamericana, ma è davvero diventato un patrimonio dell’umanità intera. Non è possibile, tuttavia, rendergli omaggio senza mettere al centro le molte cause che hanno segnato la sua esistenza, come già avevano ben chiaro i suoi amici, quando, in occasione dei suoi 80 anni, hanno voluto festeggiarlo con un libro straordinario, che parla di lui attraverso le sue lotte: “Pedro Casaldáliga: le cause che danno senso alla sua vita. Ritratto di una personalità” (v. Adista nn. 20, 32, 36, 50, 54 e 58/08). Ed è quello di cui hanno potuto rendersi conto anche i tanti che hanno partecipato, nel novembre del 2013, in occasione del XXIV anniversario dei martiri della Uca di San Salvador, all’anteprima mondiale del film (già premiato in Francia) “Descalzo sobre la Tierra Roja”, che, tratto dall’omonimo libro di Francesc Escribano del 2002, racconta la vita di dom Pedro seguendo il filo rosso delle cause per cui si è totalmente speso, in linea con una delle più celebri frasi del vescovo: «Le mie cause valgono più della mia vita».

Un altro piccolo omaggio, in questa stessa prospettiva, viene dall’articolo dell’antropologa Maria Júlia Gomes Andrade, a cui la rivista brasiliana Caros Amigos aveva dato l’incarico di tracciare un profilo del vescovo clarettiano: un compito svolto, ancora una volta, in piena sintonia con la volontà di dom Pedro, privilegiando il «carattere comunitario» di tutta la sua lotta ed evidenziando come «le cause per le quali egli ha lottato dal suo arrivo in Brasile» siano «assai lontane da una soluzione». L’antropologa si sofferma allora sull’aspro conflitto in corso nel municipio di Luciara, nella regione dell’Araguaia, vicino a São Felix, dove lo scorso settembre fazendeiros e commercianti hanno scatenato un’ondata di terrore contro i retireiros, popolazione tradizionale rispettosa degli ecosistemi della regione e impegnata a rivendicare la creazione di una Riserva di Sviluppo Sostenibile. O sulla lotta del popolo xavante per rientrare in possesso del territorio indigeno di Maräiwatséde, tra i municipi di Alto da Boa Vista e São Félix do Araguaia, culminata con l’allontanamento di possidenti, fazendeiros e imprese disposto nel 2012 da un’ordinanza della Corte Suprema (la cosiddetta disintrusione). Una lotta sempre vigorosamente sostenuta da dom Pedro, il quale, nel dicembre del 2012, in seguito a nuove minacce di morte (dopo le tante ricevute negli anni del regime militare), è stato addirittura costretto a lasciare per alcuni giorni la sua casa a São Félix do Araguaia, dove vive dal 1968 e dove è voluto restare, malgrado le sue precarie condizioni di salute, anche dopo il pensionamento, nel 2005 (v. Adista Notizie n. 47/12). Una semplice casa del sertão dalle porte sempre aperte, dove, come racconta Maria Júlia Gomes Andrade, «per tutto il giorno passano persone a rendergli visita».

Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, l’articolo dell’antropologa pubblicato da Caros Amigos nel numero 202 di gennaio e, in una nostra traduzione dallo spagnolo, l’intervento di Jon Sobrino tenuto il 14 novembre all’Università Centroamericana di San Salvador (Uca) durante l’anteprima del film “Descalzo sobre la Tierra Roja” (e pubblicato sul numero 643-644 della rivista Carta a las Iglesias). (claudia fanti)

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