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O PAGHI O SEI FUORI DALLA CHIESA. LA DENUNCIA DI UN ITALIANO IN SVEZIA

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 29/03/2014

37574. STOCCOLMA-ADISTA. 40 anni. Vive e lavora in Svezia, a Stoccolma, dove tempo addietro si è laureato in ingegneria informatica e delle telecomunicazioni. Un bel giorno, Marco decide di convolare a nozze con rito cattolico e fornisce la documentazione necessaria, tra cui il certificato di battesimo, al parroco che lo sposerà. Da quel momento, Marco è “schedato” come membro della Chiesa cattolica di Svezia e comincia a pagare la “kyrkoavgift”, una tassa obbligatoria per il mantenimento della Chiesa cattolica. Non appena lo scopre, desideroso di fare chiarezza su un sistema di contribuzione che considera illegittimo, perché non volontario, si mette a fare domande «scomode» alla diocesi di Stoccolma, guidata dal vescovo Anders Arborelius. E riceve risposte a dir poco inquietanti. Gli spiegano che il contributo lo pagano tutti i maggiorenni i quali, in quanto battezzati, appartengono alla “comunità religiosa” cattolica. Si può smettere di pagarlo, ma solo uscendo dalla “comunità religiosa”. E uscire dalla comunità, apprende Marco, significa proprio abbandonare la Chiesa e comporta anche l’esclusione dai sacramenti e l’impossibilità di ricevere una sepoltura cattolica. In estrema sintesi, dalle prime indagini di Marco emerge un dato sconcertante: in Svezia, se non si hanno i requisiti per accedere al complesso sistema della dispensa (ad esempio una bassa pensione), o si paga la “kyrkoavgift” o si è praticamente scomunicati. O dentro, o fuori, tertium non datur.

Questo è quanto Marco Basile ha raccontato alla nostra agenzia, segnalando anche che il materiale raccolto nella sua approfonditissima indagine – tra le cose, il continuo confronto con il sito della diocesi, scambi epistolari con avvocati e con rappresentanti della Chiesa svedese, testi del diritto canonico – è stato da lui stesso pubblicato sottoforma di sito web in duplice lingua, svedese e italiano: il titolo del sito è “Biskopsskatt”, ovvero “La tassa del vescovo” (www.biskopsskatt.se).


Lo strano boom

Nel 2001 i contributi volontari versati alla Chiesa cattolica in Svezia hanno raggiunto quota 7 milioni di corone svedesi (poco più di 790mila euro). Solo un anno dopo, grazie all’introduzione della nuova tassa ecclesiastica, alla Chiesa svedese vengono corrisposti ben 59 milioni di sek (circa 6 milioni e 679mila euro). Un exploit di entrate, si legge sul sito “La tassa del vescovo”, di fronte al quale impallidiscono anche i record della Apple. «Chi ha potuto fare meglio di Steve Jobs e dopo solo un anno? Come ci è riuscito?». A questo punto, Marco Basile apre una lunga parentesi sulla legislazione svedese vigente, la quale consente, da quando quella luterana non è più religione di Stato, di cedere l’1% della tassazione alla propria “comunità religiosa”. Questo può essere effettuato secondo due procedure alternative: nella prima, si rinnova ogni anno il consenso al prelievo; nella seconda, detta “consenso per mezzo dello statuto”, il prelievo avviene ogni anno senza previo consenso, perché si presume che il cittadino aderisca allo statuto della sua comunità religiosa e si dà per scontato che nello statuto sia presente una esplicita clausola che imponga ai fedeli di pagare tale tributo. «Mentre le altre comunità religiose riconosciute dal governo svedese utilizzano la prima modalità, cioè richiedono ogni anno il consenso scritto dei membri della comunità stessa, la Chiesa cattolica romana è l’unica invece ad utilizzare il sistema del “consenso per mezzo dello statuto”», denuncia Basile.

Canone 1263

E qui Basile ravvisa la grande incongruenza con lo “statuto” per eccellenza della Chiesa cattolica, che è il Codice di Diritto canonico (Cic), molto chiaro in merito alla tassazione delle comunità. Secondo il canone 1263, scrive, il vescovo può solo imporre un contributo “straordinario” in caso di gravi esigenze della diocesi, ma non può in alcun modo imporre un contributo “ordinario”. Stando al Cic, «il vescovo Anders Arborelius – rifiutandosi di applicare il canone – agisce contro il codice normativo della Chiesa cattolica (Cic 1263)». E, come se non bastasse, esclude dai sacramenti il fedele “inadempiente”.

C’è un altro problema, non irrilevante considerata la decisione del vescovo di procedere al prelievo in modo da considerare “scontata” l’adesione dei cattolici allo statuto e quindi la contribuzione finanziaria: al momento in cui il sito veniva compilato da Marco Basile, sul sito web della diocesi non era presente alcuno statuto. Come si può dare per scontata l’adesione dei cattolici ad uno statuto così difficilmente reperibile? Domande senza risposta: di fronte alle numerose lettere inviate in diocesi, Marco Basile rileva che «nessuno della diocesi di Stoccolma osa dare una spiegazione del perché il canone 1263 non possa essere applicato». E conclude: «Sino a quando la diocesi di Stoccolma non chiarirà perché il canone 1263 non è applicabile, si può essere portati a pensare che ciò che è scritto nello statuto della comunità religiosa “Chiesa Cattolica Romana” (punto 7 secondo paragrafo: “I membri sono obbligati a pagare una tassa ecclesiastica alla Chiesa Cattolica Romana”) è solo qualcosa che il vescovo Anders Arborelius ha, di sua iniziativa e contro il Codice canonico, inventato quando la comunità religiosa “Chiesa Cattolica Romana” è stata costituita, dimodoché si potesse evitare di richiedere il consenso scritto di ogni fedele».Oltre all’indagine, approfondita e ben curata nel sito, Marco Basile ha effettuato anche un ricorso formale al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e ora attende pazientemente un loro giudizio a riguardo (testo del ricorso sul sito www.biskopsskatt.se/Referenser.html). (giampaolo petrucci)

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