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AVVOCATA DEI POVERI, SORELLA DEGLI OPPRESSI. UN LIBRO FA MEMORIA DI MARIANELLA GARCÍA VILLAS

Tratto da: Adista Notizie n° 12 del 29/03/2014

37577. ROMA-ADISTA. Se la memoria dei martiri, come scrive Raniero La Valle, «non sta nelle lapidi e nei libri», ma «nella storia che è cambiata grazie alla loro testimonianza», il libro di Anselmo Palini Marianella García Villas. «Avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi» (Editrice Ave, 2014, pp. 265, 12 euro) ha comunque l’enorme merito di contribuire a sollevare il velo di silenzio che ha coperto la vicenda umana, politica e religiosa di Marianella, la cui figura, lamenta l’autore, «è oggi viva solamente presso alcune realtà che si interessano di diritti umani e di nonviolenza». Una vicenda, quella di Marianella, uccisa in El Salvador a 34 anni, che  se si confonde, come scrive ancora La Valle nella Prefazione, con quella delle tante donne e dei tanti uomini che in patria come altrove «erano passati attraverso le stesse prove», è allo stesso tempo unica, tanto da «assurgere a simbolo di un salto di civiltà», sotto il segno del primato del diritto sul potere.

Figlia della ricca borghesia, Marianella avrebbe potuto condurre una vita diversa, tranquilla e agiata. Sceglie, invece, di vivere l’inferno dei poveri, prodigandosi, come evidenzia l’autore citando Linda Bimbi, «per sollevare le pene del singolo», identificandosi al tempo stesso «con la sorte collettiva di tutto il suo popolo». Durante gli anni di università, dove, seguendo le orme del padre, abbraccia gli studi di legge e filosofia, entra a far parte dell’Azione cattolica universitaria, dedicandosi allo studio dei documenti del Concilio e di Medellín, alla lettura dei testi della Teologia della Liberazione, alle discussioni sui modi in cui applicare le nuove indicazioni della dottrina sociale della Chiesa alla realtà latinoamericana e salvadoregna. Si iscrive, nel 1970, alla Democrazia Cristiana (che lascerà nove anni più tardi, dopo la decisione del partito di collaborare con la giunta militare al potere), candidandosi con successo, quattro anni più tardi, al Parlamento. E se l’attività nell’aula parlamentare, con la minoranza ridotta a un ruolo decorativo, si rivela, come sottolinea Palini, «frustrante e improduttiva», molto più significativo appare il suo impegno nella commissione Bienestar publico, che le permette di toccare con mano la reale situazione del suo Paese. Da allora, non si ferma più, come rivela l’accurata ricostruzione dell’autore: insieme a Maria Paula Pérez, militante della Juventud agraria cristiana, fonda il Movimiento campesino de mujeres demócratas cristianas; riceve dalla Segreteria sociale interdiocesana l’incarico di costituire un piccolo ufficio di consulenza giuridica per sostenere i contadini di fronte ai soprusi dei latifondisti, percorrendo, lei, «ragazza di città e della nobiltà urbana», come scriveva La Valle nel suo libro Prima che l’amore finisca, «tutte le tappe della fatica e dell’immedesimazione» nel mondo contadino; viene nominata presidente della Commissione dei diritti umani, nata nel 1978 con l’obiettivo di difendere i prigionieri politici e di raccogliere prove e testimonianze sulle sempre più gravi violazioni dei diritti umani, e davanti alla cui porta, secondo le parole di Eduardo Galeano citate dall’autore, ogni mattina all’alba si mettevano in coda «parenti, amici o amori dei desaparecidos di El Salvador», cercando notizie o venendo a darle, perché «non avevano altro posto dove chiedere o testimoniare». Vengono anche i giornalisti per parlare con Marianella, la quale, secondo il resoconto di Maurizio Chierici ripreso da Palini, «raccontava storie tremende con una serenità che sembrava freddezza», perché, diceva, «Se noi di El Salvador potessimo emozionarci, dovremmo piangere ogni giorno per troppi anni».

Non piange, Marianella, neppure quando, il 13 maggio del 1978, va a riferire a mons. Oscar Romero – che, invece, «piange come un bambino» – di essere stata violentata, il giorno prima, alla centrale di polizia, e di volersi vendicare. Un colloquio terribile e struggente, quello con l’arcivescovo, dopo il quale, racconta Marianella anni più tardi, «ripresi il lavoro normalmente, tornai al partito, al tribunale, e anzi con maggiore convinzione». È con quella convinzione che, ad ogni segnalazione di violenza, Marianella e gli altri componenti della Commissione si precipitano nel luogo indicato per documentare quanto accaduto: «Devono arrivare prima della polizia – sottolinea Palini –, per scattare liberamente delle foto ai cadaveri ed evidenziare così le brutalità perpetrate, le torture». Immagini agghiaccianti di corpi spellati, bruciati, senza occhi, senza lingua, senza orecchie, con i genitali amputati, immagini come quella della testa di un uomo decapitato infilata dentro il ventre squarciato della sua compagna. Ma, oltre ad accorrere sui luoghi delle violenze, Marianella – che, come ha scritto Linda Bimbi, che l’ha conosciuta nel 1981, «non si concedeva più riposo, né distrazioni, né vacanze» – si reca spesso anche all’estero per illustrare la situazione del proprio Paese e chiedere sostegno per il proprio popolo. Viene anche in Italia, dove le sue parole, come documenta in maniera rigorosa Palini, vengono però ignorate dal governo, per il quale l’appoggio degli Stati Uniti alla Giunta salvadoregna e la presenza in essa della Democrazia Cristiana (il cui leader, Napoleon Duarte, diventa presidente nel 1984) bastano e avanzano a far cadere nel vuoto gli appelli dei difensori dei diritti umani.

Marianella sa ormai di essere condannata a morte: la sentenza l’aveva pronunciata, già nel febbraio del 1980, il maggiore Roberto D’Aubuisson, durante un programma televisivo, mostrando le foto e indicando i nomi di circa 200 persone considerate vicine alla guerriglia, tra cui, in cima alla lista, lei e mons. Romero. E nessun dubbio deve più restarle dopo l’assassinio dell’arcivescovo: «Se la violenza della repressione – commenta Palini – non si è fermata davanti a un arcivescovo molto noto anche all’estero, il suo stesso destino è segnato». Una bomba devasta gli uffici della Commissione dei diritti umani e un secondo attentato segue di lì a poco. Viene rapita e assassinata Maria Magdalena Enriquez, una dei componenti della Commissione, il cui corpo viene ritrovato con i segni delle stesse torture tante volte denunciate. E dopo di lei viene ucciso un altro impiegato, Ramón Valladares Pérez. Il cerchio si stringe attorno a Marianella, la quale lascia il Paese continuando ad operare da un ufficio di Città del Messico. Vi rientra tuttavia molte volte, per indagare sull’uso di armi chimiche contro le postazioni guerrigliere e contro la popolazione civile in Guazapa, una zona sotto il controllo militare del Fronte Farabundo Martí, dove – sono gli inizi di marzo del 1983 e mancano due settimane al suo assassinio – Marianella assiste con gioia alla nascita di «un nuovo El Salvador»: «È una società giusta ed egualitaria, una società in cui il potere è del popolo», dichiara alla giornalista svedese Monica Zak. È a poca distanza da lì, nella zona di La Bermuda, nei pressi di Suchitito, che il 13 marzo Marianella viene catturata dal battaglione Atlacatl mentre indagava sull’uso di fosforo bianco da parte dell’esercito: trasferita in elicottero a San Salvador, viene torturata a morte, «a tal punto – ricostruisce la Commissione dei diritti umani – che le fratturarono le gambe e le strapparono il braccio destro», e poi finita a colpi di arma da fuoco. Un assassinio, quello di Marianella, che, scrive Palini, provoca «una profonda impressione» anche nel nostro Paese, dove a piangerla sono in tanti, compreso il presidente Sandro Pertini. La ricorda anche il sindaco di Roma Ugo Vetere, in un incontro organizzato in Campidoglio poco più di un mese dopo la sua morte, citando una frase che – spiega – getta una luce significativa su di lei come su «tante altre vittime note e meno note. “Se è possibile – dice la frase – bisogna essere anzitutto felici; eroi, per carità, solo se è proprio necessario”. Per lei, purtroppo, è stato necessario» (il libro, che verrà presentato ufficialmente a Roma il 2 aprile, alle ore 17, alla Camera dei Deputati, nella sala Aldo Moro, è acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, inviando una mail ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito). (claudia fanti)

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