Nessun articolo nel carrello

CONTO ALLA ROVESCIA PER LE ELEZIONI BRASILIANE: SCARSO ENTUSIASMO, POCHE ASPETTATIVE

Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 20/09/2014

37784 BRASILIA-ADISTA. La candidatura di Marina Silva alla presidenza del Brasile in seguito all’incidente aereo in cui, il 13 agosto scorso, ha perso la vita il candidato del Psb (Partito Socialista Brasiliano) Eduardo Campos, ha provocato un terremoto nello scenario politico brasiliano in vista delle elezioni del 5 ottobre prossimo: se prima tutto indicava che l’attuale presidente Dilma Rousseff potesse placidamente procedere verso la riconferma, tutte le carte appaiono ora rimescolate. 

Stando ai sondaggi, le due candidate dovrebbero agevolmente superare il primo turno, lasciandosi alle spalle il socialdemocratico Aécio Neves, il candidato più chiaramente connotato a destra, per poi giocarsi il tutto per tutto al ballottaggio (al momento la favorita per la vittoria finale risulterebbe la sfidante, su cui confluirebbe un ampio arco di forze, dai neopentecostali agli ambientalisti, passando per alcuni settori dell’agribusiness e del mondo imprenditoriale e finanziario, fino a una fascia di giovani stanchi della politica tradizionale). 


Alla ricerca del “male minore”

L’attenzione di tutti si è così spostata sull’ex ministra dell’Ambiente di Lula, uscita allora dal governo in polemica con le sue politiche ambientali, candidatasi poi nel 2010 con il Partito Verde (arrivando terza con un inatteso 19% dei voti) e quindi confluita nel Psb come vicepresidente di Campos (non essendo riuscita a ottenere la registrazione del suo partito, Rete Sostenibilità). E, a sinistra, non si tratta fondamentalmente di un’attenzione benevola: molte le critiche rivolte a colei che è stata la più stretta collaboratrice di Chico Mendes, di cui ha raccolto l’eredità, e che oggi è una fervente evangelica (fino al punto, si dice, di consultare la Bibbia prima di assumere decisioni difficili). E ciò anche al di là dell’accusa, peraltro piuttosto ricorrente nei confronti di chi decide di abbandonare il Partito dei Lavoratori (Pt), di fare il gioco della destra: accusa lanciata nella convinzione che, se il Pt ha smesso da un pezzo di essere il partito dei sogni, trasformandosi piuttosto in «una (grottesca) caricatura di se stesso», secondo le parole di Bruno Lima Rocha (Adital, 28/8), una qualunque alternativa sarebbe di gran lunga peggiore. Perché, se è vero che il modello del “neodesenvolvimentismo” (neosviluppismo) seguito dai governi Lula e Dilma - orientato essenzialmente a elevare le condizioni di vita del popolo evitando qualsiasi conflitto con le oligarchie - ha evidenziato tutti i suoi limiti (rivelandosi, oltre che profondamente anti-ecologico e anti-indigeno, anche incapace di dare risposta ai problemi strutturali del Paese, dalla salute all’educazione, dalla concentrazione di terra alla mobilità urbana), è altrettanto chiaro, a sinistra, che una sconfitta dell’attuale presidente segnerebbe un sicuro arretramento rispetto alla promozione delle politiche sociali, a una politica estera nel segno della sovranità nazionale, al rilancio di un ruolo attivo dello Stato, aprendo, come sottolinea il giornale dei movimenti popolari Brasil de Fato (3/6), «la possibilità di un’alterazione nei rapporti di forze in America Latina e, conseguentemente, la restaurazione delle forze neoliberiste». A lanciare l’allarme è anche il sociologo Emir Sader (Carta Maior, 23/8), convinto sostenitore di Dilma, secondo il quale, dopo tre sconfitte di fila e sul punto di incassarne un’altra, la destra ha colto «la possibilità di uscire dal labirinto in cui era finita con una candidatura rischiosa ma con maggiori possibilità di vittoria», quella appunto di Marina Silva, la quale, continua, «presenta le migliori condizioni per la nascita di una nuova destra in Brasile». E conclude: «Nessuno che si senta minimamente progressista, di sinistra o semplicemente democratico può appoggiare la nuova alternativa della destra. Al contrario, deve denunciarla e mobilitarsi attivamente». 

Nulla di significativo si muove invece alla sinistra del Pt. Ancora una volta, ha dichiarato il sociologo del lavoro Ricardo Antunes (Correio da Cidadania, 2/9), si è persa «una strepitosa occasione» di dare espressione, a partire dalle grandi manifestazioni del giugno 2013, allo «scontento sociale latente» nei giovani, nella classe lavoratrice sindacalizzata o meno e nel nuovo proletariato legato ai servizi urbani, unendo tutte queste forze attorno a una candidatura unitaria, «popolare e socialista» e rafforzandone i vincoli con i movimenti sociali.  

Di sicuro, come ha evidenziato il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos (Uol, 5/9), si assiste (anche) in Brasile a una «patologia della rappresentatività»: non ci si sente rappresentati dai propri rappresentanti. Tanto più che nell’attuale sistema politico, dove le imprese coprono più del 90% delle spese delle campagne elettorali, gli eletti sono assai più facilmente controllati dagli interessi privati che da quelli dei cittadini che li hanno scelti (v. Adista Documenti n. 32/14 allegato a questo numero). Da qui, sottolinea il sociologo portoghese, la necessità di una riforma del sistema politico che porti a «una maggiore integrazione tra la democrazia rappresentativa e quella partecipativa». Che è poi proprio l’obiettivo del Plebiscito Popolare per il cambiamento del sistema politico attraverso una “Costituente esclusiva e sovrana” (cioè destinata a dar vita a una nuova Costituzione e poi a dissolversi), promosso, durante la “settimana della patria”, dal primo al 7 settembre (la giornata in cui si celebra l’indipendenza del Brasile e, in parallelo, il Grido degli Esclusi, quest’anno dedicato al tema “Occupare strade e piazze per libertà e diritti”), da più di 450 organizzazioni e 1.800 comitati popolari (con l’appoggio convinto della Conferenza dei vescovi brasiliani), come forma di pressione sul Congresso affinché convochi un plebiscito ufficiale con lo stesso contenuto (il risultato finale dell’iniziativa, con il conteggio dei voti dei 40mila seggi predisposti in circa 5mila municipi di tutto il Paese, sarà divulgato il prossimo 24 settembre).


Tutti i limiti di Marina Silva

Quanto a Marina Silva, non le ha di certo giovato, a sinistra, la sua poco onorevole retromarcia in materia di riconoscimento delle unioni gay e di criminalizzazione dell’omofobia: temi, questi, prima introdotti nel programma e poi, di fronte alle obiezioni del pastore evangelico Silas Malafaia, leader dell’Assemblea di Dio a cui appartiene la candidata, frettolosamente ritirati. Malafaia, ha commentato il teologo Leonardo Boff, è il suo papa e, se il papa parla, lei obbedisce, e non per opportunismo politico, ma «perché vede in questo la volontà di Dio», dimenticando così che «un presidente deve obbedienza alla Costituzione e al popolo che lo ha eletto, non ad un’autorità esterna alla società» (Viomundo, 3/9). È proprio Boff, del resto, uno dei più duri nei confronti della candidata evangelica, che pure egli aveva sostenuto nel 2010, sognando di vedere alla presidenza del Brasile «una rappresentante dei popoli della foresta», degli indigeni, degli «invisibili», e che ora su di lei si sofferma in un articolo significativamente intitolato “Marina Silva, colei che ha cambiato fronte”. Una bocciatura senza sconti nei riguardi della sua presunta “terza via”: il programma di Marina Silva, afferma Boff, non va oltre «un progetto vecchio e conservatore che beneficia i già beneficiati». Una sua eventuale vittoria, perciò, rappresenterebbe un passo indietro rispetto a quanto conquistato negli ultimi 12 anni, restituendo centralità ai dettami neoliberisti, a cominciare da quello relativo all’autonomia della Banca Centrale. E poi l’affondo finale: prima, quando era nel Pt, Marina «costruiva nel cantiere degli sfruttati e dei senza giustizia. Ora in quello degli oppressori: i ricchi, le banche, il capitale finanziario e  speculativo (…). Il mio sospetto è che Marina persegua il potere e punti a conquistare la presidenza per un progetto personale, costi quel che costi». 

E, se dal punto di vista ambientale, il giudizio sul governo Dilma, con la sua decisa opzione per l’agribusiness, non può che risultare estremamente negativo, la leader ecologista, che in linea teorica dovrebbe rappresentare una svolta radicale su questo terreno, offre in realtà molte meno garanzie di quanto ci sarebbe da attendersi: come è possibile, infatti, si chiedono in molti, assicurare la tanto invocata sostenibilità seguendo al tempo stesso le ricette neoliberiste? Come ha sottolineato Dercy Cunha, vicepresidente del Sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici rurali di Xapuri, le alleanze che ha stretto Marina Silva e i suoi vincoli con il mondo imprenditoriale e con settori dell’agribusiness «mostrano che non sarebbe mai nelle condizioni di poter applicare un progetto di sostentabilità. La vera sostenibilità offende gli interessi del grande capitale».

Una cosa, dunque, appare certa: chiunque vincerà le elezioni, la devastazione degli ecosistemi brasiliani non si fermerà. (claudia fanti)

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.