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Si ascolti il grido degli innocenti

Tratto da: Adista Documenti n° 32 del 20/09/2014

Cari, continuiamo a condividere con voi la nostra lotta quotidiana, nella speranza che il nostro grido raggiunga il mondo. Siamo come il cieco di Gerico (Mc 10,46-52), che non aveva altro modo di esprimersi che gridare a Gesù di avere pietà di lui. Per quanto alcuni non badassero alla sua voce, altri prestarono ascolto e lo aiutarono. Contiamo sulle persone che ascolteranno!

Le cose procedono lentamente in termini di risposta alle necessità del popolo, al bisogno di un riparo e di cibo. Vi sono ancora persone che vivono in strada. E ancora non esistono accampamenti organizzati intorno alle scuole che vengono usate come centri per i rifugiati. Un edificio incompiuto di tre piani è stato usato per ospitarli. In edifici del genere, le famiglie, per difendere la propria intimità, creano delle stanze utilizzando i teli di plastica forniti dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Questi edifici sembrano stalle.

Tutti ci domandiamo: ci sarà una fine? Siamo grati a tutti per gli sforzi compiuti per mandare aiuti alle persone sgomberate. Tuttavia, l’alimentazione e un ricovero non sono le uniche cose essenziali di cui abbiamo bisogno. Il nostro problema è molto più grande. Stiamo parlando di due minoranze (cristiani e yazidi) che hanno perso terre, case, beni, lavoro, denaro. Alcuni sono stati separati dalle loro famiglie e dai loro cari e tutti sono perseguitati a causa della loro religione.

I nostri leader religiosi stanno facendo il massimo per risolvere il problema: si sono anche riuniti con le autorità politiche, ma le iniziative e le azioni di queste ultime sono lente e modeste. In verità, tutte le riunioni politiche si sono concluse con un nulla di fatto. Fino ad ora nessuna decisione è stata assunta rispetto all’attuale situazione dei rifugiati. Per questa ragione, la fiducia nei leader politici è calata, sempre che ancora esista. Le persone non riescono più a sopportare. Il loro è un fardello molto pesante. Ieri un giovane ha detto che preferirebbe morire piuttosto che vivere senza dignità. Le persone sentono che la dignità è stata loro sottratta. Siamo perseguitati a causa della nostra religione. Nessuno di noi ha mai pensato che sarebbe finito in un campo profughi per questo. 

È difficile credere che stia succedendo nel XXI secolo. Ci piacerebbe sapere cosa sta avvenendo esattamente. Si tratta di un altro piano per dividere l’Iraq? Se è così, ad opera di chi e perché? Per quale motivo i fatti che portarono alla divisione del Medio Oriente nel 1916 si stanno ripetendo ora? All’epoca si trattava di una questione politica e vite innocenti pagarono per questo. È evidente che vi sono persone malvagie e astute interessate a dividere ora l’Iraq. Nel 1916 perdemmo sette delle nostre sorelle, molti cristiani morirono e molti altri si dispersero. È solo un caso che ci troviamo ad affrontare nuovamente questa divisione o è qualcosa di deliberato?

Nondimeno, la lotta non è solo nei campi profughi. Quanto è avvenuto nelle nostre città cristiane, che sono state evacuate, è ancora peggio. Lo Stato Islamico (IS) ha cacciato dalle loro case tutti coloro che non avevano lasciato la loro città entro il 6 agosto. Ieri, 72 persone sono state espulse da Karakosh. Tuttavia, non tutte sono arrivate: quelle giunte ieri notte erano in condizioni miserabili. Hanno dovuto attraversare il fiume Al-Khazi (un affluente del Grande Zab) a piedi, perché il ponte era stato distrutto. Un buon numero di persone si trova ancora sull’altra sponda. Non sappiamo quando riusciranno ad arrivare a Erbil. Dipende dalla situazione e dai negoziati tra i curdi e lo Stato Islamico. Alcune persone sono andate in cerca degli anziani e dei disabili. Una delle nostre sorelle è andata a cercare i genitori, un’altra donna è stata separata dal marito e dai figli e non ha più loro notizie: sono, probabilmente, tra quanti si trovano sull’altra sponda del fiume oppure sono stati presi in ostaggio dallo Stato Islamico. Una bambina di tre anni è stata strappata dalle braccia di sua madre e non se ne ha più notizia. Non sappiamo perché l’IS stia cacciando le persone da Karakosh, ma abbiamo sentito da chi è appena arrivato che i militanti dell’IS stanno portando barili a Karakosh e che non se ne conosce il contenuto.

Sappiamo di quattro famiglie cristiane catturate a Sinjar: saranno probabilmente rimaste senza cibo e acqua. Se non ricevono aiuti, moriranno lì. Al momento, non esiste alcun contatto con loro e non c’è alcun modo di negoziare con l’IS.

Quanto alla nostra comunità, sappiamo che il nostro convento a Tel Kaif viene usato come una sede dello Stato Islamico. E che sono entrati nel nostro convento di Karakosh. Quelli che sono arrivati di recente hanno detto che tutte le immagini, le icone e le statue sono state distrutte. Che le croci sono state tolte e sostituite dalle bandiere dell’IS. E questo non avviene solo a Karakosh e a Tel Kaif. A Baqofa, una delle nostre sorelle aveva saputo che la situazione era tranquilla ed era tornata allora insieme ad alcune persone a cercare medicine: ha trovato il convento tutto sottosopra e tutte le cose fatte a pezzi. Al momento di entrare nel convento, tre bombe hanno colpito la città. Sono uscite immediatamente.

Oltre a ciò che sta accadendo ai cristiani, il 22 agosto un kamikaze sciita e altri uomini armati hanno attaccato la moschea sunnita di Abou Mussab in una città sotto il controllo del governo iracheno nella provincia di Diyala, lasciando 68 morti. Spezza il cuore sapere che le persone sono state uccise mentre pregavano. A livello informativo questo massacro ha offuscato quello che sta succedendo ai cristiani nella pianura di Ninive. Abbiamo paura che la nostra lotta resti appena un problema nostro e non riceva più attenzione dal mondo.

Le persone stanno perdendo la pazienza. Sentono la mancanza di tutto quello che c’era nelle città di origine: le chiese, le campane delle chiese, le strade, i quartieri. È penoso per loro sentire che le loro case sono state saccheggiate. Malgrado l’amore per le proprie città, la maggior parte delle persone sta pensando di lasciare il Paese per poter vivere con dignità e dare un futuro ai figli. È difficile avere speranza nell’Iraq e confidare nelle autorità del Paese. Ricordatevi di noi nelle nostre preghiere.

P. S. Per favore, condividete la lettera con altre persone. Fate che il mondo ascolti il grido dei poveri e degli innocenti.

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